Mia cugina Rachele
- Autore: Daphne du Maurier
- Genere: Romanzi d’amore
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2017
Nella collana I Narratori delle Tavole Neri Pozza riedita “Mia cugina Rachele” (2017, titolo originale My cousin Rachel, traduzione di Marina Morpurgo) di Daphne du Maurier (Londra, 13 maggio 1907 - Par, 19 aprile 1989).
Dal romanzo redatto dalla scrittrice inglese nel 1951, sono state tratte due versioni cinematografiche: la prima, Mia cugina Rachele, nel 1952, diretta da Henry Koster, che vide protagonisti Olivia de Havilland e Richard Burton, e la seconda, Rachel, diretta da Roger Michell, con Rachel Weisz e Sam Claflin, in uscita il prossimo 9 novembre sugli schermi italiani.
“Eravamo entrambi dei sognatori, privi di spirito pratico, solitari, con la testa imbottita di grandi teorie che non venivano mai messe alla prova e, come tutti i sognatori, eravamo ciechi di fronte al mondo reale, insofferenti nei confronti dei nostri simili, ma comunque bramosi d’affetto; la timidezza aveva tenuto sotto chiave qualunque impulso, ma poi il cuore era stato toccato, e quando il cuore fu toccato, per noi sembrò spalancarsi il paradiso e ci parve di possedere – sì, a entrambi – tutta la ricchezza dell’universo”.
Philip Ashley e suo cugino Ambrose si erano innamorati entrambi della stessa donna e quest’amore tanto passionale quanto distruttivo sarebbe stato la rovina di entrambi.
“Un tempo gli assassini li impiccavano a Four Turnings. ora non più”.
Cornovaglia, metà Ottocento. Philip aveva intuito il proprio destino da piccolo, a 7 anni, quando accanto al cugino più grande di lui di 18 anni, aveva visto penzolare un impiccato in catene. Chissà, forse Ambrose aveva condotto lì il bambino del quale si era preso cura dopo la morte dei genitori per mettere alla prova i nervi di Philip, per vedere se sarebbe fuggito a gambe levate oppure scoppiato a piangere o a ridere. Ambrose per Philip era tutto, padre, fratello, tutore, consigliere, guardiano, in poche parole il suo mondo da quando Philip a pochi mesi di vita era stato affidato al cugino. Erano trascorsi degli anni, Philip era diventato grande, Ambrose, tanto eccentrico quanto misogino e anticonformista, era solito soggiornare all’estero per svernare. Durante un viaggio in Italia l’uomo aveva conosciuto una donna di nome Rachele, vedova del defunto conte Sangalletti, sensibile e di piacevole compagnia.
“Ho fatto conoscenza con una nostra parente...”
aveva scritto Ambrose in una lettera a Philip. Poi un giorno era arrivata un’altra lettera dall’Italia:
“Io e tua cugina Rachele ci siamo sposati quindici giorni fa, ora siamo a Napoli in luna di miele e intendiamo far presto ritorno a Firenze”.
Philip era rimasto male nell’apprendere questa notizia inaspettata, ma la preoccupazione era salita al culmine nel ricevere da Ambrose questo biglietto:
“Per l’amor di Dio, vieni appena puoi. Rachele, il mio tormento, mi sta distruggendo. Sbrigati, o sarà troppo tardi. Ambrose”.
Arrivato a Firenze, Philip aveva scoperto che suo cugino era morto e che Rachele era andata via. Quando Rachele era arrivata nella casa avita dei cugini, Philip deciso a vendicarsi nei suoi confronti, perché la riteneva colpevole della malattia improvvisa di Ambrose, ne era restato immediatamente soggiogato, avvinto dal fascino di questa donna stupenda, indecifrabile, indubbiamente carica di raffinata perfidia.
Un amore violento dal quale il giovane inesperto di faccende di cuore, non avrebbe potuto difendersi.
“Ci sono donne, Philip, anche donne onestissime, che senza averne alcuna colpa portano solo disgrazie. Tutto ciò che toccano si trasforma in tragedia”
era stato l’avvertimento di Nick Kendall, il padrino di Philip, ma invano.
“I suoi lineamenti erano come quelli impressi sulle monete romane, decisi ma al tempo stesso minuti”.
In un crescendo drammatico, pagina dopo pagina, Daphne du Maurier crea un’atmosfera cupa e inquietante fino al finale originale che riporta, prima della parola fine, una significativa frase rubata alla prima riga del testo. L’io narrante del protagonista, ammaliato dalle spire di Rachele, restituisce al lettore una straordinaria figura femminile, enigmatica e indipendente.
“Nessuno verrà mai a sapere quale fardello di colpe mi porto addosso; nessuno saprà che ogni giorno, ancora tormentato dal dubbio, mi pongo una domanda alla quale non so dare risposta. Rachele era innocente o colpevole? Forse scoprirò anche questo in Purgatorio”.
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