Misery
- Autore: Stephen King
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
Scrivere significa essenzialmente rispondere a quest’unica domanda: puoi? Ovvero, sei in grado di mettere in piedi una storia che funzioni, partendo da qualche vaga idea che ti frulla nella testa? Paul Sheldon è un romanziere di successo che si è posto questo interrogativo già un bel po’ di volte, riuscendo sempre a cavarsela, in un modo o nell’altro. Anzi, è stato così brillante da conquistarsi col tempo l’adulazione di caterve di fan, che attendono con trepidazione ogni sua nuova fatica: tutti loro sono schiavi del “devo”, ovvero quell’impulso insopprimibile che spinge a finire il prima possibile le storie più avvincenti, pur di conoscerne l’epilogo. Sulla base di queste affascinanti premesse, Stephen King scrisse a metà degli anni ottanta uno dei suoi lavori più celebri, Misery (ultima edizione Sperling & Kupfer, 2014, trad. T. Dobner), storia sullo scrivere e sul leggere, sul mestiere di narratore e sul ruolo del pubblico.
Il sopra citato Sheldon è vittima di un grave incidente automobilistico in cui perde i sensi; rinviene in una casa isolata sulle montagne, bloccato a letto e a dir poco dolorante a causa delle fratture riportate. Si prende cura di lui Annie Wilkes, un’imponente donnone che l’ha tirato fuori dalla carcassa della sua auto, nonché sua ammiratrice numero uno, come ama spesso ripetergli. Purtroppo per Paul alla donna in questione manca più di una rotella: trattasi infatti di un’ex-infermiera psicopatica nonché pluriomicida! La follia da cui è affetta è descritta in modo magistrale, e il suo passato è una delle costruzioni più sottilmente inquietanti fra quelle inventate da King. Annie non riesce a mandar giù il finale dell’ultimo romanzo della serie Misery dell’adorato Paul: per lei la sua eroina non sarebbe dovuta morire, e pretende che lo scrittore torni “sulla retta via”, ovvero faccia resuscitare Misery con una nuova storia. E saprà essere molto, molto persuasiva…
Presto la vicenda si tramuterà nel classico gioco del gatto col topo, tutto basato sulla psicologia degli unici due protagonisti: lui tenterà la fuga in tutti i modi, a dispetto delle precarie condizioni fisiche e della lontananza da qualsiasi centro abitato; lei lo sgamerà regolarmente, infliggendogli punizioni sempre più atroci. È possibile interpretare il rapporto fra i due al di là del semplice thriller: a volte pare quasi che Wilkes sia una sorta di coscienza morbosa, che obbliga Sheldon a terminare il suo lavoro a qualunque costo. Perché ogni scrittore è un incantatore, e sovente è anche l’incantatore di se stesso. Insomma, con questa storia ci affacciamo su territori della mente pieni di inquietudine, lì dove si annidano le ossessioni. E per King scrivere è pura ossessione. Illuminante in tal senso la prefazione da lui scritta per la raccolta A volte ritornano, di cui riporto giusto un paio dei passaggi più significativi:
“Coloro che esercitano queste arti con onestà continuerebbero a esercitarle anche se nessuno li pagasse; anche se venissero criticati, oppure insultati; anche a costo di sfidare la prigione o la morte. A me questa sembra una discreta definizione di comportamento ossessivo”.
E ancora:
“Le arti sono ossessive e l’ossessione è pericolosa. È come un coltello nella mente”.
Siete avvertiti: se poserete gli occhi su Misery, verrete trascinati in un abisso buio dove sentirete la vostra mente sussurrare cose che avreste voluto dimenticare. E potrebbe perfino piacervi.
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