Che un poeta dichiari con timbro deflesso di non aver nulla da dire non è insolito dopo Montale. Colpisce che a farlo sia un tipo come Marino Moretti (Cesenatico 1885-1979).
L’autore romagnolo scrisse tutta la vita a ritmo indiavolato, spaziando tra poesia, novellistica, ritrattistica, romanzo, attività giornalistica, epistolari. Il robusto carteggio con Aldo Palazzeschi – il primo a credere in lui tanto da finanziare la pubblicazione della sua prima raccolta poetica -, copre il ventennio 1940-1962 ma è a senso unico. Moretti scrive, Palazzeschi risponde una tantum. È solo un esempio di una corrispondenza epistolare con personaggi di spicco davvero ponderosa.
Marino Moretti nacque a Cesenatico in provincia di Forlì il 18 luglio 1885 e, a parte il nomadismo nel capoluogo toscano, a Parigi o Bruges, è qui che rimasero il suo cuore e i suoi affetti, qui si spense il 6 luglio 1979. Non si sposò, fu legatissimo alle sorelle come si evince anche dagli scatti che li ritraggono insieme, dalle mie ricerche non emergono relazioni sentimentali.
Scrive in merito la Treccani:
La vita era sempre in un altrove, soprattutto a Parigi, dove avrebbe voluto liberamente vivere secondo un impulso dei sensi che allora non era dato neppure comunicare se non con sodali e affini con i quali vigeva un codice comunicativo.
Marino Moretti: la vita
La famiglia appartiene alla piccola borghesia: impiegato comunale il padre, maestra elementare la madre. Come spesso accadeva in passato nelle frazioni e nei piccoli centri, fu allievo di sua madre. Ai tempi Cesenatico non superava i tremila abitanti. Però è un alunno svogliato, in pellegrinaggio da una scuola all’altra interrompe gli studi superiori.
La sua formazione è quella di un autodidatta. Nei primi del Novecento a Firenze decide di frequentare la Regia Scuola di Recitazione diretta dal grande Luigi (Gigi) Rasi, attore, commediografo, maestro e innovatore di tecniche recitative, storico del teatro.
Moretti sogna di calcare le scene, ma prende una cantonata, tanto che il maestro gli assegna mansioni più prosaiche tra cui la compilazione del Dizionario dei comici italiani insieme a un manipolo di collaboratori.
Sapete con chi lavorò fianco a fianco in mezzo alle scartoffie della Biblioteca annessa alla scuola di recitazione? Con chi sognò la gloria del palcoscenico? Con il figlio del Vate, il docile Gabriellino, attore scadente schiacciato da un padre troppo ingombrante.
Però Firenze gli permette di conoscere Aldo Palazzeschi, con cui intreccia una fraterna amicizia, e di accostarsi alla vita culturale di una città che allora era un fuoco d’artificio. La raccolta poetica Poesie scritte col lapis pubblicata nel 1910 gli valse l’appellativo di “crepuscolare”, coniato da G.A.Borgese, che visse più come un vincolo che un riconoscimento. Collaborò per trent’anni col Corriere della Sera, a ridosso della Marcia su Roma firmò il manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce.
La poesia di Marino Moretti
Un cenno alla poesia, il versante più noto di quest’uomo umbratile e solitario. Da un lato mutua da Pascoli un linguaggio concretamente positivista, attento al dettaglio; dall’altro scarta l’enfasi di Carducci e D’Annunzio, i toni bombaroli futuristi e la sirena del classicismo. Di primo acchito il suo essere crepuscolare consiste nella predilezione per un linguaggio neutro, cronachistico, che azzera lo scarto tra lingua poetica e lingua della comunicazione di cui A Cesena è il manifesto.
Indifferente alla modernità, sceglie però il verso libero che ne fu bandiera. Infatti tutte le forme di versificazione che a partire dalla fine dell’Ottocento scardinano le strutture chiuse prendono il nome di verso libero. Questo tipo di versificazione, impiegata nell’area simbolista francese, trovò un brillante teorico in Gustave Kahn, autore de Les palais nomades.
Pochi sanno che Marino Moretti scrisse numerosi romanzi popolati da una schiera di figure senza colore e dal cuore semplice. Ricordiamo I puri di cuore del 1923 e La vedova Fioravanti del 1941, tutti reperibili nel circuito dell’usato che meritano più di un’occhiata aneddotica.
La scelta dello pseudonimo “Aliosha” la dice lunga sulla proiezione letteraria di sé che, per molti, Marino Moretti, indossò tutta la vita. Chi è Aliosha? Uno dei Fratelli Karamazov di Dostoevskij. Il più giovane e bello.
L’eroe del romanzo.
Possiede una fede salda, non conosce il dubbio.
Ama il prossimo che capisce senza giudicare. Ha fiducia nel genere umano.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Marino Moretti: vita e opere del poeta crepuscolare
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