Prima di morire Aldo Moro scriveva. Scriveva lettere, biglietti, pagine interminabili. L’ultima lettera di Aldo Moro fu scritta per la moglie, Eleonora Chiavarelli, detta affettuosamente “Noretta”.
Fu recapitata alla donna il 5 maggio 1978. Il corpo senza vita di Moro sarebbe stato ritrovato il 9 maggio in una Renault 4 rossa, parcheggiata in via Caetani, a Roma. Il suo corpo coricato, come addormentato, nel bagagliaio fu immortalato da uno sciame di fotografi in uno scatto in bianco e nero indelebile che avrebbe segnato per sempre la storia dell’Italia repubblicana. Nello scatto si vedono di sbieco alcuni poliziotti che tentano invano di mantenere l’ordine, allontanando i giornalisti, come se con lo schermo delle loro divise potessero davvero celare un dramma che ancora oggi fa discutere.
Il presidente della Democrazia cristiana era stato ucciso dopo cinquantacinque giorni di prigionia: il suo rapimento risaliva al 16 marzo precedente, quando le Brigate Rosse bloccarono la sua auto in via Mario Fani e uccisero brutalmente la scorta che doveva proteggerlo.
In quella lettera, che iniziava con un incipit straziante e pieno d’amore “Mia dolcissima Noretta”, Moro - consapevole della morte ormai imminente - annotava le proprie ultime volontà. Tuttavia non si tratta di un mero testamento, fitto di annotazioni e disposizioni, ma di una pagina carica di umanità e amore per la vita, degna della grande letteratura. Le ultime parole di un condannato a morte sono lettere d’amore: in punto di morte, Aldo Moro non smise di provare amore per la sua Noretta, per i figli, per il nipotino, a tutti loro raccomandava di andare avanti senza di lui e si premurava di rendere loro meno difficoltoso il distacco. Ciò che ci commuove dell’ultima lettera di Aldo Moro non è tanto il valore morale, ma le preoccupazioni quotidiane che affiorano qua e là tra le righe: la camicia in lavanderia, la vaccinazione anti-influenzale, non dimenticarti di chiudere il gas. Sono queste piccole azioni interrotte a segnare il confine tra la vita e la morte.
La morte di Aldo Moro è stata a lungo definita una tragedia politica; ma il contenuto di queste lettere ci aiuta a ricordare che fu, prima di ogni altra cosa, una tragedia umana. Il testo della lettera a Noretta, poetico nella sua straziante verità, ci restituisce - oltre alla gravità del dramma collettivo - la portata devastante della perdita individuale e privata. Prima dell’uomo politico se ne andava un padre, un marito, un nonno, che affidava le proprie ultime volontà non al Paese, ma alla famiglia amata.
L’ultima lettera di Aldo Moro: testo
Mia dolcissima Noretta,
credo di essere giunto all’estremo delle mie possibilità e di essere sul punto, salvo un miracolo, di chiudere questa mia esperienza umana.
Gli ultimi tentativi, per i quali mi ero ripromesso di scriverti, sono falliti. Il rincrudimento della repressione, del tutto inutile, ha appesantito la situazione. Non sembra ci sia via di uscita. Mi resta misterioso, perché è stata scelta questa strada rovinosa, che condanna me e priva di un punto di riferimento e di equilibrio. Già ora si vede che vuol dire non avere persona capace di riflettere. Questo dico, senza polemica, come semplice riflessione storica. Ora vorrei abbracciarti tanto e dirti tutta la dolcezza che provo, pur mescolata a cose amarissime, per avere avuto il dono di una vita con te, così ricca di amore e di intesa profonda. Dio sa quanto avrei sperato di accompagnarvi ancora un poco, di dare custodia e aiuto all’amatissimo Luca, di aiutare tutti a superare le prove del duro cammino.
Ho tentato tutto e ora sia fatta la volontà di Dio, credo di tornare a voi in un’altra forma. Non mi so immaginare onorato da chi mi ha condannato. Ma fa tu, con spirito cristiano e senso di opportunità. Vi ho affidato a Freato e Rana per ogni necessità ed ho fiducia che Iddio vi aiuti. Tu curati e cerca di essere più tranquilla che puoi. Ci rivedremo. Ci ritroveremo. Ci riameremo. Ho scritto a tutti per Luca, perché siano impegnati per lui. A te debbo dire grazie, infinite grazie, per tutto l’amore che mi hai dato. Amore un po’ geloso che mi faceva innervosire, quando ti vedevo sprofondata in un libro. Ma amore autentico che resterà. Io pregherò per te e tu per me. Che Iddio aiuti la cara famiglia. In estate, al mare, fatti fare compagnia dalla famiglia di Riccioni per te e per il piccolo. Ho lasciato il mio archivio a Luca da vendere tramite il Sen. Spadolini e il Dott. Guerzoni per costituire un piccolo peculio che lo aiuti a mantenersi nella vita. Ho dimenticato di dire, ma tu dillo a Guerzoni che per le foto i familiari e gli esecutori testamentari scelgano quelle che vale la pena di conservare alla famiglia. Nel magnetofono più grande, che è nel mio studio, ci sono già raccolte vocette di Luca trasferite da quello tascabile. Si può mano a mano trasferire e completare. Le bobine sono in camera nostra; film e foto sulla scrivania dello studio. Vorrei, come piccolo ricordo, che il biro della mia vestaglia da giorno andasse a Luca che lo amava (e il portacenere a Giovanni), un altro pennarello marrone nel comò a Giovanni, un biro uguale al primo sulla chiffonière ad Agnese, mentre Fida e Anna e tu potreste scegliere in quel mobile quel che volete. Sentite Manzari, vedi di fare testamento. lo ne ho mandati due che spero siano arrivati e rinvierò in copia. Non mancare di fare e far fare la vaccinazione antinfluenzale, se viene la russa. Fatti seguire da Giovanni anche come amico. Tramite Rana fa controllare la stabilità del tetto sulla nostra stanza e cura che il gas sia chiuso la sera. (Agnese). Per la tomba di Torrita almeno nell’immediato c’è il rischio di sicurezza. Forse converrebbe allogare altrove, […] stesso o nella chiesa con speciale permesso. Forse, per ora: consigliati con Freato. Chissà quante cose ho dimenticato. State più uniti che potete e tenete unite anche le mie cose con voi, perché sono vostro. Ho pregato molto La Pira. Spero che mi aiuti in altro modo.Ringrazio tutti, tutti i parenti e amici con grande affetto. Che Iddio ci aiuti. Ricordati che sei stata la cosa più importante della mia vita. Ricordatemi discretamente a Luca con qualche foto e qualche descrizione, che non si senta del tutto senza nonno. E poi che sia felice e non faccia i miei errori generosi e ingenui.
A queste parole ne avrebbero fatto seguito altre, quando anche l’ultima speranza sarebbe stata perduta:
Mia dolcissima Noretta,
dopo un momento di esilissimo ottimismo, dovuto forse ad un mio equivoco circa quel che mi si veniva dicendo, siamo ormai, credo, al momento conclusivo. Non mi pare il caso di discutere della cosa in sé e dell’incredibilità di una sanzione che cade sulla mia mitezza e la mia moderazione. (...)Per il futuro c’è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi. Per carità, vivete in una unica casa, anche Emma se è possibile e fate ricorso ai buoni e cari amici, che ringrazierai tanto, per le vostre esigenze. Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani.
Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile.
L’ultima lettera di Aldo Moro: un commento
L’ultima lettera di Aldo Moro ha un tono colloquiale e poetico insieme. La poeticità è data dall’evento straordinario: lo scrivente è un uomo sano e in forze che tuttavia sta per morire assassinato. Il contesto dà alle parole un inequivocabile pathos, una drammaticità palpabile. Con quelle ultime parole si avvicinava alla morte e dunque sono venate di consapevolezza, rassegnazione e rimpianto; ma - ed è questo che sorprende - anche di gratitudine per la vita che gli è stata concessa. Prima di morire, Aldo Moro ringrazia, proprio lui che stava per essere ucciso barbaramente, nella maniera meno dignitosa possibile. È questo l’esempio morale di Aldo Moro: oltre alla sua onestà, alla sua rettitudine, è la sua gratitudine.“Ringrazio tutti”, scrive nel finale: lui che avrebbe diritto a essere accecato dalla rabbia, dal desiderio di vendetta, dal senso di rivalsa, ecco che ci consegna parole traboccanti d’amore. Non mette in discussione, neppure per un momento, l’ingiustizia del suo destino, né tende a martirizzare la sua condizione di vittima.
Moro scrive e prega, prega e scrive e, in ultimo, si affida alla volontà di Dio e a una promessa:
Ho tentato tutto e ora sia fatta la volontà di Dio, credo di tornare a voi in un’altra forma.
Lo straordinario esempio d’amore delle parole di Aldo Moro non svanisce. Non importa se si è credenti o no, cristiani o no, leggendo questa lettera ci commuove quel nocciolo di verità che palpita in ogni riga e ci dice che l’amore non muore. Quel “ritornerò a voi in un’altra forma” può essere inteso come un riferimento a un’altra vita, ma anche come una grande promessa d’amore: è un modo per dire non vi abbandonerò mai. In mezzo a quegli appunti di morte trapelavano stralci di vita: la carezza per il piccolo Luca, le bobine contenenti i filmati di famiglia, la vestaglia della domenica. Le piccole abitudini, i vizi innocui come il fumo, testimoniato dal posacenere, sono racchiuse in una serie d’oggetti umili che vengono lasciati in eredità come parte stessa della sua persona. Forse infine tutta la nostra vita si racchiude negli oggetti e nei gesti più semplici, nella quotidianità più spicciola, oziosa e sbrigativa e, infine, nella gratitudine. E nell’approssimarsi della morte è questo che consola.
Proprio nel momento in cui era più solo, Moro dimostrò di non essere affatto “solo” ed ebbe una parola per tutti, ma soprattutto per la moglie che, lui lo intuiva, avrebbe patito il dolore più grande per la sua scomparsa.
“Noretta dolcissima, sono nelle mani di Dio e tue. Prega per me, ricordami soavemente. Carezza i piccoli dolcissimi, tutti. Che Iddio vi aiuti tutti. Un bacio di amore a tutti. ”
Eleonora Chiaravelli, la vedova di Aldo Moro, sarebbe morta trentadue anni dopo il marito, nel luglio del 2010, alla veneranda età di novantaquattro anni. L’ultima intervista, la “dolcissima Noretta”, l’aveva rilasciata due anni prima di morire quando, ancora lucidissima, rivendicava giustizia per il marito cui fu fedele sino all’ultimo respiro. Chissà se ora si sono ritrovati nell’eternità della luce che Moro intravedeva nella sua ultima lettera, in quella luce - e non buio, si badi bene - che lui si augurava di poter abbracciare morendo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Mia dolcissima Noretta”: l’ultima lettera di Aldo Moro scritta prima di morire
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