Le voci del bosco
- Autore: Mauro Corona
- Casa editrice: Mondadori
Mauro Corona, scrittore e scultore, è un artista insolito: nato e vissuto fra le montagne, si è dedicato per molti anni all’alpinismo e, tuttora, porta dentro di sé quel rapporto con la natura che già il nonno gli aveva comunicato.
“Le voci del bosco”, breve romanzo che risale al 1998 e che ha avuto numerose ristampe, si caratterizza per la personificazione degli alberi, fatta da parte dell’autore. Corona stesso ci presenta il libro così:
“Le pagine che seguono non contengono un trattato di botanica … Ciò che in esse si potrà leggere sono verità personali, suscitate da riflessioni indotte da oltre cinquant’anni di vita nei boschi e dialoghi con le piante".
Da qui scaturisce un’insolita presentazione degli alberi da parte dello scrittore.
“Ho capito che tutto, in natura, ha un proprio carattere, una personalità, un linguaggio, un destino”.
Nel libro impareremo che, come ogni persona, ogni pianta ha il suo modo di essere e anche il suo scopo. Tra i tanti alberi l’autore ci fa conoscere il maggiociondolo che sembra forte e sicuro di sé, invece è fragile.
“E’ un tipo che ha bisogno di luce . Il tormento, il buio, una malattia anche lieve possono annientarlo”.
Poi Corona si fa tenero quando racconta dell’innamoramento tra quest’albero e una betulla, purtroppo lontani, riuniti soltanto dalla tragedia del Vajont che molte volte egli nomina perché ha cambiato il destino della sua terra. Quindi passa al faggio, lavoratore alacre, paragonato ad un manovale sempre all’opera, al tasso, prezioso, duro come il vetro ma non resistente e al carpino, il più testardo, il più cocciuto. Ad essi fanno seguito tante altre piante, cui si mescolano frammenti di vita.
“Ricordo con nostalgia il pero e il melo, nel cortile della mia casa a Erto Vecchio. Su quegli alberi ero cresciuto e avevo trascorso la mia infanzia. Li avevo amati e rispettati come fossero stati i miei fratelli”.
Seguono il cirmolo, il viburno, la betulla, l’abete bianco e altri ancora. Il libro chiude con l’ulivo, che egli descrive anche se non tipico delle sue terre. E’ quasi deforme perché pare piegato dai dispiaceri della vita e porta in sé i dolori di tutti, compresi quelli di Colui che si è fatto uomo fra gli uomini.
“L’ulivo è un albero universale che rispecchia la vita di ogni uomo vivente. Nessuno infatti, sulla terra, dallo spazzino al re è immune dal dolore che piega l’animo e contorce i giorni fino al limite estremo".
Leggere questo libro è come ascoltare storie di tempi e luoghi per noi ormai lontani ma belli, puliti così come lo era l’animo della gente di quei monti e come lo è il linguaggio usato dall’autore.
Le voci del bosco
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