Microcosmi
- Autore: Claudio Magris
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Garzanti
"Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d’isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l’immagine del suo volto. J. L. Borges"
Si apre sui versi di Borges Microcosmi, vincitore nello stesso anno del Premio Strega, un bellissimo saggio scritto come fosse un diario nel quale sono narrati tanti piccoli viaggi ed incontri della vita del nostro autore.
Il professore Claudio Magris ha raccolto una serie di racconti che tratteggiano dei suoi luoghi, delle atmosfere che si vivono, della storia, le cui tracce del passato sono sempre visibili e della memoria che custodiscono. Il suo percorso fisico ed interiore abbraccia le terre natie e quelle di formazione, senza tralasciare l’importanza delle persone e delle loro storie, sia narrando di celebri personaggi come Svevo, Saba, Gobetti, del suo maestro Biagio Marin, sia di persone qualunque, protagonisti di nuovi incontri, sui cui volti si riesce ancora a cogliere la sorpresa.
Un itinerario intimo della sua vita, dagli anni universitari trascorsi nella città di Torino fino ai sorprendenti particolari della sua Trieste e i suoi dintorni, un viaggio personale nel quale noi lettori siamo piacevolmente assorti e coinvolti. Come nel primo dei racconti Caffè San Marco, il salotto storico della città aperto il 3 gennaio 1914, per chi vuole sgranchirsi le gambe e fare un piccolo giro del mondo è situato in un’ottima posizione. Con la sua struttura ad elle e non rettilinea è amato dagli scacchisti, scrive Magris. I suoi tavolini risalgono agli anni che furono, sono di marmo e hanno la gamba in ghisa che poggia su zampe di leoni. Al bancone di legno intarsiato e ormai centenario, c’è sempre posto per tutti, per chi cerca rifugio quando fuori piove o per chi è solo e vuole sentirsi coccolato. Ricorda l’autore, quando seduto ad uno dei tavolini preparava l’esame di letteratura tedesca e come dopo molti anni si è ritrovato e si ritrova, ancora seduto a correggere bozze o a scrivere articoli sulla cultura mitteleuropea.
“La gente entra ed esce dal caffè, alle sue spalle i battenti della porta continuano ad oscillare, un lieve soffio d’aria fa ondeggiare il fumo stagnante. L’oscillazione ha ogni volta il fiato più corto, un battito cardiaco più breve. Nel fumo galleggiano strisce di pulviscolo luminoso, spire serpentine si srotolano lentamente, labili ghirlande al collo dei naufraghi aggrappati alla loro tavola. Il fumo avvolge le cose in una coltre soffice e opaca, bozzolo in cui la crisalide vorrebbe rintanarsi indefinitamente, risparmiandosi il dolore della farfalla. Ma la penna che scribacchia buca il bozzolo e libera la farfalla, che sbatte impaurita le ali.“
Lagune, invece, descrive uno splendido paesaggio letterario dell’Adriatico, nel quale spicca Grado dove è nato e vissuto Biagio Marin che, come un gran albero, scrive Magris, è destinato a crescere in alto dando lungamente vita e frescura. Le piccole isole della laguna custodiscono ancora oggi la cultura marinara così tanto amata e cantata nei versi del lieve poeta. Grande uomo di lettere e intimo amico, Magris lo ricorda apprezzando e descrivendo quel suo garbo elusivo indice di un uomo dal carattere difficile.
“Con Marin non si perdeva tempo, lui ignorava quasi fisicamente la banalità, quel tergiversare che si consuma nel nulla e talora protegge dalla violenza delle verità, impedendo di sporgersi nel vuoto.“
Infine Giardino Pubblico, nel quale ci si incammina uscendo dal Caffè San Marco. Una grande foresta scura, con alberi secolari, dove si và per ripararsi all’ombra, per prendere il sole o per oziare. Come in ogni parco, anche nel Giardino e lungo i suoi viali, ippocastani e platani custodiscono i busti di nobili memorie culturali, ma tra tutti spicca quello di Joyce, che tanto amò la città di Trieste. And Trieste, ah Trieste are in my liver, Magris riprende la frase dello scrittore irlandese per riaffermare a suo modo che Trieste è una città che rode il fegato come l’Irlanda, un grembo edipico intollerabile e indimenticabile, che fa balenare promesse di felicità per deluderle subito e induce alla fissazione di parlarne continuamente male ma di parlarne continuamente.
Un libro straordinario e struggente. Intriso di profonde malinconie e sorprendente vivacità, l’autore dipana i nastri del tempo nei quali sono racchiusi i ricordi dei luoghi geografici della storia e della sua storia. Una narrazione raffinata ed intensa che riesce ad evocare immagini e testimonianze.
Microcosmi
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