Lonesome Dove
- Autore: Larry McMurtry
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2019
La magia e il fascino di un’epoca hanno abbandonato il Texas. L’antico mondo popolato di tribù indiane, di mandrie di bisonti che si estendevano a perdita d’occhio lungo le sconfinate praterie del West, celebrato per gli scontri all’ultimo sangue tra banditi e ranger, non esiste più. Solo un debole ricordo in attesa che il mondo dei bianchi si decida ad avanzare.
Con LonesomeDove appena ripubblicato da Einaudi (traduzione di Margherita Emo), Larry McMurtry produce un grande affresco, a tratti monumentale, di un passaggio d’epoca, ambientando le vicende in un «momento di vuoto» – come lo definisce l’autore – tra il mondo selvaggio e il mondo civilizzato.
I capitani dei Ranger, Augustus McCrae e Woodraw Call, due vecchie leggende del West, da anni hanno intrapreso una vita tranquilla come semplici mandriani a Lonesome Dove – una piccola cittadina sul Rio Grande – circondati da strampalati, ma affidabili compagni. Il giovane Newt fa parte del gruppo e brama di poter diventare un giorno un abile cowboy mentre Lorena, la più affascinante prostituta del Texas, si è stancata del deserto, delle continue proposte di matrimonio e sogna di raggiungere San Francisco. La soffocante routine della cittadina è destinata però ad essere sconvolta quando i quattro protagonisti vengono colti dall’inaspettato arrivo di un’altra leggenda del West e dalla sua entusiasmante proposta di un lungo viaggio verso i verdi, rigogliosi e inesplorati territori del Montana, abitati ancora dagli indiani.
La travagliata decisione di partire, l’avventata preparazione, le peripezie del viaggio e il violento scontro con le forze della natura, fino alle conseguenze dell’arrivo a destinazione, sono temi tipici della grande letteratura di tutti i tempi che ricordano in particolare Furore di John Steinbeck. Tale linea di continuità si trova anche nella caratterizzazione dei personaggi, tipica del realismo americano novecentesco, a cui McMurtry aggiunge con abile maestria pennellate di irresistibile ironia e leggerezza: la saggezza, lo sguardo lucido sul mondo e privo di ipocrisie dei più anziani; la semplicità di molti combinata con una profonda abilità pratica; l’ingenuità e l’entusiasmo dei più giovani mista ad un sentimento tormentato per i piaceri terreni.
Epico. Sorprendente. Leggere Lonesome Dove dà l’impressione, da subito, di trovarsi di fronte ad un grande classico della letteratura americana moderna. Lo spessore, la valenza storica, la molteplicità prospettica, la caratterizzazione sociale, tutte proprietà che rafforzano l’idea di un’opera da considerare ormai come un “giovane-classico”, essendo solo del 1985, furono confermate dall’opinione della critica che conferì a McMurtry il premio Pulitzer per la letteratura, appunto per Lonesome Dove, l’anno immediatamente successivo alla sua pubblicazione. Il successo editoriale si spostò anche sul grande schermo con la miniserie TV che coinvolse attori del calibro di Tommy Lee Jones, Robert Duvall e Danny Glover. Tale successo fu dovuto all’abilità di McMurtry di costruire una grande avventura che tenesse incollato il lettore nel lungo viaggio dal Messico sino al confine con il Canada, un’abilità che si è saldata con la capacità di esplorare non tanto le motivazioni dei protagonisti – spesso banali e legate ai piaceri della quotidianità e per questo presentate in modo volutamente ironico – quanto la dimensione di senso alla base del loro agire, distinguendo tra queste due dimensioni dell’esistenza.
A tal proposito è folgorante l’episodio che coinvolge l’Alamo di San Antonio – luogo di uno dei conflitti militari più famosi della storia americana, la battaglia di Alamo (1836). Presentato come un edificio abbandonato e dimenticato in una città in piena trasformazione – dove, con toni quasi allegorici, un paio di capre sfregavano il muso contro le mura in cerca di un ciuffo d’erba alla luce del chiaro di luna –, diventa il simbolo della decadenza derivante dalla perdita della memoria storica di un popolo.
– Call, si sono dimenticati di noi, come dell’Alamo, – disse Augustus.
– Perché non dovrebbero? Non siamo rimasti qui.
– Non è per quello, è perché non siamo morti. Travis ha perso la battaglia e finirà nei libri di storia, quando qualcuno scriverà di questo posto. Se un migliaio di Comanche ci avesse intrappolato in una valle e sterminato tutti, come hanno appena fatto i Sioux con Custer, avrebbero composto canzoni su di noi per cent’anni.
[…]
– Se viviamo altri vent’anni, saremo noi gli indiani. A giudicare da come si sta popolando questo posto, tra poco ci saranno solo chiese e mercerie. E prima che ce ne rendiamo conto, raduneranno noi vecchi turbolenti e ci rinchiuderanno in una riserva perché le signore non si spaventino.
L’episodio dell’Alamo, come molti altri, mostra l’attenzione dell’autore anche ad un altro vecchio e classico, problema, quello della trasformazione del mondo sociale, del mutamento dei suoi significati e dei problemi che ne derivano per il sistema di disposizioni. Un tema tipico che ricorda, ovviamente, il Don Chisciotte, altro testo su cui – anche per esplicita ammissione dell’autore – è possibile individuare alcuni elementi di continuità: l’eccentricità dei due personaggi principali e, soprattutto, la volontà di far affrontare loro argomenti di grande complessità seppur in modo stravagante con uno stile che ricorda quello picaresco.
– Non pensi mai che tutto quello che abbiamo fatto è stato un errore? Guardala dal punto di vista della natura. Se ci sono abbastanza serpenti, un posto non viene invaso dai ratti e da altre bestiacce. Secondo me, indiani e banditi hanno la stessa funzione. Se li lasci stare, non sarai costretto ad attraversare questi maledetti insediamenti.
– Non sei costretto ad attraversarli. Che male ti fanno?
– Se era la civiltà che cercavo, restavo nel Tennessee a guadagnarmi da vivere scrivendo poesie. Io e te abbiamo lavorato troppo bene. Abbiamo fatto fuori tutti quelli che rendevano interessante questo paese.
Infine, l’ambientazione sembra incidere addirittura nella caratterizzazione del romanzo. Mentre nelle cittadine o nei luoghi minimamente civilizzati, la leggerezza e l’ironia dell’autore prende il sopravvento; al di fuori di essi il romanzo diventa cruento. I maestosi paesaggi, descritti con ammirazione e venerazione, divengono allo stesso tempo luoghi di contemplazione e di scontro. In questi mondi selvaggi le battaglie contro le forze della natura e contro gli uomini più spietati sono descritti senza limiti, nella loro più naturale crudezza con un cambio di tonalità sorprendente.
Il tutto intervallato da situazioni di estrema dolcezza o di singolare comicità, nelle quali emerge la grande delicatezza con cui l’autore descrive i suoi personaggi nelle loro più singolari condotte e nelle situazioni più intime.
In conclusione, l’opera di McMurtry trasporta piacevolmente il lettore attraverso i territori inesplorati di un’America che sta ancora sorgendo e, allo stesso tempo, lo conduce al crepuscolo di un mondo e di un modo di fare e di essere antico nel suo essere selvaggio, divenuto leggenda.
“Tutta l’America si trova in fondo a una strada selvaggia, e il nostro passato non è morto ma vive ancora in noi. I nostri avi avevano la civiltà dentro; fuori, la natura selvaggia. Noi viviamo nella civiltà che loro hanno creato, ma in cuor nostro quel mondo selvaggio perdura. Viviamo ciò che sognarono e ciò che loro vissero, noi lo sogniamo”. T. K. Whipple, Study Out the Land, dall’epigrafe di Lonesome Dove
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Bellissima recensione, grazie