Marina
- Autore: Carlos Ruiz Zafon
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2009
“Marina è il libro più indefinibile e il più difficile dei tanti romanzi che ho scritto, e forse il più personale di tutti. Scritto a Los Angeles tra il 1996 e il 1997, all’età di 33 anni ...". (dalla prefazione)
Carlos Ruiz Zafòn ha scritto questo romanzo anticipando quelli che sarebbero stati i topos degli altri due grandi libri di successo: “L’ombra del vento” e “Il gioco dell’angelo”: la Barcellona gotica, ammantata dai fascinosi misteri del suo passato, gli scenari inquietanti, i fatti incalzanti, le atmosfere magiche, gli intrighi, un caleidoscopio di immagini e sensazioni che irretiscono come malìa e creano aspettative nel lettore. Certo aver letto "Marina", dopo i due precedenti, il romanzo se ne svantaggia perché già abituati allo stesso stile ricco ed immaginifico e alla peculiare espressività dell’autore, fin troppo limata ed ornata, perde un po’ della sua autenticità. Sembra tutto già letto e conosciuto prima, si anticipano le mosse investigative ed espressive dell’autore, la risultanza è sì piacevolezza, ma mitigata e priva di quel sentimento di trepidazione e sospensione de "L’Ombra del vento", in particolare. Trait d’union dei tre romanzi è un protagonista, ragazzo impelagato in storie più grandi di lui, con lo stesso amore per la bellezza, la conoscenza e una sorta d’ingenuità d’animo in contrasto netto con i fatti in cui è coinvolto. Si tratta di Oscar Drai, un giovane trentenne che rievoca un periodo della sua vita quando studente quindicenne studiava al collegio di Vallvidrera a Barcellona. “Era la fine degli anni ’70 Barcellona era un’illusione di vicoli e viali in cui si poteva viaggiare a ritroso nel tempo oltrepassando la soglia di una portineria o di un caffè. Il tempo e la memoria, la storia e la finzione, si fondevano in quella città stregata come acquarelli sotto la pioggia”. Fu lì…così l’incipit del romanzo. Conoscere una giovane ed enigmatica fanciulla d’altri tempi come Marina, dalla bellezza incorporea e delicata, portatrice di un dolore nascosto, suo padre, il pittore Germàn, svuotato della sua arte per la perdita prematura della rimpianta moglie Kirsten, sconvolgerà la sua vita; sarà un percorso di maturazione e di passaggio verso l’età adulta. Il mistero della scomparsa di Kolvenik, di sua moglie Eva e di altri oscuri personaggi. connotati da una forte carica fiabesca e surrealistica, contornano tutta la vicenda. Siamo nei meandri di una città che nasconde nel suo ventre segreti di un passato mitizzato. Le figure così ammantate di misteriosa aura fluttuano sospese ed evanescenti nella mente del giovane Oscar: la realtà è un sogno ad occhi aperti. Le antinomie tra realtà e immaginazione, tra amore e odio, tra bellezza ed orrore sono i tratti distintivi della materia narrativa di Zafon, le similitudini enfatiche percorse da un senso lugubre e sepolcrale, il fascino per l’ignoto e, spesso, il dolore della scoperta di ciò che non vorremmo. Segni del destino ricorrenti trascinano i personaggi verso confini inconoscibili. Metafore evocative e vivide coloriture verbali fluttuano e cadenzano un ritmo fluido e scorrevole dove tutto palpita ed è soffuso di decadente bellezza. Qua e là Zafòn fa dire ai suoi personaggi frasi di saggezza come perle “rare”: “La bellezza è un soffio rispetto al vento della realtà”. “Se la gente pensasse un quarto di quanto parla, questo mondo sarebbe il paradiso”. “La verità non si trova, è lei che trova noi . “Ricordiamo solo quello che non è mai accaduto perchè le cose reali succedono solo nell’immaginazione”. Queste trame, così coinvolgenti, sono propri di certa letteratura ottocentesca, ricchi di colpi di scena che si prestano a traduzioni filmiche, perché Zafon sa rendere visive le descrizioni come sequenze cinematografiche. Leggere è come essere dentro il libro… quella polvere nebulosa che si posa su palazzi e cose abbandonati dall’incuria del tempo sembra ombrare i nostri occhi, quei silenzi sinistri rotti da impercettibili rumori di sottofondo sembrano aduggiare le nostre orecchie, quelle creature mostruose che emergono dal nulla e al nulla ritornano si parano davanti come demoni nascosti. Zafon rispolvera il passato e ce lo presenta trasfigurato dalla memoria e in una commistione di fantasia e vero. Un romanzo godibile, da lettura veloce e ininterrotta, dallo stile enfatico, e a volte, ampolloso, un romanzo d’evasione, ma mai banale: e forse, non è poco.
Marina
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