Mai più sola nel bosco
- Autore: Simona Vinci
- Genere: Classici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2019
C’è una collana della casa editrice veneziana Marsilio che non propone narrativa, saggistica, argomenti d’arte o di cinema, come le altre. “Passaparola” è una specie di confessionale, sul tipo dei reality show, è un lettino dello psicanalista, perché di volta in volta scrittori e scrittrici affermati raccontano in piena libertà il loro rapporto coi libri che hanno avuto un ruolo nella loro crescita. In uno dei titoli di questa serie, Mai più sola nel bosco. Dentro le fiabe dei fratelli Grimm (prima edizione marzo 2019, 158 pagine, 12 euro), è il turno di Simona Vinci e del suo radicato rapporto con le favole dei due fratelli scrittori tedeschi. Racconti per bambini, per un verso e tuttavia anche autentiche storie dell’orrore.
Autrice e traduttrice di base a Budrio, nei pressi di Bologna, ha pubblicato a 27 anni un romanzo, “Dei bambini non si sa niente”, nel 1997, che tre anni avanti ha meritato il Premio Elsa Morante per le opere prime. Da quel momento, l’attività letteraria è proseguita con successo crescente e con tanta visibilità, anche sull’eco delle polemiche per il tema trattato all’esordio. In un gruppo di bambini, che hanno un rapporto innocente col sesso, fanno irruzione la perversione e la sporcizia del mondo degli adulti, sotto forma delle foto sempre più hard che il più grande mostra ai piccoli amici.
La condizione infantile in genere e la se stessa negli anni infantili sono la traccia seguita nel quindici brevi capitoli in cui si articola questa sua “autocoscienza”. “Passaparola: da una scrittura alla vita, gli scrittori italiani raccontano del mondo e di sé”, spiega la curatrice Chiara Valerio. È la prima collana che funziona come un gruppo di lettura e si rivolge “a lettori di narrativa e dei grandi classici, di fiction e auto fiction, agli studenti, agli appassionati, agli studiosi”.
Era finita nelle sue mani, non ricorda bene come, la prima edizione delle “Fiabe del focolare” dei fratelli di Hanau, uscita tra i tascabili Einaudi nel 1954 e nella traduzione della germanista Claudia Bovero. Da quando aveva imparato a leggere, divorava in continuazione quel libretto. Lo consumava insieme ad ogni tipo di colazione e merenda, compulsando febbrilmente le vicende di bimbi e bimbe, di giovani donne e vecchie streghe, le punizioni, le ricompense, i mostri, il male in genere e soprattutto la paura.
Conserva ancora il volumetto, sfibrato del tempo e segnato dalle dita unte d’olio, burro, cioccolata, marmellate. La copertina è andata e della prima pagina resta un brandello, aggrappato in alto alla rilegatura esposta a chiedere pietà. Lo ha portato appresso in tutti gli spostamenti nei quattro decenni successivi e ancora trattiene briciole mummificate di pane, biscotti e pizze.
La Bella Addormentata, Cenerentola, Hansel e Gretel, Rapunzel, Cappuccetto Rosso, tanti protagonisti dell’immaginario fiabesco di bambini e adulti di tutto il mondo sono nati dagli inchiostri messi su carta da Jacob (1785-1863) e Wilhelm Grimm (1786-1859), linguisti e grammatici, filologi e ascoltatori-registratori del patrimonio di favole e miti che attraversa tutte le generazioni dell’umanità, da quando la glottide è stata educata ad articolare suoni complessi e comprensibili.
Erano germanisti più che semplici scrittori e considerata la loro professione le fiabe assumono un peso specifico letterario maggiore, oltre ad essere infarcite di contenuti horror, autentico lato oscure di quelle che sono molto di più di semplici “storiucce”. Non a caso, hanno alimentato serie indagini psicanalitiche: diversi studiosi hanno approfondito personaggi, temi e situazioni sotto quell’aspetto. Il loro lavoro è citato continuamente, riletto, rielaborato, riconoscibile in filigrana in tanti prodotti narrativi e cinematografici successivi.
I fratelli tedeschi hanno condotto la piccola Simona in un mondo alternativo, pieno di misteri e popolato da mostri. Hanno riempito il buio di presenze maligne, dando in contenuto alle sue paure di bambina. L’oscurità la spaventava e guardava con sospetto la soffitta disabitata, lassù nella villetta di Budrio, con una scala a soffietto che calava dall’alto per accedervi. Le scale esercitano un potere su di lei, da allora, la rendono insicura.
I due favolisti le hanno pure proposto i modelli femminili nei quali riconoscersi. Che sorpresa apprendere col tempo che i due sono stati considerati degli inguaribili misogini. Sembra invece più ragionevole assolverli, come fa lei. Non ci sono forse in quei racconti sorelline che salvano fratellini, ragazze che vanno coraggiosamente contro le regole? Il disattenderle non si ritorce contro di loro, non le espone alla riprovazione o ad una condanna, la trasgressione risulta anzi salvifica e determinante ai fini della storia (Cenerentola, per dire, si imbuca in una festa alla quale non era stata invitata…).
E allora, misogini de che?
Mai più sola nel bosco. Dentro le fiabe dei Fratelli Grimm
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