Mary Lavelle
- Autore: Kate O’Brien
- Genere: Romanzi d’amore
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Fazi
- Anno di pubblicazione: 2016
Fazi, nella Collana Le Strade, riedita “Mary Lavelle” (2016, traduzione di Antonella Sarti), considerato il capolavoro di Kate O’Brien (Limerick, 3 dicembre 1897 - Canterbury, 13 agosto 1974), pubblicato a Dublino nel 1936 e subito censurato perché ritenuto immorale.
Giornalista, scrittrice, drammaturga, Kate O’Brien, orfana di madre a soli 5 anni, educata al Laurel Hill Convent, è universalmente riconosciuta come una delle autrici irlandesi più importanti del Novecento. Nel
“romanzo d’amore superiore, intelligente e di largo respiro, appassionante, non convenzionale”
per il Times Literary Supplement, Kate O’Brien tratta in maniera esplicita e moderna un argomento allora considerato tabù: l’omosessualità femminile. Indagando nella complessa psicologia di Mary Lavelle, l’autrice dipinge il nitido ritratto di una donna coraggiosa la cui anima sensibile è divisa tra un amore impossibile e la sua forte coscienza cattolica.
Nel 1922 in una Spagna “caliente” di passione, infuocata come il drappo rosso che nell’arena il toreador sventola provocatore davanti al toro, era sbarcata una giovane istitutrice. La destinazione di Mary Lavelle proveniente da Mellick, in Irlanda, era Casa Pilár, a Cabantes piccolo villaggio di pescatori diventato di moda da quando vi soggiornavano alcune persone facoltose, che consideravano la vicina Altorno troppo rumorosa. L’avventurosa Mary persona umile ma aperta all’amicizia, “con delle radici e discretamente compiaciuta di sé”, aveva varcato i Pirenei con il suo modesto bauletto lasciando a casa John MacCurtain, suo fidanzato, per fare da governante e istitutrice alle tre sorelle Areavaga, Pilár, Nieves e Milagros. Andare in Spagna, vivere da sola per una breve parentesi, quindi
“smettere di essere figlia prima di diventare moglie”.
Mary stava ancora in Irlanda e già vagheggiava l’indipendenza, quell’idea di non appartenere a nessun luogo, né famiglia né persona. Infatti, la ventiduenne Miss Mary aveva scelto la professione d’istitutrice perché non certo la sua intelligenza, ma le sue antenne percettive le dicevano che tale occupazione l’avrebbe lasciata libera di esprimere la sua personalità. La ragazza non si aspettava avventure selvagge, e del resto neanche le cercava. Quella in terra spagnola era già, per il suo carattere semplice, una folle avventura. Sei settimane prima Mary si rendeva a malapena conto dell’esistenza della città di Altorno e la Spagna le era apparsa lontana quanto le montagne della luna.
“So che è venuta da molto lontano, signorina. Si troverà bene nel nostro paese, vedrà”.
Mary Lavelle non poteva certo immaginare che l’impiego nella Penisola Iberica avrebbe cambiato per sempre il corso della sua esistenza.
“Rimasero a guardarsi negli occhi, immobili, e da quello sguardo, insieme al dolore che segue il risveglio da un’anestesia, giunse a entrambi la forza”.
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