Sandra Petrignani nata a Piacenza il 9 luglio del 1952, vive dividendosi tra Roma e la campagna umbra. Autrice di Navigazioni di Circe (Premio Morante Opera Prima), di Vecchi, de Il catalogo dei giocattoli (riproposto dalla BEAT l’anno scorso) e delle interviste a grandi scrittrici italiane raccolte ne Le signore della scrittura, le sue opere più recenti sono Dolorose considerazioni del cuore (Nottetempo 2009), E in mezzo il fiume. A piedi nei due centri di Roma (Laterza 2010). Nel catalogo Neri Pozza figurano: il fortunato La scrittrice abita qui, pellegrinaggio nelle case di grandi scrittrici del ‘900; i racconti di fantasmi Care presenze; il libro di viaggio Ultima India e il recente bestseller Addio a Roma.
Esce oggi Marguerite (Neri Pozza, 2014)
“non un libro di viaggio e non una biografia. Ma un ritratto da lontano, messo insieme per macchie di colore”
di una delle maggiori personalità del Novecento, “una delle mie scrittrici predilette”. Marguerite Duras, pseudonimo di Marguerite Donnadieu “nata nelle colonie” il 4 aprile del 1914 presso Saigon nell’Indocina francese e morta a Parigi “grigia e festosamente severa” il 3 marzo del 1996, non guarì mai dalla sua infanzia e nei suoi numerosi romanzi rivivrà spesso la sua esperienza in Indocina “figlia di un francese morto troppo presto” e di “una ragazza avventurosa, Marie, innamorata dei libri di Pierre Loti”. La piccola Nené, Marguerite della foresta, Tonkinoise come l’avevano soprannominata i colleghi in ufficio per i suoi occhi orientali, la signorina Donnadieu, laureata in Giurisprudenza e impiegata durante la guerra al Ministero delle Colonie, Marguerite Duras dopo la pubblicazione del suo primo romanzo, che partecipò alla Resistenza e continuò a essere comunista, anche se il partito l’aveva espulsa per insubordinazione e immoralità, ha attraversato un intero secolo tra sconfitte e trionfi. Sandra Petrignani pone come esergo del volume una frase di Philip Roth (“Quando ammiri uno scrittore, t’incuriosisci. Cerchi di carpire il suo segreto. Gli indizi per risolvere l’enigma che lo rappresenta”) tratta da Lo scrittore fantasma per meglio definire questo libro raffinato, che rivela l’intima essenza di una donna fuori dal comune, dal carattere difficile, scomoda e singolare della quale quest’anno ricorrono cento anni dalla nascita.
- Per quale motivo ha scelto proprio un brano del libro di Marguerite Duras I cavallini di Tarquinia come sigillo del volume?
È un libro di Duras che amo molto. In Italia non lo conosce quasi nessuno, anche se fu tradotto nei primi anni Cinquanta. Oltre alla frase di Roth, mi è piaciuto citare in esergo anche una frase sul piacere di “farsi i fatti degli altri” tratta da I cavallini di Tarquinia, della stessa Duras. Le scritture biografiche, i memoir, i romanzi ispirati a persone realmente esistite – come questo mio Marguerite – sono un modo di “farsi i fatti degli altri” ma per capire meglio se stessi, la vita, la morte, il destino. Capire il segreto di un’altra persona, reinventandosela attraverso la letteratura, è un modo per sopportare il mistero rappresentato dagli altri, la loro menzogna, il loro sfuggirci. E per capire gli esseri umani bisogna, prima di tutto, interrogare l’epoca che li contiene, inserirli in un contesto, conoscere gli amici che hanno frequentato, i nemici che li hanno fatti soffrire, le persone che hanno amato, i luoghi che hanno attraversato. Marguerite è tutto questo messo insieme.
- Poiché preferisce “interrogare i luoghi”, che emozione ha provato nel visitare le abitazioni nelle quali la grande narratrice è vissuta?
I luoghi parlano delle persone che li abitano, raccontano le storie cui hanno assistito. I paesaggi sono più duraturi delle esistenze delle donne, degli uomini e degli animali. Quando il figlio di Marguerite Duras mi ha mostrato gli interni delle case della madre, che ora appartengono a lui (ma dove non ha modificato quasi niente) è stato come tornare indietro nel tempo. E immaginare è più facile se si parte da oggetti concreti.
- Ha compiuto un viaggio a Ho Chi Minh, l’antica Saigon sulle tracce de L’amante e in Cambogia, dove la madre di Marguerite aveva impiantato “una fallimentare risiera in mezzo all’oceano”. Quali sono i posti che più l’hanno affascinata?
Quella landa remota nel sud della Cambogia, dove la risiera, in effetti, alla fine fu realizzata dopo vari tentativi fallimentari, mi ha molto emozionata. Lì il tempo si è fermato, il paese è arretrato e bellissimo ai piedi della Catena dell’Elefante, davanti al mare: solo capanne e qualche indigeno. È davvero ancora il paesaggio raccontato da Duras in Una diga sul Pacifico.
- “Voglio scrivere libri. Questo voglio fare da grande”. Per quale motivo la madre della vincitrice del Premio Goncourt 1984 combatté le ambizioni artistiche della figlia?
Non è che le combatteva. Semplicemente non dava importanza a un’idea che le sembrava infantile: voleva che la figlia diventasse ricca, che utilizzasse il suo genio per la matematica. Vedeva un assurdo romanticismo nel progetto di scrivere. Marie, la madre di Marguerite, era una donna concreta. Aveva patito povertà, vedovanza, durezze infinite. Voleva per la figlia un destino diverso. Le ho riservato molto spazio nel libro, perché è un personaggio grandioso, molto romanzesco, un magnifico personaggio. Duras nella sua opera ne ha fatto una donna sconfitta; nella realtà invece Marie riuscì a realizzare il suo sogno di ricchezza e agiatezza, oggi la si potrebbe definire una “vincente”. Quando ritornò in Francia dalle Colonie, poté addirittura comprarsi un castello in cui andò a vivere. Eppure Duras aveva ragione a vedere in lei la sconfitta: perché Marie fu sconfitta in ciò che aveva di più caro, il figlio primogenito Pierre che sperperava tutto al gioco e non combinò mai niente di serio. Duras ha scritto di questo amore fra madre e figlio in un racconto superbo, che riadattò anche per il teatro, Giornate intere fra gli alberi.
- Tumultuosa fu la vita sentimentale di Marguerite “se un uomo le piace, non sa resistere, deve sedurlo”. Eppure Nené era cresciuta con l’idea “che ci dovesse essere un unico grande amore per tutta la vita”. Che cosa ne pensa al riguardo?
Penso che Duras fosse una donna molto femminile e che a un certo punto della vita ha assunto atteggiamenti mascolini e autoritari per compensare il suo eccesso di femminilità. Aveva un’idea sentimentale e romantica dei rapporti con l’altro sesso, ma era troppo intelligente per non sapere la verità e che cioè «nessun singolo amore può competere con l’Amore» come ha scritto proprio nei Cavallini. Un conto è l’assoluto, un conto sono i nostri disperati e fallimentari tentativi di avvicinarci all’assoluto. Ho cercato di rendere proprio questo nel libro, lo sforzo di Marguerite di misurarsi sempre con l’Assoluto nelle sue varie forme: l’amore, la letteratura, la politica, la moralità.
- Desidera ricordarci la Duras regista?
Il cinema è sicuramente la parte più difficile dell’opera durassiana. Ne sono un bell’esempio Il camion e Agatha, due sceneggiature che la Del Vecchio ha ora raccolto in un unico volume, La ragazza del cinema, e di cui ho scritto l’introduzione. Nei suoi film Duras ha portato alle estreme conseguenze la battaglia contro le derive commerciali della comunicazione artistica. Odiava che le parole diventassero didascalie delle immagini o che le immagini potessero essere illustrazione delle parole. Nel suo cinema i due linguaggi, quello scritto e quello visivo, passano sullo schermo per non incontrarsi. Chiede molto allo spettatore. Vedere un film di Duras è un’esperienza a parte. La si rifiuta se non si è disposti a lasciarsi andare completamente, a farsi trasportare altrove, in zone recondite della psiche. Non bisogna capire o vedere, bisogna sentire e assistere. In India Song, per dire, la storia è raccontata dalla parte della morte. Desiderio e seduzione appartengono al passato, eppure sono presenti: sono tutt’uno con l’urlo disperato del viceconsole. Ma l’urlo del viceconsole non è altro che il nostro urlare disperati contro la perdita, la desolazione, il dolore che sperimentiamo vivendo. È la condizione umana. Non si può che urlare.
- Di tutta la produzione letteraria di “un genio, uno dei rarissimi scrittori che ha inventato una lingua solo sua, subito riconoscibile”, c’è un libro in particolare che preferisce e perché?
Ne amo tanti, perché se c’è uno scrittore che - molto riconoscibile sempre - ha saputo declinare alcuni temi in parecchie forme diverse, questo scrittore è Duras. Comunque penso che non conoscere libri come Una diga sul Pacifico, Il dolore, La pioggia d’estate sia una grave lacuna. Purtroppo il suo editore italiano, la Feltrinelli, da parecchio non la ristampa.
- Venerdì 4 aprile 2014 alle ore 18,30 presso la Casa delle Letterature Piazza dell’Orologio, 3 – Roma, Daria Galateria e Fabio Ferzetti presentano Marguerite di Sandra Petrignani. Letture di Maddalena Crippa. Sarà presente l’autrice.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Marguerite” in uscita per Neri Pozza: intervista a Sandra Petrignani
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