Michelangelo. Io sono fuoco
- Autore: Costantino D’Orazio
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
- Anno di pubblicazione: 2016
Non aveva nemmeno venticinque anni Buonarroti quando completò quella meraviglia della Pietà collocata in San Pietro. Il giovane artista aveva lavorato due anni per estrarre dal blocco di marmo carrarino una figura di madre fanciulla, con in grembo un figlio maturo accasciato. Un lavoro duro per rendere la pietra lucida e luminosa, morbida come la stoffa e porosa come la pelle. La statua pesa trenta quintali, ma se si osserva da poco distante, dalla navata opposta, sembra farsi leggerissima e quasi sollevarsi in aria. È un miracolo della torsione ascensionale delle forme, a spirale dal basso verso l’alto, impressa dalla tecnica “a fiamma” dell’artista toscano. “Michelangelo. Io sono fuoco” è il titolo del volume che Costantino D’Orazio ha dedicato a Michelangelo (edizioni Sperling & Kupfer, maggio 2016, pp. 208, euro 18,00), dopo le biografie di altri giganti dell’arte italiana, Da Vinci, Raffaello e Caravaggio, tutti per la casa editrice milanese.
E pensare che Leonardo aveva un solenne disprezzo per la scultura. La considerava affare da scalpellini, una pratica buona a coprirsi di polvere e di schegge, ad affaticare i muscoli. Quale diversità la pittura, invece, nobile arte del pennello e dei colori.
Nella sua lunga vita, quasi novant’anni, Michelangelo è riuscito invece ad eccellere nell’una e nell’altra delle discipline artistiche. La sua ispirazione geniale, l’energia sovrumana, le tecniche originali adottate gli hanno consentito tanto di dominare la materia quanto di realizzare capolavori su tele, pareti, soffitti.
Costantino D’Orazio, storico dell’arte e divulgatore sempre brillante e accessibile, ha scelto questa volta la formula dell’autobiografia, congeniale alla natura solitaria del genio aretino, che in punto di morte racconta la sua vita in una lunga lettera al nipote preferito.
Fosse stato per il babbo, non avremmo conosciuto Michelangelo. Un Buonarroti artista, non sia mai! Papà Ludovico, già podestà in Valtiberina, lo voleva impegnato in attività più adatte a una famiglia di qualche nobiltà, come la loro. Diceva che nelle loro vene scorreva il sangue dei Rucellai e che gli avi discendevano da Matilde di Canossa. Non si era mai sporcato le mani e piangeva miseria, limitandosi ad amministrare le sue scarse proprietà. Aveva un progetto per quel figlio: metterlo a bottega da un mercante dell’Arte della Lana, in modo da fare arrivare in casa qualche soldo in più e uscire dalle ristrettezze in cui li aveva cacciati qualche investimento sbagliato. Che disperazione quel figlio sul quale aveva fatto tanto affidamento, perché degli altri quattro maschi, Lionardo si faceva frate, Giovansimone era un attaccabrighe che dava solo pensieri, Sigismondo non c’era verso di farlo studiare e Buonarroto era ancora bimbino. Ed ora quel Michelangiolo voleva farsi artigiano e gli tornava a casa dal Giardino Mediceo con un naso storpiato per un pugno vibrato con cattiveria da un compagno geloso dei complimenti di Lorenzo il Magnifico, per una testa di fauno scolpita mirabilmente imitando la maniera degli antichi.
Ma non erano bastate botte e punizioni a tenere il dodicenne lontano dalla bottega del Ghirlandaio, dove s’era presentato da solo. Il maestro aveva intuito le qualità non comuni di quel ragazzino, fino ad offrirgli un salario da apprendista.
“Da piccolo fui nutrito più con la polvere di marmo che con il latte. Ero andato a balia da una ragazza di Settignano, figlia e moglie di scalpellini, che respirando la pietra del luogo deve avermela passata attraverso il seno”.
Nella biografia, si apprendono notizie sulla famiglia oltre alle vicende artistiche di un uomo dal carattere impossibile:
“non ho mai saputo temporeggiare, non mi sono mai preoccupato dell’opinione che potessi suscitare negli altri, così sono passato per burbero e insaziabile, scontroso, invidioso, spilorcio, opportunista, sedizioso... un mostro nei panni di un genio”.
Orfano a sei anni di Francesca Neri, aveva visto la famiglia perdere proprietà ereditarie e dotali, ma non l’ostilità verso attività non ritenute consone al patriziato.
È morto il 18 febbraio, avrebbe compiuto 89 anni il 6 marzo. Caprese 1475, Roma 1564: ecco l’alfa e l’omega di Michelangelo Buonarroti, artista come nessuno più al mondo. Uomo difficile, ma generoso a suo modo. Il resto è nelle pagine del libro.
Riposa in un sepolcro maestoso come quello di un principe, perché tale è stato. Un genio nel suo lavoro, pulito e luminosissimo, sebbene impastato di sudore, polvere di marmo e macchie di colori.
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