Morire a Nassiriya
- Autore: Vincenzo Varagona
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Edizioni Paoline
- Anno di pubblicazione: 2014
“Morire a Nassiriya” da civile, l’impegno umanitario di Marco Beci ricambiato col fuoco
Marco Beci sarebbe tornato a casa il 18 dicembre, nelle Marche, ma il 12 novembre 2003, in Iraq, è successo quello che sappiamo, dice Rosaria, sorella minore di uno dei due civili uccisi con diciassette Carabinieri e militari nell’attentato più grave alle forze di pace italiane all’estero. E pensare che lui, funzionario della cooperazione internazionale allo sviluppo, inviato a seguire la ricostruzione dell’ospedale e dell’acquedotto, non avrebbe dovuto nemmeno esserci nella base Maestrale. Stava ancora cercando una sede per il suo ufficio, quando è stato coinvolto nell’esplosione.
Del gruppo che si spostava sul blindato di otto tonnellate sono morti tutti, tranne l’autista. È rimasto quasi illeso, nonostante tutto, ma per settimane lo shock lo ha costretto a esprimersi solo a lamenti e per un anno ha sofferto di crisi di panico ricorrenti. La ripresa è stata lenta anche per i familiari di Marco, la moglie, i tre figli, le sorelle, come si legge in “Morire a Nassiriya”, una ricostruzione del giornalista lecchese Vincenzo Varagona, per le Edizioni Paoline, 222 pagine, 16 euro.
Interviste, testimonianze, poesie toccanti dell’allora piccolissima Maria Ludovica, il vissuto di un uomo raccontato da altri, perchè non c’è più, ma la sua vita e la sua missione parlano per lui. Sono tanti, conoscenti, giornalisti, sacerdoti, amici, a ricordarlo come un gigante buono, un omone barbuto tutto affetto e senso del dovere e della responsabilità.
Marco Beci, un italiano al servizio del mondo. Era nato a Pergola, in provincia di Pesaro, nel 1960. Liceo scientifico, laurea a Urbino in Scienze Politiche, con tesi sui problemi dell’Africa. Il passo verso la Cooperazione Internazionale è breve. Nel 1988 comincia a lavorare in Africa (Etiopia e Kenya), nei Balcani, in Croazia e Turchia. Il matrimonio con Carla arriva nel 1989. L’ultima trasferta, in Iraq, nell’ottobre 2003.
Essere affidato alla tutela di un’inseparabile scorta militare, ecco il paradosso di Marco, uomo di pace e di profonda fede cristiana, obiettore di coscienza, due anni di servizio civile per la Caritas, nel 1982-83, a Perugia, in un centro di accoglienza e ostello per la gioventù. In Iraq, a fornire supporto all’attività di Marco erano i soldati del 6° Reggimento Trasporti di Budrio, impegnati nell’Operazione Antica Babilonia e con cui con cui condivideva anche la vita in accampamento, vicino ai Carabinieri. Più sicuro di così..., diceva.
Poi arrivò quel giorno. Erano le 7 del mattino, il 12 novembre, quando ci avviammo verso Nassiriya, racconta l’autista sopravvissuto, Umile Groccia. Volevano comprare dei computer, ma avevano fatto tardi, sarebbero passati al ritorno. Sembrava una mattina come tante, semmai più silenziosa. Fecero manovra per parcheggiare il blindato nella base, Marco scese con Ferraro, insieme si diressero verso la porta centrale della caserma.
Avvertimmo un’esplosione devastante. In un attimo tutto distrutto.
Ogni mattina, dal compound nei pressi dell’aeroporto si spostavano in città. Cosa successe alla Base Maestrale, dove Beci doveva passare per raggiungere l’ufficio idrogeologico con dati utili al progetto su cui stava lavorando, lo spiega il comandante del Gruppo Logistico. Salutò con le solite battute allegre e partì coi ragazzi, Groccia e Petrucci, Ferraro, Carrisi, caduti con lui.
Mentre anch’io stavo viaggiando verso Nassiriya ed ero in un punto alto, che dominava la città, vidi prima dei bagliori, seguiti dal rumore inconfondibile delle armi da fuoco. Poco dopo, un’esplosione immensa, l’onda d’urto si avvertì nettamente dentro il mio veicolo blindato e un pauroso fungo nero oscurò il cielo.
Quell’atto vigliacco aveva distrutto le vite di nove iracheni e diciannove italiani, la cui colpa era quella di voler rimettere in moto la ruota della vita. Marco era uno di noi, uno del 6° Trasporti, che la mattina s’inquadrava e cantava con noi l’inno di Mameli e poi partiva per la sua missione, con la sua scorta, assieme alla quale ha tenuto fede fino in fondo al motto del Reggimento: "Ovunque con onore".
Morire a Nassiriya. Marco Beci un italiano a servizio del mondo
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