Metà di niente
- Autore: Mauro Macario
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2014
Mauro Macario ha sempre avuto un’anima divisa in due, tra la protesta anarchica, condita di furori e passioni, mentre l’altra più umbratile, più recente, cerca di trovare attimi di bellezza in una realtà disastrata, dove la poesia si rintana in sé stessa, in attesa di tempi migliori che, forse, non ritorneranno per tutti.
Questa è la silloge Metà di niente (puntoacapo edizioni, 2014, prefazione di Francesco De Nicola).
In ogni caso, come sottolinea chi ha scritto la prefazione in modo esemplare, Francesco De Nicola, c’è un forza, una freschezza e uno slancio vitale che restano, nella baraonda di questi anni bizzarri, malati e l’attesa di una pur labile speranza, cui non crede nemmeno più lui. Ma atteniamoci a questi testi, non a quelli successivi.
I testi di questa silloge hanno la forma di scritti in prosa, prima che la “pressa” della poesia non li asciughi.
Difficile anche riportare una singola poesia, ma forse una sola può dare l’idea di questa silloge, e si intitola Interno con ospiti:
Dove un tempo s’è posato / lì è rimasto lo sguardo / ma ormai è materia ventosa / anche se non riesce a staccarsi dagli occhi / anche se duole il ricordo che serba / quel che vede sono figure che non esistono più / eppure entrano ed escono e sembrano vive / in un gioco al massacro dentro luoghi reali / ricreare l’evento luttuoso delle cose perdute / è come nutrirsi di angeli anoressici / è da sciacallo malato in odore di santità / C’è un campo che si ricopre di sguardi sfioriti / quando intorno la vita si spoglia / e non è inverno/ né estate / né autunno, né primavera / è la quinta stagione/ l’ultima/ in quel campo ciascuno raccoglie il suo sguardo / e capisce i guasti di troppe bufere / scovare il nemico nel corpo materno / non serve / bisogna indagare in quel prenatale non essere / dove l ’indole a perdere cercava il suo involucro/ da inviare nel mondo / con un numero chiuso di malinconici sguardi / da usare negli orari destinati agli addii / Come un mazzo di fiori sul ciglio della strada / ricorda un incidente mortale / così anche lo sguardo è caduto / a velocità d’illusione fatale / e pur se travolto non è morto sul colpo / ma sanguina ancora da distanze indicibili / a rivedere il luogo dello schianto emotivo / e in quel punto preciso / nessuna mano pietosa ha mai deposto corone
( Sarzana, 2013).
Sarzana è stata inserita come cittadina ligure provincia de La Spezia, dove sono state scritte quasi tutte le poesie della silloge. I furori di Mauro Macario in questa poesia sono lo sguardo, il vedere, in particolare il rimpianto legato a “non lo vedrò più”. Il figlio di Mauro, Massimo Macario era un ragazzo bellissimo, peraltro, sono sedici anni che è scomparso per una tragica morte che si poteva evitare e per questo il poeta non può più vedere, proprio perché sa anche che “non lo vedrà più”.
Chi scrive ci ha pensato molto se inserire o meno questa poesia, ma poi ho pensato che le persone che amano Mauro, di rimando, amano anche il figlio che non c’è più e non si può vedere. Lo so, è banale dirlo, ma la morte di un figlio ha qualcosa di intrinsecamente sbagliato, che asciuga le labbra, come se i genitori del "fatto" si fossero ammalati d’un botto e aspettano e aspettano invano la guarigione (o forse l’elaborazione del lutto, direbbe uno psicoterapeuta). Ma anche per rimarcare lo stile di questa silloge rispetto a quella più recente, Il rumore della nebbia dove le poesie si sono prosciugate per diventare quasi degli haiku. Ma si trovano brevi poesie anche in Metà di niente.
Me ne viene in mente una che forse è l’unica a forma di haiku, dal titolo L’ultima cena:
Mangiate / questo è il mio corpo / bevete / questo è il mio sangue. Fate questo in memoria di me." / Amore d’altra età e di poca fede / hai mangiato i miei come carne cruda / hai bevuto le mie lacrime come sangue novello / e non hai avuto memoria di me".
(Sarzana, 4 dicembre 2013)
Questo silloge è stata dura da scalare, ma poi tutto si ricompone, leggendo, stupiti noi stessi della nostra mortalità.
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