Ma chi me lo fa fare? Come il lavoro ci ha illuso: la fine dell’incantesimo
- Autore: Maura Gancitano Andrea Colamedici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: HarperCollins
- Anno di pubblicazione: 2023
Andrea Colamedici e Maura Gancitano, fondatori della casa editrice Tlon, la quale prende il nome da un noto racconto di Jorge Luis Borges, in Ma chi me lo fa fare? Come il lavoro ci ha illuso: la fine dell’incantesimo (HarperCollins Italia, 2023) descrivono un punto di vista molto interessante sul mondo del lavoro, che, inevitabilmente, porta alla mente del lettore dubbi e domande che difficilmente si sarebbe posto:
“La stragrande maggioranza dei lavori non garantisce la realizzazione personale, e la narrazione tossica diffusa per la quale sia il lavoro in sé a nobilitare l’umano non fa che produrre ansia e depressione in chi si colpevolizza per non riuscire a santificare la propria opera lavorativa.”
Nel corso dei dieci capitoli, i due autori cercano di sviscerare più temi possibili che riguardano i mestieri in epoca contemporanea e, soprattutto, quali sono stati i cambiamenti storici che ci hanno spinto ad avere un rapporto così intenso con una parte della vita che, in un modo o in un altro, ci costringe a delle scelte che determinano le nostre giornate.
Il libro si apre con una lunga disamina sull’idea di lavoro come mezzo di nobilitazione, come mezzo che permette al singolo di diventare più libero. I due autori si prodigano nella descrizione di una lunga tesi che costringe il lettore a riflettere sul malsano rapporto che abbiamo con i nostri impieghi, i quali, molto spesso, non ci portano a essere autonomi, ma a renderci schiavi di un’ideologia che, con la perdita delle fede, è stata sostituita dal workism, cioè una sorta di religione che vede la produzione e la fatica messa al di sopra di tutti i valori.
Lo sforzo sostituisce l’identità e diventa lo scopo di vita del singolo. L’impiego si trasforma in qualcosa che permette la realizzazione personale e nient’altro, un semplice mezzo che serve per differenziare chi ce la fa da chi, per sfortune o per mancanza di competenze, non ci riesce.
Gli autori scrivono:
“Il workism, il lavorismo di cui sopra, è quello strano spettacolo in cui assistiamo a persone apparentemente felici che dedicano molte più ore al lavoro rispetto a quelle per le quali erano state assunte. Il lavoro si trasforma, in questi casi sempre più diffusi, in una fede religiosa, perché promette identità, trascendenza e comunità.”
Ma chi me lo fa fare? decide di indagare anche sui luoghi di lavoro e in che modo essi influenzano le persone e le loro azioni.
Andrea Colamedici e Maura Gancitano paragonano idee come l’open space a un Panopticon 2.0, cioè quello strumento di controllo ideato da Jeremy Bentham, il quale propose di inserire al centro di una prigione una torre che permettesse di sorvegliare tutti i carcerati, così, anche se non ci fosse stato un custode nel panopticon, i detenuti si sarebbero limitati con la paura di essere puniti.
Nel caso dell’open space, la possibilità che ci possa essere il capo che circoli nelle stanze, o di un collega che possa controllare il corretto comportamento nelle ore d’impiego, porta l’individuo a vivere con malessere e stress le ore di fatica, in quanto costantemente controllato.
I due autori cercano di evidenziare al lettore tutte le illusioni che fanno parte del nostro rapporto con il lavoro, mostrando come è diventato un fattore totalizzante nelle nostre vite. In che modo, da soli, abbiamo deciso di farci possedere, in che modo abbiamo scelto che lo “sfinimento” potesse essere un valore e non qualcosa da cui sfuggire.
Ma chi me lo fa fare?, anche se pieno di domande e di dubbi, non si perde in soli interrogativi, ma cerca, pure con delle semplici soluzioni, di passare dalla teoria alla pratica, indicando, senza vergogna, il re nudo che tutti vedono, ma di cui nessuno parla:
“Abbiamo bisogno di un risveglio collettivo del desiderio, un reincantamento del mondo: perché c’è il potenziale per rendersi conto che il lavoro non è solo l’industria, non è soltanto l’atto di produrre, trasformare, ma è anche l’arte di ricreare la vita, di rigenerarla.”
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