Limonov
- Autore: Emmanuel Carrère
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2012
Emmanuel Carrère è figlio di una storica della Russia sovietica: conosce il russo e ha conosciuto personalmente il personaggio protagonista di questa storia vera, la biografia di Eduard Limonov, un uomo del nostro tempo, nato nel 1942 in uno sperduto paese dell’Ucraina, coinvolto in avventure al limite della credibilità, in giro per il mondo, dalla Russia sovietica, a New York, poi a Parigi, poi nei Balcani, e infine di ritorno in patria divenuta, dopo la fine del comunismo, un luogo inospitale che lo processa e lo incarcera... Eduard Limonov diventa, nelle pagine del libro di Carrère, una sorta di eroe maledetto, uno scrittore di talento, ma anche un personaggio insopportabile, profittatore, opportunista, falso, ma anche generoso, entusiasta, in fondo, se si può dire, a suo modo geniale.
Confesso che mentre il libro insegna tantissimo sull’Unione Sovietica, sulla crisi che la porterà a Gorbačëv e poi a El’cin, sul crollo dell’impero, sull’avvento quasi casuale del mediocre e sconosciuto Vladimir Putin, sulle ragioni della vera rivoluzione del mondo slavo con la caduta del Muro di Berlino, non sono riuscita a farmi piacere il protagonista del romanzo-verità: Eduard Limonov è francamente un uomo troppo difficile e contraddittorio, troppo concentrato sulla sua estrema volontà di trasgressione e di voglia di primeggiare, per poter essere assunto a una forma qualsivoglia di modello, come l’autore sembra a volte suggerire. Il suo rapporto con le donne, ad esempio, sin dalla prima giovinezza, e poi via via in America, a Parigi, di nuovo in Russia, è la storia di un immaturo che cerca nel sesso e nell’incontro con l’altra un riscatto ad una solitudine interiore mai vinta. Le varie Anna, Tanja, Natasa, Nastja sono prese, amate, disprezzate, abbandonate nel caleidoscopio di esperienze contraddittorie alle quali Limonov affida la sua vita spericolata e pericolosa.
Nel libro compaiono molti dei personaggi che hanno fatto la seconda metà del ’900: da Gorbačëv a Sacharov, da Brežnev a Brodskij, da Sinjavskij a Chruščёv e a Solženicyn. E naturalmente si rimpiange Anna Politkovskaja, uccisa nel 2006.
“E’ un individuo magnifico, capace di atti mostruosi”
lo definisce Zachar Prilepin, che insieme a Limonov ha animato il movimento dei Nazbol, un gruppo di giovani contestatori, artisti provinciali e spiantati, che sotto la guida morale del grande e “maudit” Eduard hanno rappresentato in Russia la controcultura negli ultimi anni dello scorso millennio.
Il libro di Carrère, definito dai critici dei principali quotidiani nazionali “Il libro dell’anno”, è lungo, documentatissimo, insolito, vario, pieno di scoperte interessanti. La cultura occidentale dell’autore si mescola sapientemente con quella del suo personaggio, tanto che le letture giovanili di Limonov, Il Conte di Montecristo e I Tre moschettieri di Dumas sono le stesse del suo biografo, come pure tutta la letteratura russa si mescola a quella occidentale: gli eroi dei nazbol sono Jim Morrison, Lenin, Mishima, Che Guevara... ma a Parigi Limonov aveva visto Alain Robbe Grillet e a New York i Liberman, sognando di diventare un Henry Miller o un Hemingway e diventando un romanziere scandaloso e provocatorio.
Libro importante, difficile, a tratti noioso, questo originale rèportage/saggio/trattato/romanzo che Carrère ha saputo comporre: ora Limonov ultrasessantenne, con una giovane moglie e un figlio piccolo sta in una grande dacia in campagna, finalmente libero dal penitenziario a cui era stato condannato per sovversione, ma sogna l’Asia centrale, dove vivono in città polverose come Samarcanda, mendicanti senza età e senza beni... destinati ad un fossa comune:
“Quello sì che gli piace”.
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