Mamma è matta, papà è ubriaco
- Autore: Fredrik Sjöberg
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2020
La tela di un pittore danese semisconosciuto.
L’immagine è online, Fredrik Sjöberg la osserva dal PC. Fa parte di un lotto in vendita sul sito di una casa d’aste, si intitola Hanna e Lillan e risale al 1921. L’autore è Anton Dich, un talento sprecato. Di lui Fredrik Sjöberg ha già sentito parlare, così come del quadro: ritrae due cugine dai tratti adolescenziali e l’espressione alquanto corrusca. Da loro muoverà la sua indagine sulla vita dell’artista, nel tentativo di coglierne la fatalità o le scelte sbagliate che ne hanno determinato la rovina: Anton Dich è morto, infatti, quarantacinquenne in Italia, abbandonato da tutti.
Fredrik Sjöberg è un entomologo (suo è, fra gli altri, L’arte di collezionare mosche) e il filo rosso del suo ultimo romanzo Mamma è matta, papà è ubriaco (Iperborea, 2020, traduzione di Andrea Berardini) specula intorno alle questioni del talento - e intorno a cosa ne determini il riconoscimento (o meno) generale - con esattezza documentaristica. Per spuntarla alla grande, c’entrano davvero soltanto gli incroci relazionali e/o la fortuna? O si tratta piuttosto di una questione di geni? Facciamo che l’anamnesi contempla l’incidenza di tutti e tre i fattori e mettiamoci il cuore in pace.
Tutto è ereditario. Come avvenga questa trasmissione, nessuno lo capisce fino in fondo: di solito si tratta di un groviglio inestricabile di fattori genetici, sociali, culturali, economici e così via, sempre in combinazione con quegli eventi casuali che a volte vengono chiamati fortuna e altre sfortuna. Il caso.
scrive Sjöberg e chissà se è alla luce di ciò che il romanzo si presenta ricco di intrecci. Di incontri (ad Anton Dich capita di frequentare invano i “geni” del tempo, Picasso, Derain, Cendrars, Brecht, Modigliani). Di viaggi (Göteborg, Copenaghen, Parigi, Costa Azzurra, riviera ligure). Di divagazioni (su filatelia, botanica, matrimoni infelici). Di libere associazioni.
Mamma è matta, papà è ubriaco è anche, in secondo luogo, un romanzo divagante sulla vita che muove da una parte per poi ritrovarla da tutt’altra. La ricostruzione degli alberi genealogici delle figure coinvolte nella parabola artistico-ontologica di Anton Dich è tracciata con precisione da giallista o forse, meglio, da entomologo prestato alla letteratura. Il resto dei sottotesti del romanzo si presta a contraltare dialettico sghembo, a volte illogico, imprevedibile, caotico, illusorio, come sa esserlo spesso l’esistenza. In altre parole: Anton Dich diventa il prototipo delle cose belle e brutte che possono succedere nel corso di una vita, in evidente assenza di un Progettista Occulto di destini.
La vita è frutto esclusivo di combinazioni, signore e signori. Desolante ma vero.
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