Memorie di guerra
- Autore: Orazio Ferrara
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2013
Sarnesi in guerra nel Novecento, testimonianze, diari e lettere di italiani con le stellette: un fante, un tenente dell’artiglieria pesante, un artigliere contraereo, un disperso in Russia, un marinaio e un sergente pilota. Sono originari del Salernitano i testimoni di questo libro, pieno di verità sulla storia dei semplici e ricco di immagini in bianco e nero dei due conflitti mondiali. “Memorie di guerra”, edito da IBN Roma, nel 2013 (pp. 176, euro 16,00) è un altro impeccabile prodotto dell’autore di una sconfinata pubblicista storica, il saggista e scrittore Orazio Ferrara. Nato a Pantelleria nel 1948, risiede in un comune in provincia di Salerno, confinante con l’area vesuviana e partenopea, Sarno, di cui ha diretto la biblioteca municipale, accedendo in tal modo anche a testi dai quali ha tratto questo lavoro.
Le stellette le portavano tutti i maschi delle classi di leva chiamati o richiamati nel 1915-18 (nati tra il 1874 e il 1899) e nel 1940-43 (nati tra il 1899 e il 1924). Le indossavano anche i volontari, ch’erano perfino più giovani e qualcuno più anziano. Non esibivano quel simbolo dell’appartenenza a una forza armata solo gli imboscati, figura esecrata dai militari di ogni tempo. Per chiunque mastichi un minimo di letteratura bellica dell’ultimo secolo (e in definitiva anche della naja, fino al superamento della leva obbligatoria nei primi del Duemila) quella degli imboscati è una fauna odiata e vituperata, in pace e ancor più in tempo di guerra.
Di loro parla con accanimento, non a caso, il sottotenente Pietro Abignente, nato a Udine, ma di antica e nobile famiglia sarnese (tale si considerava di cuore e di sangue). Per chi era al fronte, imboscato diventava finanche il militare addetto a servizi di retrovia. Ufficiale di una sezione di bombarde - grandi obici che lanciavano proiettili destinati a distruggere reticolati e trincee – considera con amarezza la bella vita che conducono i pescecani che
“concludono mercati sulla pelle di chi combatte”.
Dal treno che lo conduce in licenza natalizia, nel dicembre 1917, osserva la differenza stridente dei panni logori dei combattenti, ingialliti dalle folate di gas ed esplosivi, rispetto alle divise eleganti degli imboscati e alle vesti femminili succinte.
Quella testimoniata dai combattenti di cui Orazio Ferrara propone testi, memorie e lettere è la guerra dei semplici, appunto, come un umile fante della Catanzaro, brigata tanto decorata quanto duramente punita nel primo conflitto mondiale. Nonostante le medaglie d’oro concesse alla bandiera di combattimento per l’eroismo dei suoi uomini in battaglie decisive, il reparto si rese protagonista di un raro episodio di rivolta militare, a Santa Maria La Longa, represso pesantemente dai comandi, con la decimazione, la fucilazione di 28 soldati il 28 luglio 1917, sorteggiati a caso uno ogni dieci.
A quell’evento infausto non aveva partecipato, perché già recluso in campo di concentramento austriaco, il fante del 142° Reggimento Orazio Giordano, classe 1895 poi diarista e autore di ricordi del periodo bellico, più volte ripubblicati fino al 1957. Esemplare, nelle sue memorie, l’episodio delle granate da 305 mm, vagoni volanti sparati da Trieste. Cadevano una ogni mezz’ora, ma non detonavano tutte, per la gioia dei “bersagli”. L’ottava colpì la trincea e
“la scena si cambiò in disperante dolore”
tredici caduti
“per l’infernale scoppio, il resto più grosso del loro corpo una mano, un piede”.
Dopo un intermezzo dedicato ai caduti di Sarno nel ’15-‘18, alle lettere dal fronte del tenente Peppino Napoli di Baronissi (Salerno) e all’impresa fiumana del 1919-20, tocca a sarnesi più giovani, che hanno combattuto nella seconda guerra mondiale.
Dalle sabbie del deserto libico alle nevi russe, dagli agguati in mare ai pericoli in volo. È il fango il nemico che tormenta la marcia di uomini e mezzi in Russia, nei brevi appunti di un sergente ventunenne dell’artiglieria contraerea. Silvio Gatti tornò indenne dall’inferno della steppa, non altrettanto il trentenne Salvatore Liguori, disperso nel gelo durante la tragica ritirata dell’ARMIR. Era un artigliere aggregato alle truppe alpine, non se ne seppe più niente dopo il 26 gennaio 1943. Non è tornato dai suoi bambini, non ha rivisto la piccola Concettina, l’angelo che salutava nelle sue lettere a casa. Non ha riabbracciato la moglie Assuntina, che aveva sempre rispettato anche tanto lontano: le russe sono sensibili agli italiani, le scriveva, ma lui niente, fedele.
Tra le immagini riprodotte nelle pagine di “Memorie di guerra” ci sono anche copie delle lettere manoscritte con la grafia ordinata di un giovanissimo sarnese, un ragazzino del 1924, volontario nella Regia Marina. Era cannoniere a bordo di un bel cacciatorpediniere e condivise la cattiva sorte della nave e degli altri 172 uomini dell’equipaggio. Il Gioberti, silurato da un sommergibile inglese il 9 agosto 1943, fu per loro sfortuna l’ultima unità navale italiana affondata dagli Alleati.
Infine, protagonista di “Memorie di guerra” è anche un pilota da caccia, l’allora sergente maggiore Erminio Crescenzo. Il ricordo degli anni di guerra, raccontati a Orazio Ferrara in vari incontri, consentono di fare luce sull’attività disperata contro i tanti e superiori velivoli angloamericani. Il futuro maresciallo dell’AM racconta anche le ultime giornate del conflitto nel Salernitano, liberato dagli Alleati dopo lo sbarco di settembre.
MEMORIE DI GUERRA
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