Classe 1950, nato a Balsega di Pinè, Mauro Corona è ormai scultore, alpinista e scrittore di grande fama. Ben conosciuto dal pubblico di La7 per le interviste rilasciate a Daria Bignardi durante il corso de "Le invasioni barbariche", Corona è l’autore di numerosi successi letterari, a partire da "Nel legno e nella pietra", passando per "Vajont: quelli del dopo" e arrivando a "Storia di Neve". Il filo conduttore che lega saldamente non solo le opere di Corona tra di loro, ma che avvinghia ancora di più Mauro ai suoi libri, è Erto e l’indimenticabile tragedia del Vajont.
Potremmo prendere tre fra i suoi libri più ironici, vivaci e dolorosi al tempo stesso, "Aspro e dolce" (Mondadori, 2004), "I fantasmi di pietra" (Mondadori, 2006) e "La voce degli uomini freddi" (Mondadori, Finalista al Premio Campiello 2014, 2013) per riuscire ad assaporare, nonostante siano testi temporalmente lontani, la continuità del ricordo di una sofferenza e di una gioia che albergano in Mauro Corona da sessant’anni.
Lo scrittore trentino, a ormai 51 anni dalla tragedia del Vajont, che alle 22.39 del 9 ottobre 1963 distrusse non solo Erto, ma anche le località di Longarone, San Martino, per un totale di 1917 morti, continua a regalarci il resoconto di una realtà che sembra persa, ma che rivive costantemente grazie alla memoria e al racconto della vita di Mauro. Se ne "La voce degli uomini freddi" proprio la memoria, così come la scrittura, hanno un ruolo fondamentale per poter trasmettere ai giovani l’interesse per un’indagine più approfondita di ciò che siamo stati e di quel che ha fatto sì che diventassimo quel che siamo oggi, in "Aspro e dolce", biografia romanzata dell’autore, sullo sfondo di una immancabile Natura, madre benigna e matrigna al contempo per gli uomini, che sono preda dei vizi e del vino, elemento tanto amato e tanto odiato, riaffiora, instancabile, l’epopea di Erto. Allo stesso modo "I fantasmi di pietra" sono proprio quelli che abitano la cittadina di Erto, ormai abbandonata e silenziosa, e che riprendono vita proprio grazie a Corona, che, passeggiando, mani in tasca, tra le vie di questo paese, assorbe le voci ovattate di una popolazione che non ha più vita, ma che la vita l’ha attraversata e la disperde tuttora nell’aria.
"Ogni volta che penso a Erto, il mio vecchio paese, quello abbandonato dopo il Vajont, con le vetuste case una attaccata all’altra e le vie di acciottolato buie e strette, la memoria va verso l’inverno. Il primo ricordo è il tempo degli inverni, la memoria è quella della neve".
Questo, che è l’incipit de "I fantasmi di pietra", potrebbe essere tranquillamente annoverato tra le riflessioni contenute ne "La voce degli uomini freddi":
"Quella gente viveva come la neve: lieve e silenziosa, senza aggrapparsi alle cose terrene, ma scivolando via da esse come la neve dai mughi nel tempo del disgelo".
La neve, l’inverno, il freddo, Erto, il Vajont, i fantasmi, la Natura, il vino, la memoria: questi sono gli elementi che fungono da collante per tutte le opere di Mauro Corona.
Pur non parlandone esplicitamente, anche ne "La voce degli uomini freddi" emerge, doloroso boato che si insinua tra le righe del romanzo, il ricordo della tragedia: "Il ricordo più nitido ė l’enorme boato che precedette e accompagnò l’onda assassina." - ricorda lo scrittore trentino in una intervista del settembre 2013 - "Nel nostro caso si rovesciarono 300 milioni di metri cubi di montagna nel lago sottostante".
Mauro Corona, appena tredicenne, ricorda perfettamente la sera del disastro. L’alba portò con sé gli occhi lattiginosi della tragedia immane: "Nel frattempo un compaesano" - continua Corona - "scese a controllare cosa fosse successo. "Non vedo le case di San Martino" annuncio, in lacrime, (...) "ma soprattutto" disse "non riesco più a scorgere le luci di Longarone".
Grazie al coraggio di un uomo che ha voluto mettere per iscritto non solo i passi salienti del terribile episodio che nel ’63 costrinse lui, come tutti gli abitanti del posto, ad abbandonare Erto e i dintorni colpiti dalla frana e dall’acqua, ma che ci ha anche fatto dono del racconto di una vita spesa all’insegna della naturalità e dell’onestà, con tutte le gioie, i dolori, le sofferenze, le "tribolazioni" e gli errori del caso, abbiamo oggi la possibilità di leggere tutto questo racchiuso nell’entusiasmante testo edito da Chiarelettere: "Confessioni ultime. Una meditazione sulla vita, la natura, il silenzio, la libertà", di cui dal 16 ottobre uscirà in libreria la ristampa.
Da un’intervista a Calimani e Pietro Bon del 2006:
"Io nasco ogni mattina e decido cosa sono. Non sono affidabilissimo, non ho costanza. Adesso ho il pallino dei libri, ma sono sicuro che non durerà".
Per fortuna non è stato così.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Mauro Corona, da “Aspro e dolce” a “Confessioni ultime”: il racconto di una vita tra Erto, Vajont e Natura
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