"L’infanzia è la chiave della vita".
Con questa espressione, breve ma efficace, Mauro Corona trascina il pubblico del 28° Salone Internazionale del Libro di Torino nelle impervie vie che conducono alla montagna, la sua più cara amica, il suo più ostico guerriero.
Lo scorso 17 maggio, presso l’Auditorium del Lingotto Fiere, in compagnia del critico cinematografico e drammaturgo Gian Luca Favetto, Corona ha presentato il suo ultimo lavoro I misteri della montagna (Mondadori, 2015, pp. 235). La montagna e la natura tutta, da sempre, sono i personaggi base dei romanzi dello scrittore di Erto, che impregna i testi della magia della semplicità.
Il protagonista di questo lungo racconto cerca la vita sulla montagna, la quale decide di parlare con lui e attraverso di lui: vengono qui riscoperti i cinque sensi, la vista l’olfatto l’udito il tatto e il gusto, e poi emerge, chiaro e limpido, il senso sesto, la percezione. La montagna cela questo senso, che la porterà inevitabilmente alla tristezza del degrado assicurato: è un romanzo molto simile agli altri e tuttavia profondamente diverso, più ampio e certamente più polemico, a tratti. Feroce è l’attacco ai politicanti, viva l’indignazione nei confronti delle terre di montagna più povere, lasciate a se stesse, dove chiudono gli uffici postali e dove le strade sono solo flebili tracce in cui far passare le slitte che trascinano i morti a valle.
Il grande mistero della montagna, e quindi della vita, diventa in questo libro una ricerca interiore, che porta il protagonista a scoperchiare la propria memoria, per riappropriarsi di quell’infanzia che sembra perduta per sempre.
"Questo è il mio libro più caro" afferma Mauro Corona " perché sono tornato alla partenza, a quando ero bambino, al tempo in cui l’unico giocattolo esistente era la montagna". Era un’esistenza di entusiasmi, di magie, di superstizioni, eppure così ferocemente agganciata alla realtà: la voglia di far rivivere tutto quello che il ragazzino di allora credeva di aver smarrito prende forma in questo romanzo, che diventa quasi una medicina per la vecchiaia che si affaccia ai ricordi della gioventù. È il Realismo Magico, come lo definisce Corona stesso, la panacea di tutti i mali, quel viaggio a ritroso, silenzioso, discreto e tuttavia mai scontato, che serve per tornare ad impossessarsi dell’Infanzia Visionaria, che permetterà all’uomo di aprire il vaso di Pandora senza colpo ferire, con naturalezza e sana curiosità, svuotato della paura della morte. Perché ciò che più atterrisce e a cui non c’è rimedio alcuno, non è la morte, ma la certezza di aver vissuto senza entusiasmo.
Entusiasmo: ecco la parola che apre il lucchetto della letteratura di Mauro Corona. La guida che accompagna il protagonista del romanzo, ormai ultra sessantenne, attraverso il mistero dell’esistenza, è proprio lui, l’entusiasmo, portavoce di una montagna che mette l’individuo di fronte a se stesso e lo costringe a guardare in faccia la realtà. La ricerca affannosa dell’uomo sfocerà in una soluzione tanto semplice quanto complessa: tutto ciò che il protagonista si ingegnava a cercare era, in verità, tra le sue mani, sotto i suoi piedi, di fronte ai suoi occhi ciechi.
È un Corona maturo e bambino quello che ha parlato al pubblico del Salone, un Corona che, giunto all’età di 65 anni, ha voluto raccontarsi in modo intimo e schietto: ha voluto ripescare l’anima rovistando nella memoria, perché l’essenza del suo Io, e di quello che è stato vivere in mezzo alle montagne, avrebbe potuto ricostruirlo solo ridipingendo i ricordi di un tempo. "E allora io sono tornato alla base della mia montagna, quando tutto era fuoco e vento, e mi sono incamminato per fare questo percorso da capo".
La Natura avvinghia l’uomo a sé, così come è stato per romanzi sulla scia di Aspro e dolce, I fantasmi di pietra, La voce degli uomini freddi (per citarne alcuni), e riesce ad attirarlo nelle sue spire perché l’uomo stesso è parte integrante della Natura: dall’insegnamento di un nonno analfabeta - ricorda Corona - si dipana la convinzione che l’individuo è come un albero, ed in quanto tale può essere bello, brutto, melanconico, nobile, maestoso o vecchio. Ed emarginato, anche. "Gli alberi sono come noi, e noi siamo come gli alberi, così come lo sono i fiori, perché la Natura ci somiglia in modo spaventoso".
È un Corona che vuole vivere di sogni, perché la realtà nuda e cruda è terribile e alienante, è un Corona che si apre al cuore e alla fantasia dei suoi lettori, un Corona che scalpita dietro il velo degli anni che passano e che prova, con la solita instancabile maestrìa, a recuperare la gioia dell’esistenza attraverso la sua scrittura.
La vita viene rovinata dal voler sapere a tutti i costi, il mondo inacerbisce con le nostre indagini a piede libero, perché l’uomo non sa attendere il richiamo naturale della terra, che parlerà sempre e solo al momento opportuno. Non bisogna chiedere, non bisogna procedere con affanno, non bisogna arraffare, abbrancare, costringere: qualsiasi cosa stiamo cercando inevitabilmente fuggirà via. "Siamo fragili e tormentati, poveri diavoli curiosi di accelerare il ritmo della vita".
L’entusiasmo, di certo, non è mancato nel corso del lungo incontro con l’autore, il quale si è soffermato per la firma delle copie de I misteri della montagna.
Un successo già previsto, eppure sempre nuovo, proprio come i suoi libri.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Mauro Corona racconta “I misteri della montagna” al Salone del libro 2015
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