Molto spesso si dice che la lettura sia lo "lo sport della mente". Questa frase, sebbene contenga degli spunti di realtà, è solo parzialmente esatta.
Infatti, la lettura non stimola solo l’intelligenza, ma fa molto di più.
Il mio proposito è quello di illustrare quella che, per me, è la connessione fra la conoscenza delle parole e lo sviluppo dell’emotività.
La vasta conoscenza delle parole non serve solo a fini retorici, ovvero per far bella figura durante un discorso. Essa ha anche la funzione di contribuire, unitamente ad altri elementi, allo sviluppo e alla formazione dell’emotività di un bambino e alla stabilizzazione di quella dell’adulto.
Per esporre questo concetto utilizzerò un’immagine simbolica. Tentiamo di visualizzare una tavola del rosso, che contenga diverse sfumature del colore.
Abbiniamo a ciascuna sfumatura la gradazione di un sentimento, per esempio l’amore. Il colore più tenue corrisponderà all’affetto, un sentimento lieve.
La gradazione più scura sarà abbinata all’amore. E in mezzo? Quante sono le gradazioni dei sentimenti? Sono tante e vengono rappresentate da diverse parole. Nell’esempio indicato: affetto, attaccamento, amorevolezza, passione.
Lo stesso può dirsi per il sentimento negativo. Il grado più basso è la freddezza, seguita dall’antipatia, dall’animosità, dall’avversione, dall’astio, e infine dall’odio.
A ciascuna di queste parole corrisponde un dato sentimento dell’anima umana. Ma, qui sta il punto, è possibile che il bambino si formi un’emotività complessa, che contenga la possibilità di provare tutta questa ricchezza di sentimenti, senza conoscere le parole corrispondenti?
La mia risposta è no, ma in questo senso. Le parole sono un veicolo per elaborare un concetto. Quando il concetto è elaborato, ovvero conosciuto, viene anche interiorizzato. Ma senza il viatico delle parole, questo non può succedere.
Ecco perché è fondamentale leggere le fiabe ai bambini. Perché, in tal modo, possono venire a conoscenza di più parole e costruirsi, progressivamente, un’emotività più complessa.
Ma che cosa succede ad un individuo con un’emotività semplificata? Succede che possa avere solo idee altrettanto semplificate, perché le nostre idee, politiche, sociali, economiche, filosofiche etc sono anche frutto della nostra emotività.
E se una persona ha idee semplificate, non è capace di elaborare pensieri complessi, quindi non sceglie la sua vita, ma diventa un burattino nelle mani degli altri. Proprio come quel criminale nazista Eichmann, la cui banalità di pensiero è stata così efficacemente descritta dalla filosofa Hannah Arendt, nel saggio "La banalità del male".
Certo è che l’emotività complessa mette le persone a dura prova, perché spesso i sentimenti, per definizione non lineari, si mescolano, si confondono, si alternano in breve tempo, portando ad inevitabili e talvolta sorprendenti e buffe, contraddizioni.
Tuttavia, io penso, da cittadina comune e non da psicologa esperta in materia, che sia meglio essere contraddittori che vuoti.
Ecco anche perché sarebbe meglio recuperare i dialetti, ricchi di parole e di riferimenti culturali particolari e diffondere le opere teatrali.
Perché la cultura si può trasmettere in mille modi, con i libri, ma non solo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Lettura, parole ed emotività: una connessione importante
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