Miracolo in libreria
- Autore: Stefano Piedimonte
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2015
«Fermarsi a leggere un libro (…) è sempre un atto di ribellione. Vuol dire piantare i piedi per terra e fottersene, prendersi gioco della propria finitezza».
I libri sono essi stessi una ribellione, e ribellione significa prendersi la responsabilità di dire il vero, di mettere nero su bianco la verità. La verità è ciò a cui andiamo incontro, in modo quasi necessario e inevitabile: può essere la forza di un “no”, il coraggio di una decisione repentina, o semplicemente può essere la vita che abbiamo di fronte e che non riusciamo a cucirci addosso.
Stefano Piedimonte con Miracolo in libreria (Guanda, 2015, pp. 77) ci regala proprio un racconto ribelle, vero, arioso e pure così pregnante, denso di emozioni, ricco di forti entusiasmi e grandi amarezze. Dimenticatevi per un attimo dello Zio, dell’assassino che non sa scrivere e di tutto quello che avete letto in precedenza. Fate asciugare la vostra mente e rendetela una tabula rasa, perché qui si riparte da zero.
Questa è la storia di Aldo e la storia di un libro, anzi, è la storia di un libraio e della sua passione, a cui bisogna saper guardare con gli occhi dell’incanto, ma anche della disillusione, perché per volare alto occorre quasi sempre saper fare i conti con la realtà.
La libreria Gagliardi, nel quartiere Chiaia a Napoli, prosegue la sua attività da venti anni circa, in mano ad Aldo, esperto libraio che ha fatto dei libri una delle sue ragioni di vita. Ad aiutarlo c’è Gabriele, giovanotto buono e onesto, senza pretese e senza lode.
La vita di Aldo è una vita come tante, amareggiata dalla crisi che sta attraversando l’attività, intiepidita da un matrimonio che si trascina per forza di inerzia, desolata e rassegnata dinanzi alla voce tonante della moda, che impone limiti e delinea recinti, entro i quali bisogna imparare a convivere se non si vuole soccombere. Sì, perché Aldo, che aveva sempre visto le mode sfilare fuori dalla porta d’ingresso della libreria - senza esserne minimamente influenzato - ora deve iniziare a guardarle con occhi diversi, anzi, deve proprio iniziare a credere che esistono e che sono lì per essere rispettate. Pena: il naufragio dell’attività.
In tempi in cui le librerie indipendenti arrancano, si affannano, sgomitano per reclamare un posto nel mondo del commercio, la libreria di Aldo non fa eccezione. Eppure, un giorno, nel mare magnum della desolazione prêt-à-porter, una speranza sembra riaffacciarsi sulla soglia della libreria, suonando timidamente il campanello della porta d’ingresso. Una ragazza dal viso di porcellana, Diana, nella sua breve ricerca tra gli scaffali polverosi, sembrerà uscirne insoddisfatta: un veloce saluto, passi piccoli e svelti verso l’uscita. Diana, in realtà, il libro che cerca l’ha trovato e secondo Aldo l’ha anche rubato. È proprio quello a mancare tra tutti i vecchi libri presenti: Il treno mancato di Giorgio Spinazzi, libro sconosciuto di un autore altrettanto sconosciuto, che altro non è che il libro preferito di Aldo.
Come non innamorarsi di una simile ladra? Come fare a non perdere il senno per una donna che compie un atto così eroico, romantico, pieno di poesia e di pathos, e che, per di più, ruba proprio il romanzo del cuore del libraio, fino a quel momento uomo scoraggiato e deluso, ombra di se stesso?
Foto e ritratto a matita dell’autore di Giulia Ciarapica
La carica emotiva di questo racconto lungo è così forte da lasciare che il testo si legga da solo, mentre vibra sotto i colpi di una vita che si sfalda e che cerca la via d’uscita per ricominciarsi.
Aldo de Il treno mancato ha un’unica copia, così come possiede un’unica copia del suo lavoro, del suo matrimonio e dell’amicizia con Gabriele. Tutti tasselli unici e irripetibili, messi a repentaglio per inseguire un sogno, un sogno che ha il volto etereo di una ragazza con la passione per Spinazzi. Se Diana rappresenta per Aldo la speranza del futuro, l’entusiasmo dell’avvenire ed è simbolo, al contempo, dell’amore autentico, quello che non si leviga, non si lima e non si ritocca, ma che si incastra e basta, così Caterina, sua moglie, rappresenta la sconfitta, l’amara confessione di non esserci riusciti.
“Due facce diverse della stessa rinuncia”, ecco cosa sono ormai Aldo e Caterina, ingabbiati nel recinto della comodità, costretti dai lacci dell’abitudine, eppure Giorgio Spinazzi glielo disse ad Aldo ne Il treno mancato, lo guardò dritto in faccia e glielo disse:
“per qualcuno una vita è meglio distruggerla che rovinarla, e la malvagità più grande non è quella di chi ti uccide, ma di chi ti ammorba l’esistenza”.
Se il protagonista del romanzo di Spinazzi ha trovato il coraggio di saltare giù dal treno in corsa e di separarsi per sempre dal suo migliore amico, lasciando che l’acme del loro rapporto potesse cristallizzarsi nel tempo e mantenendosi vivi entrambi con l’assenza reciproca, tanto non è stato in grado di fare Aldo, che pur tuttavia si mostra sommamente affascinato dalla lezione di vita dello Spinazzi.
Il cordone che lega Aldo e Caterina doveva essere reciso tempo addietro, ancora prima che i loro corpi annaspassero alla ricerca l’uno dell’altro, senza riuscire a trovarsi. Restano lì, a guardarsi marcire, lasciandosi trascinare dal continuo tramestio delle rotaie del treno ancora in corsa.
Aldo, invece, preferisce aggrapparsi ad un sogno, ad una speranza vana e incompleta, preferisce attendere il ritorno di Diana, illusione già perduta: il suo briciolo d’immortalità Aldo l’ha perso, l’ha sciupato per inseguire un’idea, mentre poi si ritroverà con un libro stracciato fra le mani e un soffio di eternità – quella vera – buttato al vento.
È un eroe a metà quello di Stefano Piedimonte, un poeta che, come l’albatro di Baudelaire, non riesce a spiccare il volo: guarda il cielo, allunga il braccio per sfiorarlo con le dita, si alza sulle punte, ma perde l’equilibrio e cade rovinosamente a terra, senza la forza di rialzarsi.
Nonostante il romanticismo che trasuda da ogni gesto del libraio, Aldo non può essere eroe romantico per eccellenza, non può rappresentare l’idillio anarchico-romantico del perdigiorno come fa Hamsun in Fame, né riesce a fare propria la filosofia del suo amato Spinazzi, lui sì, eroe e vincitore della vita:
“Ancora una volta, avevamo vinto. Eravamo briciole d’immortalità”
scrive Spinazzi.
Aldo viaggia a mezz’aria, è sospeso nel limbo dell’incertezza, non riesce a liberare il suo Essere dall’Io che si è costruito. Se, come ha scritto Franco Loi citando un passo di Marina Cvetaeva,
“la poesia è qualcosa, o qualcuno, che dentro di noi vuole disperatamente essere”
e quell’essere che vuole esprimersi
“non è il nostro io consapevole, ovvero l’immagine che ci facciamo di noi in rapporto agli altri”
allora Aldo non può e non potrà mai essere il vero poeta in senso cvetaeviano, ma resterà sempre il poeta che si innamora dell’idea e che non sa scegliere
“fra il cielo e la terra. Perché a volare a mezz’aria, ci si schianta contro i palazzi”.
Questo nuovo Piedimonte, che si mette a nudo e che lascia scivolare emozioni, sensazioni, anima e cervello, all’interno di questo piccolo capolavoro che è Miracolo in libreria, ricorda vagamente il Pessoa che, ne Il libro dell’inquietudine, scrive:
“Non ho mai voluto essere altro che un sognatore. Non ho mai concesso attenzione a coloro che mi parlavano della vita. Sono appartenuto solo a ciò che non esiste dove io esisto e a ciò che non ho mai potuto essere. Ogni cosa che non è mia, anche la più vile, mi ha sempre parlato con poesia. Non ho mai amato altro che cosa nessuna”.
Qui c’è Aldo, il sognatore, c’è Sandro, l’eroe vincente di Spinazzi, e c’è Sandro alter ego di Aldo, nonché Aldo, vittima di una vita non sua eppure a lui necessaria, adepto ribelle di uno Spinazzi che gli indica la retta via, invano.
Breve, intenso, accorato, autentico. Miracolo in libreria è verbo che palpita come vena pulsante, crudele come la verità della sconfitta, romantico come il più nobile degli animi dei poeti.
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Miracolo in libreria di Stefano Piedimonte (Guanda, 2015)
Che cosa succede se la letteratura si conforma alle regole del successo decretato del libro considerato come merce? Che valore attribuire al libro allorchè sia disprezzato per quel che non corrisponde a questa legge, che è di mercato?
La risposta è che: il libro, la letteratura e più in generale e l’arte, se affidate alla industrializzazione di massa non possono che diventare merce ed essere, quindi, valutate nient’altro che merce.
Questa conclusione decide di far sua Aldo, libraio paradossalmente anti-merce consapevole: rendere la sua libreria un supermercato dove si vendono i prodotti richiesti, i non libri, quelli di cui si avrebbe bisogno per alimentare un bisogno di crescita, educazione e cultura. Quindi basta con l’offerta per palati raffinati per dare forma alle esistenze che cercano senso. D’ora in poi Aldo si propone si mette in vetrina solo il libro che è richiesto e che, se raramente coinciderà con quello che serve a chi legge per formarsi e darsi forma come proposito, almeno consentirà ad Aldo di sopravvivere, tenendo nel retrobottega, che Aldo difende dalla spudoratezza e dalla mancanza di vergogna, una zona pudica e segreta, quella di pochi altri e del libro con cui è in corso un dialogo con se stesso. Un libro che parla in un modo così idiosincratico con l’io di Aldo, che solo lui sa perché.
Questa configurazione singolare del modello di business deciso da Aldo, costituisce anche la spina dorsale che muove gli eventi successivi di “Miracolo in libreria”, romanzo che si presenta diviso in due parti. Una prima che racconta alcune conseguenze di questa divisione netta tra ‘Libri e Non libri’. Una seconda parte che, nella sua insulsaggine, illumina il lettore su che cosa sia o non sia un romanzo, cosa sia leggere e cosa sia la vita vissuta attraverso la letteratura e, finanche, per dirla con un celebre quadro di Magritte, che cosa sia o non sia ‘una pipa’.
Tutto questo nel romanzo si realizza grazie ed a partire dall’equivoco relativo alla sparizione dalla libreria di Aldo di un libro che lui possedeva in unica copia: “Il treno mancato” di Giorgio Spinazzi, autore altrettanto sconosciuto quanto il libro medesimo che è, addirittura, ormai andato al macero, come Aldo scoprirà cercandone una copia dal suo editore, dopo avere semi-distrutto quell’unica in sue mani a seguito di un moto di rabbiosa escandescenza, scopertosi tradito proprio da quel libro che aveva creduto essere oggetto di amore, come il suo, da parte di una esile e timida creatura che si chiama Diana. Nome che Aldo, senza saperlo, vedi la sorte, aveva deciso di dare alla ragazza, mentre era in preda delle sue unilaterali fantasie amorose. Succede infatti un giorno che Diana entra in libreria e che Aldo la ritenga autrice del furto di quel libro, proprio quello a lui tanto ossessivamente caro. Circostanza che consentirà ad Aldo di fantasticare su questa giovane donna, identificandola con quel suo d’amore, oggetto di immediato transfert altrettanto caro per quanto lui lo ha atteso. Aldo è infatti sposato ma ossessionato dal fallimento e dalla frustrazione per aver perso il treno mancato, quell’occasione giusta che secondo lui avrebbe cambiato la sua vita da cui è dibattuto intimamente da molto tempo, quel dilemma del ‘se restare o partire’, tagliare con tutto e tutti, che rappresenta il dilemma della decisione che si presenta ad un punto di svolta dell’ergersi possibile alla propria soggettività morale.
Il tema del romanzo è il romanzo, dunque. Ma è anche il tema dell’attesa e della speranza trattati in letteratura, cinema e teatro in mille modi ed affascinanti occasioni diverse: da Calderòn de la Barca a Goethe, da Leopardi a Beckett, da Pavese a Fellini, in un aspettando Godot di ossessione, affanno, rimpianto e speranza, di quella medesima che offre il sogno e la vita di ognuno, come sogno dentro un sogno.
Per questo il libro “il treno mancato” che ha in mente Aldo e che finalmente leggiamo riportato scritto bene ed in stralcio nella seconda parte di “Miracolo in libreria” non è un buon libro, anzi non è neppure un libro, semmai una storietta qualsiasi. Ma questo neppure importa: perché, che sia sogno o realtà, come quella di Magritte non è una pipa’, "Miracolo in libreria, per il suo autore Stefano Piedimonte, ‘non è’ appunto un libro.