Marco Di Tillo è nato e vive a Roma. Ha scritto per più di vent’anni programmi televisivi e radiofonici per la Rai, insieme a Serena Dandini, Piero Chiambretti, Nanni Loy, Enza Sampò. Ha scritto e diretto per il cinema la commedia Un anno in campagna e il giallo per bambini Operazione Pappagallo, scritto con Piero Chiambretti e interpretato, tra gli altri, da Leo Gullotta, Siusy Blady e Tiberio Murgia. È autore dei romanzi d’avventura Il giovane cavaliere (Einaudi) e Tre ragazzi ed il sultano (Mursia). È inoltre autore delle favole illustrate Mamma Natale e Mamma Natale e i Pirati (entrambi editi da Mursia). Al suo attivo ha diverse sceneggiature di fumetti pubblicati in periodici e quotidiani italiani. È stato vincitore del premio Nuova Strip italiana con la striscia Piero e ha fatto diverse sceneggiature di fumetti pubblicati da periodici e quotidiani. Collabora con il magazine online La Voce di New York nella rubrica fissa La mia Roma. Nel 2013 è uscito il suo romanzo The Other Eisenhower negli Stati Uniti (edito da Webster House), scritto con lo scrittore americano Augustine Campana e in Italia Arkadia Editore ha pubblicato il suo primo romanzo con protagonista l’ispettore Marcello Sangermano, Destini di sangue. Con la dedica “A mia madre Nina”, nell’Ottobre del 2014 è uscito il secondo romanzo della serie dedicata al poliziotto romano Dodici giugno. Un’indagine dell’ispettore Sangermano (Arkadia Editore).
In un’afosa mattina romana di metà giugno Sangermano appartenente alla Uocs, unità di polizia operativa per i crimini seriali insieme alla vice-ispettrice psicologa Silvia Fedele, il capo del reparto scientifico Sandro Gizzi e il vice-ispettore Gigi Placidi, si trovava nel Pontificio Seminario Romano. All’interno dell’immenso palazzo che si trova accanto alla Basilica di San Giovanni in Laterano, era stato commesso un omicidio. Gianluca Sana, giovane seminarista, era stato trovato morto, presumibilmente avvelenato. Alla vittima, l’assassino aveva tagliato l’anulare della mano sinistra. Infatti, il macabro reperto era stato trovato nel letto accanto a un paio di cesoie sporche di sangue. Venti anni prima, a Viterbo, un altro giovane seminarista era stato ucciso allo stesso modo lo stesso giorno, il 12 giugno. Per risolvere un caso complicato che creava imbarazzo in Vaticano, “la pulizia all’interno della Chiesa è per Francesco un obbligo, un dovere”, occorreva quindi compiere un viaggio nel passato, partire da dove tutto aveva avuto inizio, cioè da una spiaggia sarda. Molto bella l’originale figura dell’ispettore Sangermano, laico consacrato, compassionevole e sollecito nei confronti di chi soffre, fermo e severo nei confronti di chi viola le regole del vivere civile.
“... La Chiesa, grazie al nuovo Papa sta tentando di recuperare credibilità in tutto il mondo... Faticosamente stiamo cercando di risalite la china. E tutto ci serve, tranne che uno scandalo. Per giunta in un seminario!”.
Il romanzo Dodici giugno. Un’indagine dell’ispettore Sangermano è disponibile in tutti i siti on-line, anche in e-book.
- Marcello Sangermano è un laico consacrato che vive in un piccolo appartamento posto sopra una parrocchia del quartiere romano della Balduina ma è anche un poliziotto che ricopre un incarico di responsabilità tenendo sempre fede alle parole del Vangelo. Come vive questo suo doppio ruolo Sangermano?
Lo vive bene, perché, in fondo è quello che lui stesso ha desiderato fare: combattere il male, nella sua attività di poliziotto e aiutare il prossimo, come laico consacrato. Nella sua figura ho voluto in qualche modo sintetizzare due categorie spesso bistrattate, specialmente da un certo tipo di stampa che ama vedere dietro ogni poliziotto un corrotto e dietro ogni religioso un pedofilo o peggio.
Ognuno di noi, ne sono convinto, ha conosciuto nella sua vita grandi uomini di legge e grandi religiosi. Il problema è che lui non può e non vuole uccidere, cosa difficile da fare per uno che insegue serial killer. Lui spara benissimo ed è in grado di colpire senza uccidere. Ma i suoi colleghi sono terrorizzati e si chiedono spesso: “Ucciderebbe per salvarmi?”
- Quanto è importante nei Suoi romanzi la suggestione che offre una città come Roma?
Direi fondamentale. Sangermano adora la sua città, quella in cui è nato e dove ha sempre vissuto. La sua Roma è, in fondo, anche la mia, visto che in questo personaggio, non in tutto però, ci sono un po’ anch’io con i ricordi della mia città, gli angoli più importanti, le strade particolari che solo noi romani conosciamo bene. E poi Roma è davvero una città da romanzo, sembra fatta apposta per nascondersi, per sparire. Luogo ideale per assassini e serial killer, oltre che per un sacco di altri super cattivi di tutti i tipi, specialmente di questi ultimi tempi. Nei libri visito spesso la Roma del centro storico con gli antichi negozi e locali che riescono ancora a non sparire, il Vaticano, la via Giulia del Liceo Virgilio, frequentato da Sangermano e guarda caso anche dal sottoscritto, e poi anche la Roma delle periferie e degli squallidi alberghetti sulla Salaria frequentati dalle prostitute. In questa città c’è di tutto e di più, basta solo cercare.
- Il poliziotto nella vita privata si occupa di giovani ex tossicodipendenti, di barboni, di indigenti, di tutte quelle persone che vivono ai margini della società cari a Papa Francesco, tanto da riservare loro un posto in prima fila al concerto che si è recentemente svolto in Vaticano. Che cosa ne pensa?
Ero in piazza San Pietro, al freddo e sotto la pioggia, la sera che Bergoglio è stato eletto. Appena si è affacciato al balcone e ha iniziato a parlare ho capito subito che lui era uno molto particolare, uno forte. E così è stato. La sua opera mi fa tornare in mente il ’68. Per certi versi le sue parole, i suoi punti di vista, le sue esternazioni, sono una vera rivoluzione. Non credo che tutti lo abbiano ancora capito. Sarà il tempo, diciamo i prossimi vent’anni, a chiarire tutto. E un Papa umile come lui come potrebbe dimenticarsi dei senza tetto, di chi non ha niente? Ce ne sono sempre di più in questa città, ogni giorno aumentano, è uno tsunami che sembra inarrestabile, purtroppo.
- Il Presidente Sergio Mattarella all’inaugurazione della ventottesima edizione del Salone del Libro di Torino, nel suo intervento ha anche detto: “Leggere non è solo una ricchezza privata, ma un bene comune, ossigeno per le coscienze. La lettura è una porta sul mondo, leggere ha a che fare con la libertà e con la speranza”. È d’accordo con questa riflessione?
Sono perfettamente d’accordo. Aggiungerei qualcos’altro, però. Leggere è uscire da sé stessi, dai propri problemi di tutti i giorni, dalle piccolezze della propria esistenza, per entrare nella vita degli altri, nelle loro storie, nel loro passato, nelle loro idee. Peccato però che ogni anno, nell’editoria degli adulti, abbiamo sempre un calo delle vendite. I giovani, parlo dei ragazzi dai diciotto anni in su, leggono sempre meno, presi come sono, appunto da sé stessi, oltre che da telefonini, ipad, internet, play station e tutto il resto.
- Secondo una recente indagine Nielsen commissionata dall’AIE (Associazione Italiana Editori), il mercato editoriale appare in ripresa, grazie anche ai lettori più giovani. Infatti il settore dei libri per l’infanzia registra un incremento del 6,4 per cento nelle copie vendute. Non solo, le librerie indipendenti sono in crescita rispetto alla flessione delle librerie di catena e della grande distribuzione. Viene quindi premiata la qualità rispetto alla quantità?
In passato ho scritto romanzi d’avventura per ragazzi pubblicati da Einaudi e favole illustrate pubblicate da Mursia. Credo che il mercato dei libri per ragazzi abbia sempre tenuto abbastanza bene. Non sono i piccoli il problema, anche perché in fondo loro leggono consigliati dai propri genitori o dai maestri, adulti amanti dei libri, quindi. Sono gli adulti che comprano. E finche c’è una guida innamorata della carta stampata e delle belle storie, i ragazzini sembrano apprezzare. Il problema, purtroppo, viene dopo, come già detto.
- C’è un autore di romanzi di ambientazione poliziesca che predilige in particolare?
Ce ne sono due. Uno è svedese è si chiama Henning Mankell. L’altro islandese, Arnaldur Indridason. Entrambi fantastici e, in fondo, molto simili a quello che mi piace leggere e anche scrivere. Poca azione, pochi inseguimenti, poche sparatorie. E invece pensieri, dialoghi, silenzi. E teste che cercano altre teste. Perché è dentro la testa che tutto ha inizio, sempre.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Marco Di Tillo presenta Dodici giugno. Un’indagine dell’ispettore Sangermano
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