Protagonista indiscusso del Rinascimento fiorentino, Marsilio Ficino nella sua vita fu organizzatore culturale e traduttore, oltre che filosofo in cui confluiscono motivi della sapienza greca e orientale, temi cristiani ed elementi neoplatonici.
L’azione culturale di Marsilio Ficino si concretizza nella direzione e nell’organizzazione dell’Accademia Platonica, attraverso la quale promosse un recupero del pensiero platonico e neoplatonico che aveva come fine quello di giustificare razionalmente la superiore dignità dell’uomo, che tutti gli umanisti declamavano.
Erede dell’Umanesimo, Marsilio Ficino tradusse molte opere della tradizione platonica; si fece sacerdote e coniugò, nella sua filosofia elementi neoplatonici e cristiani e fu, infine, mago.
La vita e le opere di Marsilio Ficino
Marsilio Ficino (19 ottobre 1433 – 3 ottobre 1499) vide la luce a Figline Valdarno, nei pressi di Firenze dove operò per tutta la sua vita, soprattutto come letterato-cortigiano al servizio di Cosimo il Vecchio de’ Medici che, nel 1462, gli fece dono di una villa nei pressi di Careggi, dove sorse l’Accademia platonica.
Come traduttore proseguì l’opera già avviata da Leonardo Bruni e realizzò versioni in latino del Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto, degli Inni di Orfeo e dei Commentari a Zoroastro. Oltre ad alcune opere di Platone, concentrò poi la sua attenzione sulle Enneadi di Plotino e su opere di Porfirio, Giamblico e Proclo, offrì così traduzioni dell’intera tradizione platonica.
Cristiano fervente, nel 1474 fu ordinato sacerdote e anche nella sua opera è evidente il tentativo di conciliare la dottrina cristiana con il Neoplatonismo. Marsilio Ficino, però, fu anche mago, un’attività, quest’ultima, che nel suo pensiero era collaterale, e non antitetica, a quella di sacerdote, dal momento che anche nei Vangeli i magi sono i primi adoratori di Cristo e con la loro sapienza hanno il compito di riconnettere le cose terrene a quelle celesti, il basso con l’alto.
La sua opera principale è sicuramente la Teologia platonica (1482), dove emerge la sua visione filosofica. Nel De vita (1489), invece, Ficino presenta le sue dottrine magiche.
Cos’era l’Accademia platonica
L’Accademia Platonica non fu una scuola organizzata ma, piuttosto, un cenacolo di dotti e di ammiratori della filosofia platonica, che, sotto la direzione di Marsilio Ficino, aveva l’obiettivo tutto umanistico di recuperare i testi classici greci di Platone e dei suoi vari interpreti ed epigoni, e in particolare il loro versante religioso, ma anche di elaborare un pensiero che elevasse l’uomo al di sopra di tutte le creature, in virtù di quella speciale dignità che anche Pico della Mirandola, negli stessi anni, celebrava.
Il recupero dei testi classici greci, però, non inizia con l’Accademia platonica ma trova in essa un centro di propulsione. La chiamata di Emanuele Crisolora a Firenze, per insegnare greco; il concilio di Ferrara e Firenze, tenutosi nel 1439, e la fuga dei dotti bizantini da Costantinopoli caduta nelle mani dei turchi ottomani nel 1453, sono i precedenti più importanti dell’operazione culturale compiuta da Ficino e dall’Accademia.
A proposito dei testi arrivati in Italia da Bisanzio occorre poi notare che non si tratta dell’originale dettato di Platone ma di testi alterati dalla tradizione platonica successiva e talvolta piegati a esigenze cristiane.
L’opera di Ficino, sicuramente meritoria per quanto riguarda le traduzioni (egli mise, ad esempio, a disposizione dei dotti di tutta Europa la Repubblica), fallisce l’obiettivo di un autentico recupero di Platone: il nostro filosofo, infatti, fu sempre convinto che le dottrine platoniche derivassero da una sapienza più antica, che trovava la sua origine in Mosè e accomunava il mondo cristiano e quello pagano, e credette che testi come quelli di Ermete, di Orfeo e di Zoroastro fossero precedenti e quindi avessero influenzato quelli platonici (mentre studi successivi hanno dimostrato il contrario).
Il pensiero filosofico di Marsilio Ficino
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Muovendo da un retroterra cristiano, nella Teologia platonica Ficino presenta un pensiero di stampo neoplatonico, interessato a valorizzare soprattutto quegli elementi della filosofia di Platone utili a spiegare come l’anima umana possa riconnettersi al mondo delle idee o, meglio, ricongiungersi a Dio.
L’originalità di quest’opera risiede, innanzitutto in una nuova concezione della filosofia come rivelazione. La filosofia, che in questa accezione coincide con la religione, è illuminazione ed essa deve operare affinché l’intelletto possa accoglie la luce divina. Ciò è possibile perché, secondo Ficino, tanto gli esponenti della sapienza orientale (Ermete Trismegisto, Orfeo, Zoroastro) che i primi filosofi (Pitagora e Platone) sono stati “illuminati”, hanno cioè colto una medesima verità che coincide con il Logos e con la parola divina, sono stati protagonisti di una rivelazione che solo con la figura di Cristo può dirsi compiutamente realizzata.
La Teologia platonica è, allora, il tentativo (replicato pochi decenni dopo anche da Giordano Bruno) di elaborare una religione dei dotti che accordi la sapienza orientale, il pensiero platonico e neoplatonico e il messaggio evangelico, come manifestazioni diverse di un’unica e più originaria sapienza.
Nella sua opera, però, Marsilio Ficino ha anche l’obiettivo di dimostrare l’immortalità dell’anima, con un argomentazione razionale. Per questo propone, come già aveva fatto Plotino, una struttura gerarchica della realtà, che si compone di cinque gradi. In un ordine decrescente troviamo:
↓ | ↑ | |
---|---|---|
1 | Dio | 5 |
2 | l’angelo | 4 |
3 | l’anima | 3 |
4 | le qualità (ossia le forme, aristotelicamente intese, che determinano e definiscono le realtà corporee, facendole essere ciò che sono) | 2 |
5 | i corpi (ovvero la materia di cui si compone ogni ente di natura fisica e corporea) | 1 |
Ovviamente tale gerarchia può essere intesa, e deve essere considerata, anche in senso inverso: come già Plotino aveva parlato di ritorno all’Uno, anche Ficino considera l’ascesa del corpo a Dio, oltre che il percorso che da Dio, inteso come principio metafisico unitario, porta alla molteplicità dei corpi. In entrambi i casi Ficino nota che l’anima è essenza media, assume una posizione intermedia in questa struttura gerarchica della realtà ed è copula mundi, è cioè l’elemento che unisce, annoda i gradi più bassi della realtà con quelli più elevati e spirituali, per questo Marsilio Ficino la definisce anche come nodo vivente della creazione.
L’anima, dunque, oltre a essere immortale e infinita, come già affermava la tradizione cristiana ha una funzione mediatrice: ha le caratteristiche dei gradi superiori e vivifica i gradi inferiori,
“È essa che si inserisce fra le cose mortali senz’essere mortale, perché s’inserisce integra e non spartita, e così anche integra e non dispersa se ne ritrae. E poiché mentre regge i corpi, aderisce anche al divino, è signora dei corpi, e non compagna”
L’amore platonico in Marsilio Ficino e nel Rinascimento
L’azione di mediazione propria dell’anima è possibile grazie all’amore, inteso platonicamente come tensione verso Dio, come forza che vivifica l’anima stessa e che, allo stesso tempo, unisce tutte le diverse parti della realtà in una unità armonica.
È grazie a questo particolare amore che l’universo esce dal caos, che la materia può organizzarsi acquisendo un ordine e tendendo a Dio e alla perfezione. Specularmente è sempre grazie all’ordine che Dio si cura della realtà materiale, vivificandola e ordinandola.
Rispetto al Neoplatonismo greco, c’è in Marsilio Ficino un’innovazione degna di nota: al centro di tutto egli pone l’anima e, pur ammettendo un’anima del mondo e un’anima delle sfere celesti, si riferisce soprattutto all’anima razionale, all’anima dell’uomo, come a dire che l’uomo, che pure deve tendere a Dio, è al centro dell’universo. È un tema che contrassegna tutto il Rinascimento e che si ritrova, con accenti diversi, in Pico della Mirandola e in Erasmo da Rotterdam.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Marsilio Ficino, il filosofo che riscoprì i classici greci
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