Lupi Grigi nel Mediterraneo. Le imprese dei sommergibili tedeschi nella prima guerra mondiale
- Autore: Enrico Cernigoi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Anno di pubblicazione: 2006
Una pagina dimenticata della Grande Guerra si legge sulla fascetta applicata dalla casa editrice bassanese Itinera Progetti alla copertina del bel volume di Paolo Pozzato ed Enrico Cernigoi dal titolo “Lupi Grigi nel Mediterraneo. Le imprese dei sommergibili tedeschi nella prima guerra mondiale” (novembre 2006, 237 pagine 21 euro). Più che altro, una pagina ignorata, soprattutto per la rarefazione di testi e ricerche dei protagonisti germanici, usciti battuti dal conflitto.
Un lavoro utile, quindi, realizzato da una coppia di validi ricercatori – Pozzato è esperto in storia del 15-18, Cernigoi in storia navale - che offrono testimonianze dirette e testi dei giovani comandanti degli Unterseeboot (U-boot), Valentiner U38, Fostmann U39, Ritter UB43-UB49 e il futuro capo della flotta sottomarina del Reich, Karl Donitz. Ampi resoconti diretti, molto asciutti, somigliano a un giornale di bordo, molto più ricco e ampio, però, rispetto alle scarne note siglate dagli ufficiali di guardia. Ci sono anche cinque cartine e un’ottantina di ottime foto, quattro a colori.
Relativamente alle insidie sottomarine portate nel Mediterraneo dalla Marina del Kaiser, sono state a lungo sottovalutate le imprese di unità ed equipaggi che fecero segnare numeri di rilievo per tonnellaggio affondato, operando in spazi angusti e condizioni avverse, davanti alle coste italiane.
L’arma subacquea era del tutto nuova, ma soprattutto i tedeschi avevano fatto passi da gigante in pochi anni, per tecnologia e concezione d’impiego. Il primo U-Boot era stato consegnato alla Marina imperiale solo a dicembre del 1906, ma negli ultimi anni di guerra l’aggressione estesa al commercio marittimo mise a mal partito gli avversari. Non sembri azzardato sostenere che nell’economia generale della Grande Guerra un nuovo sviluppo tecnico e quantitativo dei sommergibili germanici avrebbe inciso sui rifornimenti dei Paesi dell’Intesa, tanto da prolungare la guerra di un altro anno, con ricadute pesanti sul morale delle popolazioni.
L’obiettivo di Pozzato e Cernigoi è mettere in luce l’azione di quegli uomini, ma sottolineare anche l’evoluzione di un’arma insidiosa, moderna, che in meno di un decennio era passata dall’era pionieristica alla capacità di incidere sulle sorti del conflitto.
Alcuni fattori favorivano l’efficacia del siluramento a pelo d’acqua. La corsa alle grandi corazzate per il dominio dei mari, aveva portato a blindare la parte emersa delle navi, alleggerendo l’opera viva sotto la linea di galleggiamento. Era quello che avevano fatto tutti, tranne i tedeschi. Infatti, le carene delle loro unità sopportavano lo scoppio di mine e l’impatto di siluri, che invece infliggevano perdite a tutte le altre flotte.
E dire che ancora nei primi del ’900 il sommergibile era considerato un’arma insicura, non suscettibile di sviluppi in tempi brevi: pregiudizi scardinati dall’adozione di acciai speciali che irrobustivano gli scafi senza appesantirli. Si costruirono così unità sottomarine più grandi, capaci di tenere meglio il mare, rendendo meno disagevole la vita all’interno. Si poterono dotare di armamenti più pesanti e serbatoi più capienti, che garantivano maggiore autonomia.
Una curiosità: prima della guerra, le flotte subacquee affidavano qualche commessa a cantieri navali esteri, per verificare il livello tecnico raggiunto negli altri Paesi. Nel 1911, la Regia Marina ordinò ai Krupp il sommergibile Atropo (in guerra si comportò benissimo) e a La Spezia era in costruzione un 800 tonnellate per conto dalla Marina germanica. Venne requisito e battezzato Balilla.
Quanto alla forza sottomarina austroungarica, nei primi giorni delle ostilità presentava solo sei, inadatte unità sperimentali. Il trasferimento dei cantieri navali a Budapest consentì la produzione di buoni battelli, inviati a Pola per l’assemblaggio. Cinque vennero venduti ai tedeschi. A Vienna non pensavano che si potesse arrivare via mare dalla Germania alla Dalmazia, ma i dubbi caddero quando l’U21 arrivò a Cattaro direttamente da Wilhelmshaven, il 13 maggio 1915 (l’Italia era ancora neutrale), dimostrando che i grandi sommergibili potevano transitare nel Mediterraneo.
In tutto il conflitto, le flotte subacquee alleate lamentarono in Adriatico la perdita di 8 sommergibili italiani, 5 francesi ed uno inglese. L’Austria perse 8 dei suoi 27 sommergibili, un terzo dell’intera forza sottomarina. Nella prima guerra mondiale, si deve concludere – d’accordo con gli autori - fare il sommergibilista non era esattamente un videogioco.
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