Fu l’atto di ribellione artistica per eccellenza. Il 20 febbraio 1909 sul quotidiano francese Le Figaro apparve a tutta pagina il Manifesto Futurista di Filippo Tommaso Marinetti. Parole nette, scritte nere su bianco, che sembravano squarciare il foglio. Parole laceranti, che provocavano una rottura con la morale corrente, sparigliavano le carte in tavola, cambiavano le regole del gioco. Era l’inizio di un cambiamento nel modo di concepire l’arte e la letteratura: era l’inizio del Futurismo.
Le regole sancite dal Manifesto di Marinetti apparvero per la prima volta in francese sulle pagine di Le Figaro e, in seguito, in italiano sulla rivista Poesia fondata dallo stesso Marinetti nel 1905.
In realtà una prima edizione italiana, passata perlopiù in sordina, era stata pubblicata il 5 febbraio precedente sulla Gazzetta dell’Emilia.
Gli elementi cardine del testo erano la rottura con la tradizione del passato e la celebrazione di un nuovo slancio vitale, della velocità e del movimento espresso attraverso le metafore dell’automobile e degli aereoplani.
Le parole scritte da Marinetti aveva un valore trasformativo e rifondativo: volevano plasmare una nuova concezione del mondo e dell’arte.
L’elogio dell’azione - insito nel testo - era anche una celebrazione dell’agire bellico, quindi un supporto all’interventismo che avrebbe avuto un ruolo cardine nella Prima guerra mondiale, fatto che rivendica anche il decisivo valore storico del Manifesto Futurista. Le relazioni tra Futurismo e Fascismo sono ancora al vaglio di critici e studiosi, ma in molti hanno riscontrato nei toni accesi e infuocati del Manifesto di Marinetti diverse analogie con il lessico della propaganda fascista, all’epoca ancora agli albori. Va detto, in ogni caso, che mentre un futurista come Giacomo Balla fu spesso allineato ai toni del regime, Marinetti entrò in aperto contrasto con Mussolini nel 1920.
Non possiamo comunque scindere la rivoluzione dell’arte dal significato politico in essa implicato. Le parole pubblicate sulle pagine di Le Figaro non sono da interpretare solo come un vezzo artistico: un muro di testo, un fiume di inchiostro, un lacerante grido poetico, ma come un’azione che intendeva provocare una reazione precisa nella società. Il Manifesto rappresentava solo la punta dell’iceberg, la fiamma bruciante di un ardore che da tempo covava sotto le ceneri, in crepitante fermento.
Scopriamo più nel dettaglio testo, analisi e tematiche del Manifesto Futurista firmato da Marinetti.
Manifesto Futurista di Filippo Tommaso Marinetti: testo
- 1. Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.
- 2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
- 3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità penosa, l’estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
- 4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità
- 5. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
- 6. Bisogna che il poeta si prodichi con ardore, sfarzo e magnificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.
- 7. Non vi è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro.
- 8. Noi siamo sul patrimonio estremo dei secoli! poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.
- 9. Noi vogliamo glorificare la guerra-sola igene del mondo-il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore
- 10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria
- 11. Noi canteremo le locomotive dall’ampio petto, il volo scivolante degli areoplani. È dall’Italia che lanciamo questo manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il Futurismo.
Manifesto Futurista di Filippo Tommaso Marinetti: analisi e temi
Il Manifesto di Filippo Tommaso Marinetti, pubblicato su Le Figaro il 20 febbraio 1909, rappresenta l’atto di nascita del Futurismo. Fu scritto da un manipolo di artisti che volevano prendersi la scena con l’irruenza e l’arroganza della gioventù facendo della “rottura con la tradizione e con il passato” il principio del loro credo.
Quando scrisse il Manifesto - che lo avrebbe reso celebre - Filippo Tommaso Marinetti aveva trentatré anni. L’illuminazione gli venne, pare, in seguito a un incidente in cui era rimasto coinvolto tempo addietro. Amante delle belle automobili e della velocità, Marinetti era finito fuori strada nella periferia di Milano finendo in un fossato con la sua auto nuova fiammante, un’Isotta Fraschini. Ripescato dal fossato illeso, si era sentito investito da un bagliore di onnipotenza e immortalità. Alla fine di gennaio spedì il suo Manifesto ai principali quotidiani italiani: la maggior parte si rifiutò di pubblicarlo, a parte la Gazzetta dell’Emilia che gli dedicò un piccolo inserto. La vera data di pubblicazione del Manifesto Futurista sarebbe dunque ufficialmente il 5 febbraio del 1909.
Il 20 febbraio successivo il quotidiano francese Le Figaro avrebbe dedicato al muro di parole di Marinetti la prima pagina. Pare che nella pubblicazione giocò un ruolo fondamentale un’amicizia di Marinetti per la figlia di un’azionista del giornale francese. Grazie a quella raccomandazione, in ogni caso, le sue parole ebbero una risonanza europea. Purtroppo per lui, però, le sue opere non ebbero la stessa fortuna.
Tra i temi cardine del Manifesto Futurista troviamo l’elogio dell’igiene della guerra e del “gesto distruttore”, ovvero l’eroismo bellico che conduce alla rivoluzione sociale. Non vi è più bellezza se non nella lotta, sanciva Marinetti: l’arte doveva dunque avere un carattere aggressivo.
La rottura con l’arte e la tradizione del passato era un altro assunto fondamentale: si prefigurava la distruzione di biblioteche, musei e accademie (cosa a dir poco contraddittoria, considerando che oggi possiamo ammirare le opere futuriste proprio in musei, biblioteche e accademie). Era un’autentica celebrazione della modernità, della tecnologia e del progresso: mentre oggi sappiamo che non può esservi progresso senza memoria, nessun futuro senza passato. Attraverso il trionfo del nuovo ci si aspettava di lasciarsi il suo opposto, ovvero il “vecchio” alle spalle, quasi si trattasse di un mobile antiquario. L’idolatria nei confronti della modernità presupponeva lo sprezzo dell’antico, come se non potessero esistere l’uno accanto all’altro.
Il primo punto riportato in francese su Le Figaro recitava:
Nous voulons chanter l’amour de danger.
Letteralmente: Noi vogliamo cantare l’amore per il pericolo. Il “noi” sarebbe ritornato spesso, in ogni sezione del Manifesto: la prima persona plurale si sostituiva alla prima singolare trasformando il testo in un urlo collettivo, in un impeto di lotta. Marinetti non parlava per sé, esprimeva la volontà di un “noi” identificabile con il gruppo di poeti e artisti futuristi. Tramite la ripetizione anaforica del pronome “noi” Marinetti lanciava il suo guanto di sfida, confondeva le idee, ripeteva il proprio credo come un mantra. Lo stile è perentorio, declamatorio si serve di verbi coniugati all’imperativo e al futuro: le frasi sono come sentenze, lapidarie, lucide, violente.
Marinetti non lascia spazio alla riflessione né alla critica. Uno dei punti più agghiaccianti del Manifesto è il disprezzo nei confronti della donna e dell’intero genere femminile. Nel decimo punto è espresso attraverso una frase precisa:
vogliamo combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria
La donna era considerata un nemico, la portatrice di un certo moralismo e dei buoni sentimenti che i Futuristi intendevano combattere. Lo stesso movimento femminista era inteso come una minaccia: Marinetti infatti su propone addirittura di combatterlo, definendolo una “vigliaccheria”, forse non volendo ammettere che in realtà ciò che vedeva minacciato era la sua stessa virilità.
Nel 1912 la scrittrice e danzatrice francese Valentine de Saint-Point rispose a Marinetti scrivendo un Manifesto della donna futurista in cui era riportato:
l’Umanità è mediocre. La maggioranza delle donne non è né superiore né inferiore alla maggioranza degli uomini. Sono uguali. Meritano entrambe lo stesso disprezzo […] per istinto, la donna non è saggia, non è buona, non è pacifista.
Valentine de Saint-Point rispondeva dunque a Marinetti più o meno sul suo stesso tono; ma il manifesto della donna futurista non ebbe uguale fortuna.
Ciò che oggi, a oltre un secolo di distanza, ancora conferisce alle parole di Filippo Tommaso Marinetti un margine di attualità è il loro furore, il loro impeto, la ferocia con cui l’autore intende affermare una nuova mitologia moderna.
Gli artisti all’epoca si sentivano investititi da una sorta di missione rivoluzionaria ed erano davvero convinti che una rivoluzione sociale fosse possibile attraverso le arti, quali la letteratura, il teatro, la pittura, la musica.
Oggi nei quadri di Umberto Boccioni - in cui la frenesia delle linee si mescola alla schizofrenia del colore - e nelle parole incendiarie di Aldo Palazzeschi - che aboliscono ogni forma di punteggiatura e di sintassi - possiamo ritrovare tutto lo sconcerto, lo sgomento e anche la solitudine dell’umanità di inizio Novecento, agli albori di quella che sarebbe stata la Prima guerra mondiale.
Il muro di parole di Marinetti ci investe ancora con l’identico furore, a oltre un secolo di distanza sembra ancora urlare esprimendo l’intensità di una rabbia che presto sarebbe esplosa determinando una delle catene di eventi più catastrofiche della storia mondiale. Il Manifesto Futurista, pubblicato su Le Figaro quel lontano mese di febbraio del 1909, è la prova che l’arte sia il termometro capace di misurare la temperatura di riscaldamento degli animi di un’intera nazione. Possiamo leggerlo, oggi, come un presagio di ciò che fu: la celebrazione di un futuro distruttore (che annullando il passato annientava anche sé stesso), esploso infine nel paradosso supremo della bomba atomica, la trappola congenata dall’umanità per sterminare, demolire, abbattere e - infine - annullare: un’apocalisse fuor di metafora.
Il futurismo cantato da Marinetti, in verità, non aveva alcun futuro.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il Manifesto futurista di Filippo Tommaso Marinetti: temi, analisi e significato dei punti cardine
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