Dissero che il suo difetto fosse quello di apparire troppo “gentiluomo”, per questo motivo fu trascurato dalla critica. In realtà non “appariva”, era un gentiluomo.
Il 17 novembre 1906 nasceva a Torino, in un’antica e agiata famiglia piemontese, Mario Soldati. Raggiunse l’apice del successo nella prima metà del Novecento come regista cinematografico, ma di recente è stato riscoperto come uno dei nostri maggiori scrittori del Dopoguerra.
Vinse il Premio Strega nel 1954 con il romanzo Le lettere da Capri, edito da Garzanti.
Chi era Mario Soldati
Le foto d’epoca ce lo restituiscono alto, slanciato, con una posa un po’ dandy; sembrava un attore, con il sigaro in bocca e lo sguardo sfuggente alla John Wayne, ma è soprattutto nelle sue pagine che dobbiamo ricercare Mario Soldati, scrittore inquieto e malinconico, che ci ha donato uno dei più commoventi ritratti dell’American dream, visto con gli occhi di un italiano, nel capolavoro America primo amore (prima edizione Bemporad, 1935).
In vita fu apprezzato dal pubblico e da altri grandi scrittori a lui contemporanei - da Pasolini a Bassani a Sciascia - ma la critica ancora era votata alla “letteratura pura”, che non poteva essere contaminata dalle altre arti, e dunque non portò agli onori della fama lo “scrittore-cineasta”, che inoltre aveva il “difetto” d’essere gentiluomo e di trovarsi così perfettamente a proprio agio nel bel mondo.
La scrittura di Soldati è stata quindi consegnata a un immeritato oblio, almeno fino ai tempi più recenti in cui, a partire dal centenario dalla nascita nel 2006, è stata meritatamente riscoperta, valorizzata da una ristampa nella collana Oscar Mondadori e, soprattutto, studiata nelle università.
Il cinema di Soldati era contaminato di letteratura - il suo capolavoro fu Piccolo mondo antico (1940), tratto dal romanzo di Antonio Fogazzaro - ma anche la sua letteratura fu contaminata da uno sguardo cinematografico. Mario Soldati non credeva nei libri come “forma di evasione dalla vita” ma, come tutti i letterati veri, riconosceva in essi uno “strumento per guardare più a fondo la vita, mezzo per vivere di più”.
Oggi la figura dello scrittore ha in parte sostituito quella del regista che è invece sfumato sullo sfondo, come un personaggio appartenente all’epoca del bianco e nero e di un cinema bello e “invisibile”, di maniera, che ormai non si fa più.
Sulla sua figura si riverbera la stessa aura di ineffabile malinconia che caratterizza le pagine più belle di America primo amore, il libro autobiografico che si faceva testimonianza del suo “sogno americano” e narrava la favola bella, ma al contempo nostalgica, di un giovane che al termine del viaggio diventa un adulto più maturo e disilluso.
Sarebbe, comunque, sempre rimasto un “gentiluomo”, perché, come scrive in quelle stesse intense pagine:
Certo la cultura è studio, applicazione, informazione: ma è, prima ancora, disposizione naturale, gentilezza dell’animo.
Scopriamo 5 curiosità letterarie su Mario Soldati e, va da sé, i motivi per cui è importante leggere le opere di questo scrittore votato al cinema.
5 curiosità letterarie su Mario Soldati
- 1. Si laureò in Storia dell’arte con Lionello Venturi
Sorpresa, Mario Soldati non si laureò in Lettere con una tesi in letteratura e neppure in teatro o drammaturgia, ma con una tesi in Storia dell’arte dedicata all’opera del pittore cinquecentesco Boccaccio Boccaccino. Il suo relatore fu uno dei maggiori esperti e critici d’arte italiani, Lionello Venturi (1885-1961).
Il giovane Soldati si laureò all’università di Torino nel 1927, due anni dopo avrebbe pubblicato la prima raccolta di racconti Salmace (1929), che fu elogiata dal critico Giuseppe Antonio Borgese che paragonava l’autore, giovanissimo, ad André Gide. In seguito il critico Cesare Garboli avrebbe riconosciuto in quel testo d’esordio una visione lucida e disincantata della società, pari a Gli indifferenti di Moravia.
Il destino di Mario Soldati tuttavia, al principio non sembrava essere propriamente quello di scrittore: nel 1929 avrebbe vinto una borsa di studio per insegnare Storia dell’arte italiana a New York presso la prestigiosa Columbia University. E così sarebbe partito alla volta dell’America.
- 2. “America primo amore”, il capolavoro letterario
“Ero partito per l’America con l’intenzione di restarci (...) di diventare americano a tutti gli effetti”, così scrive Soldati nel suo libro più bello e autobiografico America primo amore, pubblicato da Bemporad nel 1935 e in seguito riedito da Garzanti.
L’America per un giovane che fuggiva alle restrizioni dell’Italia fascista, nel 1929, era un sogno di libertà. Ci si può addirittura “ammalare d’America”, avvertiva Mario Soldati nel suo intenso memoir che combina testimonianza e reportage, saggio e narrazione diaristica. Il libro si concludeva con un capitolo dal titolo “Lontananza”, un racconto meraviglioso di disillusione e incanto che segna anche la “fine della giovinezza”. Completati i semestri della borsa di studio, il giovane Soldati si ritrova disoccupato: si arrabatta alla meglio con diversi lavoretti, collaborando a distanza con un quotidiano di Genova, ma il suo tentativo di inserirsi negli Stati Uniti e diventare “cittadino americano” non va a buon fine. America primo amore è la narrazione nostalgica dell’incontro tra due giovinezze - quella di Soldati e l’eterna giovinezza del Nuovo Continente - e di una forte delusione, evocata sin dal titolo, che esprime il paragone tra “l’America e il primo amore”, poiché “il primo viaggio e il primo amore son due malattie che si somigliano”. Nel 1931 Soldati sarebbe partito a bordo del piroscafo Ida, avrebbe lasciato l’America tornando in patria, per non tornarci mai più come “cittadino” ma solo saltuariamente in compagnia della moglie americana Marion.
- 3. Il film “Piccolo mondo antico”, tratto dal romanzo di Fogazzaro
Nel 1941 Soldati raggiunse il successo come regista cinematografico grazie alla trasposizione di Piccolo mondo antico di Antonio Fogazzaro. Era la prima volta che un romanzo italiano veniva portato sul grande schermo in uno straordinario esempio di “cinema narrativo”. Protagonista era l’attrice Alida Valli nel ruolo di Luisa e l’esordiente Massimo Serato nei panni di Franco Maironi. Le riprese del film iniziarono nel 1940 nella stessa località in cui era ambientato il romanzo, Oria Valsolda, sulla sponda italiana del Lago di Lugano e furono concluse negli stabilimenti Fert di Torino. Soldati confessò di aver letto il libro di Fogazzaro in una notte intera e di esserne rimasto profondamente commosso. Forse anche per questo riuscì nell’impresa, difficilissima, di dare una narrazione visiva a un’immaginazione letteraria.
L’anno successivo, nel 1942, Mario Soldati avrebbe portato sullo schermo un altro romanzo di Fogazzaro, l’oscuro e gotico Malombra, con protagonista Isa Miranda; ma Soldati rimpianse sempre l’assenza di Alida Valli, che per motivi contrattuali non poté partecipare, affermando che con lei il film sarebbe stato il suo autentico capolavoro.
- 4. Il film “La provinciale”, tratto dal romanzo di Moravia
Nel 1956 Soldati, ormai affermato regista, sarebbe tornato ad adattare un’opera letteraria: stavolta si trattava di La provinciale, un racconto di Alberto Moravia inserito nella raccolta L’imbroglio (1937). La sceneggiatura era a cura di un altro grande nome della nostra letteratura, Giorgio Bassani, che fa risplendere questo connubio tra letteratura e cinema. Nel ruolo della protagonista, Gemma, c’era una giovane Gina Lollobrigida. Il film, un melodramma sentimentale, fu presentato alla sesta edizione del Festival di Cannes.
Il romanzo di Moravia non era considerato un capolavoro, ma il film di Soldati lo superò. Jean Cocteau in seguito lodò l’ingegno e l’abilità di colui che definì un narratore cinematografico dotato di “una maestria davanti alla quale ci si inchina”.
Fu un altro esempio magistrale di letteratura adattata al cinema, in seguito Mario Soldati dichiarò:
Considero “La provinciale” l’unico vero film che ho fatto. È un soggetto di Moravia, ma l’ho rielaborato completamente insieme a Bassani.
La provinciale oggi è considerato dalla critica uno dei gioielli della regia di Mario Soldati, oltre che uno dei più belli adattamenti moraviani.
- 5. La vittoria del Premio Strega con “Le lettere da Capri” (1954)
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Al narratore cinematografico, com’era stato definito Soldati, non mancò la consacrazione letteraria. Nel 1954 vinse il Premio Strega, il maggior riconoscimento letterario italiano, grazie al romanzo Le lettere da Capri, all’epoca edito da Garzanti ora di nuovo in libreria grazie a Bompiani, considerato l’opera della sua maturità.
Il libro era una storia d’amore e gelosia che poneva al centro della trama un tradimento. Jane confessa al marito, Harry, di averlo tradito; ma lui ha sempre amato Dora, o meglio Dorotea, una prostituta pugliese che vive a Roma. L’amore coniugale e l’amore carnale appaiono drammaticamente scissi e il matrimonio non è che una superficiale facciata di perbenismo sociale sotto la quale si nasconde l’inferno.
Le “lettere da Capri” che danno il titolo al libro sono quelle che Jane ha scritto all’amante, la prova inconfutabile del tradimento.
In questo libro Mario Soldati rivelava tutta la propria prodigiosa abilità nel creare intrecci, oltre alla sua grande dote affabulatoria e di introspezione psicologica.
Del resto, sarebbe sempre rimasto un “regista con la macchina da scrivere”. Ma forse ora è tempo di riscoprire il talento dello scrittore, così poco indagato dalla critica letteraria, oltre che quello del Soldati regista.
A lui va dato il merito di essere stato il primo a dimostrarci che le narrazioni si contaminano e che “cinema e letteratura” possono essere modalità espressive di un’unica storia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Mario Soldati: 5 curiosità letterarie sullo scrittore-regista che vinse il Premio Strega
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