Middlesex di Jeffrey Eugenides

Callie è una bambina che, non appena raggiunge l’età della pubertà, scopre di appartenere a un nuovo mondo diverso da come se l’era immaginato prima. Da fanciulla a ermafrodito, il passaggio avviene con una strana lentezza ma la fonte giunge da un gene indefinibile che tuttavia impazza da ben tre generazioni. È l’inizio del calvario per la piccola Calliope.
La narrazione ha inizio dai suoi nonni emigrati dal Medio Oriente negli Stati Uniti, prosegue toccando le corde legate al proprio figlio Milton e arriva fino alla loro nipotina Callie.
Filo conduttore del romanzo è la drammaticità raccontata con maestria.

“Uno strano tipo di fiore, in verità, perché sembrava attraversare stagioni diverse nell’arco di una giornata. Aveva la fase del letargo invernale, quando dormiva sottoterra, e cinque minuti dopo si risvegliava reagendo a una personale primavera…”

Middlesex è un romanzo che, in un modo o nell’altro se si ha la buona abitudine di leggere, finisce per essere collocato nella propria libreria. Dapprima se ne sente parlare, la copertina c’incuriosisce e non appena si sente la parolina magica “Ermafrodito”, ci si ritrova a un bivio: quelli incuriositi lo prenderanno al volo e si fionderanno nella lettura densa di Eugenides, alcuni lasceranno stare.
La trama è densa, oleosa e nonostante la sensazione di unto al tatto, non manca di essere fluida dalla prima all’ultima pagina. Ci sono dei testi che a volte per semplice orgoglio personale ci costringono ad arrivare fino alla fine del romanzo, senza capirne il senso, ma per fortuna non è il caso di Middlesex.

“Il ronzio delle voci dei miei genitori che durante tutta l’infanzia mi aveva rassicurato adesso era fonte di panico e ansia; perciò lo scambiavo volentieri con le pareti di marmo che lasciavano echeggiare soltanto lo sgocciolio dell’acqua, il frastuono dello scarico o la mia voce che leggeva l’Iliade…”

Jeffrey racconta una storia con umiltà e il suo punto di forza è proprio qui: non bisogna temere la nostra identità, bisogna affrontarla con rispetto. Nasconderla significherebbe soltanto renderla schiava di una vita a cui non apparteniamo.