Malavita di Giankarim De Caro

Può il corpo essere la prigione dell’anima? Può la bellezza segnare il destino di due generazioni di donne?
Con Malavita di Giankarim De Caro (Navarra Editore, 2018) siamo in una Palermo dei primi del Novecento, dove dominano la pigrizia e l’arroganza dei nobili locali che sollazzano i propri desideri abituati a ottenere col denaro qualsiasi cosa attragga i propri occhi.

È in questo contesto che il conte Manfredi si accorge di Lucia, giovane figlia della lavandaia di palazzo, e si arrogherà il diritto di disporre della sua compagnia giocando sui privilegi che la ragazza e la madre avrebbero assecondando l’offerta, o sulla perdita del lavoro e di un tetto sopra la testa per entrambe.

La condizione della madre della donna non regala molte alternative ed è così che Lucia si ritroverà a diventare donna da un momento all’altro, segnando il proprio destino e non solo. La sua avvenenza è talmente dirompente da non averne consapevolezza o padronanza. Diviene oggetto di contese, di gelosie e del desiderio delle persone sbagliate, che disporranno del suo futuro avviandola inevitabilmente a procurarsi da vivere vendendo il proprio corpo. Nulla degli eventi che la coinvolgono, dal matrimonio alle future gravidanze, viene deciso da lei direttamente e questo sarà il tratto distintivo di un disegno marcato da violenza, privazione e sottomissione per se e le sue figlie.

Oltre a Lucia altre donne infatti, Provvidenza, Pipina e Grazia verranno ostacolate da figure maschili prepotenti e incapaci di guadagnarsi da vivere con le proprie capacità. Solo una di loro sarà in grado di riscattarsi e di fare un salto di qualità in nome dell’amore per i propri figli.

Il romanzo si svolge nell’arco temporale che va dai primi del Novecento al secondo dopoguerra, scandito da scenari in evoluzione, dall’avvento e la sconfitta del fascismo, gli orrori della guerra e l’arrivo degli Alleati. Sono cambiamenti storici che inciampano in una mentalità ottusa e patriarcale che non perdona gli errori delle donne, ma che tace davanti ai soprusi e alle violenze maschili. Una struttura sociale dove non esiste la solidarietà tra le donne, dove i pettegolezzi si susseguono e dove nemmeno la Chiesa è incorruttibile e immune dalle tentazioni e priva di morale.

Giankarim De Caro, qui al suo primo romanzo (che a oggi ha raggiunto le 4000 copie vendute), descrive uno scenario duro, spoglio da ogni forma di pietà umana o di gesti di affetto, ma lo fa con un linguaggio delicato, poetico, coinvolgente, in grado di tenere in pugno l’attenzione del lettore senza mai cedere a termini volgari, nemmeno per descrivere i momenti più squallidi.
La scrittura dell’autore è rispettosa verso l’universo femminile, priva di giudizio, colpisce come un pugno nello stomaco e rende impossibile non immedesimarsi nella vita delle donne descritte. La lettura di Malavita è caratterizzata da un saliscendi emozionale, da fiato sospeso e lacrime che esplodono senza che il lettore possa fare nulla per trattenerle.