Marchiati
- Autore: Alessandro Russo
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2014
“L’autore si chiede come si è arrivati al punto che il termine “calabrese” risuoni quasi come una minaccia, portando con sé qualcosa di sinistro? O che la Calabria sia immaginata come una selva oscura?”
I giudizi frettolosi, negativi, indiscriminati sulla Calabria e sui calabresi costruiti a tavolino dai giornalisti dagli anni ’80 a oggi, hanno marchiato questa terra e questo popolo “come si fa con il bestiame o con una stirpe maledetta”.
Alessandro Russo, giornalista e scrittore, pone in questo libro, "Marchiati", una serie d’interrogativi, analizzando e criticando, il giornalismo che direttamente o indirettamente, anche in articoli o notizie che riguardano altro, fa passare l’equazione “calabreseugualemafioso". L’autore incoraggia i giornalisti calabresi a uscire da questa logica perversa, a contare di più sul panorama dell’informazione nazionale, a raccontare quella Calabria e quei calabresi che ogni giorno, lontano dai riflettori, fanno resistenza, cercando di riappropriarsi della propria terra facendo il proprio dovere.
Proprio per non cadere nello stesso calderone in cui molti, troppi, suoi stessi colleghi sono caduti, Alessandro Russo segue una traccia ben precisa nel suo libro. Al capitolo dedicato alle domande, seguono esempi disarmanti di come la stampa nazionale e internazionale, anche quella seria, abbia trattato la sua meravigliosa terra. Esempio su tutti la blasonata BBC che pur di girare un documentario che rispettasse l’idea di una Reggio Calabria misera, violenta, corrotta, coinvolge dei ragazzini convincendoli a fare da comparsa e sparge il piazzale di fronte al Museo nazionale della Magna Grecia di preservativi, siringhe, lattine e carta. Leitmotiv perversi come “finché si ammazzano tra di loro” (Vittorio Feltri), “il compare del tuo compare è mio compare" (Annozero), “pesantemente infiltrata dalla criminalità mafiosa", “nel Sud alcuni istituti abbassano la qualità dell’istruzione” (Maria Stella Gelmini), "perché Dio ha fatto la Calabria? (Antonello Venditti), hanno diffuso come un tam tam delle etichette indelebili, diventando delle “verità stereotipate” che uniscono indifferentemente vittime e carnefici.
Proprio per rimarcare la differenza, l’autore ci parla della Calabria sana dei calabresi buoni: Luciano Regolo, Paola Bottero, Arianna Tripodi, Angela Potente dei tanti giovani calabresi che si sentono offesi dai marchi preclusivi nei loro confronti e indignati manifestano il loro dissenso. Hanno cercato di ammutolirli con minacce e ricatti e non ci sono riusciti. Se non fosse stato per loro “quella che racconteremo sarebbe solo rimasta un’altra puntata della cettoqualunquizazione dei calabresi.”
Il sentimento anticalabrese, cresciuto come “la lucertola che diventa Godzilla” soprattutto dopo il delitto Fortugno e la strage di Duisburg, con il folle gesto di Luigi Preiti, l’omicidio di Fabiana Luzzi, l’uomo dato in pasto ai maiali e l’uccisione di un bimbo di tre anni, si afferma sempre più difficile da smontare, ma una via d’uscita c’è ed è indicata da Alessandro Russo.
Bisogna “pretendere e sostenere un modo nuovo di raccontare la Calabria e i calabresi”. Bisogna “sconfiggersi, per sconfiggere il provincialismo che è ormai diventato parte della sua essenza, che la fa inchinare ai media nazionali, che la fa ragionare con le regole imposte dagli altri”. Bisogna "almeno provarci".
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