Mission. I gesuiti tra gli indiani del West
- Autore: Paolo Poponessi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2010
Nel lontano West non accorsero solo avventurieri senza scrupoli, ma anche missionari cattolici preoccupati dell’evangelizzazione di quelle terre e della salute spirituale e fisica di chi le abitava.
L’avventura dei gesuiti nel nord ovest degli Stati Uniti iniziò nel 1840 (quando cominciava l’ultima fase della conquista del West), con l’obiettivo di propagare il Cattolicesimo tra i nativi e tra i bianchi. La loro storia è stata raccontata da Paolo Poponessi nel suo libro Mission. I gesuiti tra gli indiani del West, pubblicato da il Cerchio nel 2010.
Come spiega l’autore, l’esperienza gesuitica si distingue in modo netto dagli altri incontri tra gli stranieri e i nativi:
ciò che è da sottolineare è che i gesuiti tentarono sicuramente una relazione con gli indiani non caratterizzata da sopraffazione e violenza; in effetti fu un tentativo che non impropriamente si può accostare, pur con evidenti differenze, all’esperienza fatta dagli stessi gesuiti con le riduzioni paraguayiane tra gli indios sudamericani a partire dai primi del Seicento.
I gesuiti ebbero particolare cura nell’apprendere e nel conservare le lingue indiane e la loro azione prevedeva il mantenimento degli elementi identitari dei popoli con cui entravano in contatto, nonché la preservazione della loro autonomia sociale ed economica. Le loro posizioni erano l’esatto contrario di quelle dei missionari protestanti, che consideravano l’eliminazione dei costumi dei nativi e l’imposizione del modello culturale statunitense come un processo di “civilizzazione” inscindibile dalla cristianizzazione.
Alcune tribù ebbero particolare stima per i membri della Compagnia di Gesù, chiamati anche "abiti neri", di cui richiesero la presenza nei loro territori. Tra i Flathead, i Pend D’Oreille, i Kootenai e i Coeur d’Alene il Cattolicesimo si diffuse con successo, e gli "abiti neri" non furono identificati come invasori o rappresentanti del governo; la nuova fede universalista, insegnando l’uguaglianza tra i popoli, appianò inoltre i contrasti e gli odi tribali.
Il libro non dimentica anche la presenza di gesuiti italiani in nord America: essi vi giunsero in numero consistente e con costanza dopo la breccia di Porta Pia (20 settembre 1870), ultimo atto del Risorgimento.
Non sorprende quindi scoprire che già nella prima metà dell’Ottocento il capo dei Flathead Victor, battezzato da un gesuita, avendo appreso delle persecuzioni che il Papato stava subendo da parte dei liberali, scrisse una lettera al Pontefice Gregorio XVI offrendogli l’aiuto della sua tribù. E che i Coeur d’Alene scrissero un’altra missiva, rivolta invece a Pio IX, in cui gli offrirono appoggio militare contro gli eserciti del Regno d’Italia:
Abbiamo un contingente di uomini non preparati alla guerra ma in grado di mantenere l’ordine nel campo. Se questi possono essere di aiuto al papa, noi li offriamo volentieri ed essi si ritengono fortunati di potere versare il loro sangue e donare le loro vite per il nostro buon padre Pio IX.
Gli "abiti neri" cercarono anche di fare da tramite tra le tribù e il governo, provando a trovare delle soluzioni pacifiche, ma il prevalere dei coloni in un processo inesorabile di espansione determinò anche la fine delle missioni.
Il saggio di Poponessi ci illumina su una storia che pochi in Italia conoscono e la sa raccontare con la piacevolezza di un romanzo.
Sarebbe bello se, dopo tanti western di scarso livello, qualche regista cercasse di portare in scena decentemente almeno una parte di questa grande epopea...
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