Neuland
- Autore: Eshkol Nevo
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2012
Confesso che ad invitarmi all’acquisto di Neuland sono state, in primo luogo, le parole che il suo Autore, Eshkol Nevo, ha pronunciato il giorno della presentazione del romanzo, appena pubblicato con Neri Pozza (prima edizione all’estero: quella italiana!), nell’ambito di Festival Letteratura di Mantova, a Settembre scorso:
“[Israele ] è il mio Paese; non potrei vivere da nessun’altra parte. Posso certo criticare la politica di questo o quel Governo, ma l’amore resta. La mia lingua madre, l’Ebraico, per me è un dono, come lo sono i miei amici. All’estero parlo inglese; dopo qualche tempo, però, provo una profonda nostalgia dell’Ebraico, che fa parte della mia identità”.
Forse il più noto tra gli scrittori di Israele dopo la “triade” per antonomasia -Yehoshua, Oz, Grossman-, Nevo è significativo esponente di quella generazione di quarantenni (ben diversa dalla precedente), nei quali alberga una profonda disillusione per la pace non raggiunta; un’insaziabile attesa di futuro e il forte timore che sia venuta meno, nel Paese, la caratteristica solidarietà, ben radicata in passato. L’incontro mantovano è una miniera inesauribile di temi, spunti, riflessioni.
Poche parole sul titolo dell’opera. “Neuland”, cioè “Nuova Terra”, trae spunto dal romanzo, dal sapore vagamente fantascientifico, di Theodor Herzl, “Altneuland” (1902) nel quale il Padre del Sionismo politico immagina che, nel 1928, la Palestina (appunto la “Vecchia-Nuova Terra”) sarebbe stata equamente abitata e condivisa tra Arabi ed Ebrei, caratterizzati, questi ultimi, dai tipici tratti della borghesia mitteleuropea cui Herzl stesso apparteneva.
Il personaggio chiave della nostra storia è Meni Peleg (Pimstein), israeliano tra i 50 e i 60 anni.
Eroe della guerra dello Yom Kippur, stimato consulente finanziario, poco dopo la morte per cancro dell’amata moglie Nurit (Nurik), ha lasciato Israele per rifugiarsi in Sud America. La guerra del 1973 costituisce per lui, una sorta di tabu: non ama parlarne; ma l’esperienza ha lasciato, nell’animo di quest’uomo forte e valoroso, profonde tracce. Che è successo “laggiù”? L’A. non lo rivela; e pure riguardo a Nurit fa menzione di episodi, peraltro appena abbozzati e venati di mistero, che Nevo sa cogliere con sagacia e rispetto. La Partenza, dopo la perdita della moglie, verso luoghi lontani è un tema che richiama alla mente, d’istinto, “Fuoco amico” di A. B. Yehoshua, dove uno dei personaggi principali, il settantenne Yirmiyahu (Yirmi), lascia Israele per sempre dopo la scomparsa della moglie Shuli. Entrambi non avevano mai superato lo shock dell’uccisione -per “fuoco amico”- del figliolo Eyal, durante il servizio militare. Ma, mentre in quest’ultima vicenda il luogo scelto da Yirmi, per espressa volontà di lui, nulla ha a che vedere con il Paese d’origine, nel nostro romanzo il rapporto, pur alla lontana, esiste, come vedremo.
Meni e Nurit hanno avuto due figli, all’incirca trentacinquenni, Dori e Ze’ela.
Dori è il nostro protagonista maschile di “Neuland”. E’ sposato con Roni, nata e cresciuta in kibbutz, una manager molto sicura di sé -anzi troppo-, la quale, proprio per questo suo atteggiamento, lo rende inquieto. I due (vivono a Gerusalemme) hanno un figlioletto di quattro anni, cui Dori è legatissimo, Neta. Le continue preoccupazioni di Dori nei suoi confronti rendono il piccolo ansioso: “Nostalpazzia”, così viene definito il sentimento paterno. La forte Roni è una garanzia per il marito, personaggio insicuro e fantasioso. Nel prosieguo della narrazione veniamo a sapere che egli, persona sensibile, ma incline ad una certa fragilità psicologica, è insegnante di storia; anzi, per l’esattezza, di storie:
“Gli piace allargare per i suoi allievi” annota l’Autore “queste incrinature nella storia ufficiale, tutta date, permettendo loro di intravvedere quel che si nasconde oltre gli argomenti da portare alla maturità. Io non insegno storia, chiarisce…alla prima lezione, insegno storie. Il Medioevo? Non tutto era buio….”.
Tuttavia, col trascorrere del tempo, l’armonia di complementarietà tra i coniugi sembra vacillare. Roni ha sempre meno tempo da perdere con le problematiche del compagno e questi, di rimando, nel timore di essere lasciato da lei, progetta di andarsene per primo. L’occasione nasce con la scomparsa di Meni oltreoceano. Il rapporto tra padre e figlio, pur legati l’un l’altro da un certo affetto non espresso direttamente, era sempre stato caratterizzato da un certo distacco: Ze’ela veniva prima del fratello nelle attenzioni paterne. Nonostante la madre avesse, in passato, cercato di rassicurarlo, Dori sente di avere, in qualche modo, deluso il padre. E allora, approfittando del fatto che questi da qualche tempo non dà più notizie di sé, nemmeno una telefonata o un messaggio e mail alla figlia, parte alla sua Ricerca, perché vuole (ri)annodare i fili con lui; Meni infatti era partito proprio quando il figlio tentava di instaurare un rapporto nuovo col genitore. Una parte notevole del romanzo è dedicata al peregrinare del protagonista nei vasti spazi del Centro e Sud America. E’ l’occasione per farci conoscere figure secondarie, ma tratteggiate con affettuosa efficacia. Ad esempio, Alfredo, il…contatto in loco, un misto tra una guida turistica e un investigatore / trovatore di persone scomparse (non certo a buon mercato, ma assai efficiente): “Io non cerco. Trovo” è il nome del suo sito web. Ha idee tutte sue sugli israeliani e, in genere, sugli ebrei:
“…oltre i cinque sensi che ha la gente normale, voi ce ne avete un altro, di senso: il sesto. Quello della preoccupazione”.
La Natura è dipinta con immagini ricche di colori, di sfumature espressive; Immagini colorate e spesso sonore, in una prosa ritmica, onomatopeica:
“Il suono delle gocce a piombo su una foglia -lo nota dopo qualche giorno- è diverso dal suono delle gocce che scivolano su un ramo, che è a sua volta diverso dal suono delle gocce che cadono sulla giacca….”
Ma anche il “brutto” è notato e non viene sottaciuto; Lima, ad esempio, i suoi albergacci e quell’aria opprimente che inquietano la protagonista femminile che stiamo per conoscere.
All’improvviso, in modo casuale, la vita di Dori si incrocia con quella di una coetanea e connazionale. Sono sempre tanti gl’israeliani in giro per il mondo; mentre, chissà perché, li si immagina sempre…sul piede di casa. Inbar Benbenisti vive a Haifa, dove tiene alla radio una rubrica per famiglie in crisi ed è (forse) un’aspirante scrittrice. Ha una nonna materna, Lili, che alterna momenti di lucidità ad altri di totale confusione. Mentre tra nonna e nipote c’è perfetta sintonia, Lili litiga spesso con la figlia, Hanna, la madre di Inbar. I motivi? In primo luogo la totale incompatibilità di carattere che le separa: Lili è un tipo solare, che vede per lo più, nonostante le gravi prove riservatele dalla vita, il “bicchiere mezzo pieno”; Hanna invece ha un carattere negativo, sempre pronto a tormentare il prossimo, a cominciare dai più stretti familiari. Un altro motivo di contrasto è rappresentato dal compagno di Hanna, Bruno, berlinese. Ciò è inaccettabile per Lili, la quale ha, sui tedeschi (di ieri e di oggi), idee adamantine: che faceva questo Bruno durante la Shoah? Si domanda; e, se non lui, data l’età, suo padre?
Hanna vive nel ricordo del figlio prediletto, Yoavi, morto suicida (senza lasciare messaggi o lettere) durante la “tzavah” (servizio obbligatorio di tre anni nell’esercito). Yoavi, presenza fissa e silenziosa nel romanzo, era un ragazzo sensibile e appassionato di musica. La madre aveva dato all’ambiente militare la colpa di quel gesto, mentre il padre, Yossi, avrebbe voluto vederci chiaro, senza lasciarsi suggestionare da accuse a caso. Il rapporto tra i genitori, già precario, a seguito della tragedia del figlio, si era spezzato e Yossi, dopo aver divorziato dalla moglie, si era lasciato Israele alle spalle per crearsi una nuova famiglia in Australia. Grazie al “fratellastro” Reuven, che gli ricorda tanto Yoavi, Inbar si rende conto di desiderare dei figli; ma non di legare la propria vita a quella dell’attuale compagno, Eitan. L’incontro con Dori avviene per caso. Lei è affascinante, capelli castani “che spuntano con studiata monelleria” da un baschetto a quadretti. I due si scrutano per un po’ in silenzio prima di presentarsi. Anche Inbar (cioè Ambra) compie un viaggio di ricerca. Vuol comprendere il significato della propria vita; per questo si allontana dal consueto mondo. E’ una donna inquieta, dotata di una notevole dose di egocentrismo e cinismo; e non sembra preoccupata dall’impatto sugli altri del proprio comportamento. Dapprima si reca a Berlino, per trascorrervi alcuni giorni con la madre e Bruno. Nelle pagine berlinesi troviamo disagio, desiderio e impegno, da parte di madre e figlia, di stabilire un legame autentico, ma le due non riescono proprio a…prendersi. Tuttavia il rapporto prosegue, pur tormentato, per lettera; anzi si direbbe che esse si intendano più a distanza che di persona. Al momento di rientrare a casa, all’aeroporto, Inbar imbocca, per puro caso, grazie ad una serie di coincidenze, un’altra direzione e vola in Sudamerica.
Incontrato Dori, ella si aggrega a lui ed Alfredo nella ricerca di Meni. Alla storia di Inbar e dei difficili rapporti con la madre, lo scrittore alterna le vicende di nonna Lili, fin da quando, poco prima dello scoppio della guerra, ella era riuscita ad andarsene dalla Polonia, con un gruppo di giovani sionisti, alla volta di Eretz Yisrael (Yisruel) mentre il padre restava in Patria ad attendere il suo tragico destino. Le storie di Lili e Inbar sono strettamente legate tra loro, dato il rapporto di affetto e confidenza che le lega. Il viaggio di Inbar in Sud America si svolge in un ideale parallelo con quello di Lili verso Eretz. Grazie ai ricordi della vecchia signora facciamo conoscenza con il mitico Pima (il lettore scoprirà di chi si tratta), amore idealizzato da lei, la quale peraltro tutta la vita resterà legata all’amatissimo Nathan, suo marito, che, anche da anziano, così ella rievoca, “profumava di frutteto”. L’Autore si sofferma con particolare tenerezza su Lili, figura ispirata, ritengo, a sua nonna, Praha Frishberg z’l (1916-2010), cui il romanzo è dedicato: i ricordi lontani, il suo amore di donna diviso, il doloroso rapporto con la figlia Hanna, la “cocca” del papà. Nelle lunghe ore passate in solitudine, Lili ripensa al passato del quale serba un mondo di ricordi. D’intensa poesia è il racconto del viaggio per mare verso Eretz Israel, dell’arrivo al porto di Haifa e del momento in cui ella ritrova Nathan, già presente sul posto: grande gioia sì, ma Pima non è scomparso dal suo cuore.
Grazie alla loro costanza i nostri viaggiatori giungono in Argentina dove, a partire dal 1890 (nelle province di Buenos Aires, Entre Rios e Santa Fe), vennero fondate una ventina di aziende agricole (nonché alcune cittadine) che riunivano oltre 3000 famiglie ebraiche provenienti per lo più da Russia e Polonia, in fuga dalle persecuzioni. L’autore di questa impresa fu il barone Moritz de Hirsch, filantropo ebreo d’origine tedesca, banchiere e uomo d’affari.
Tuttavia quei luoghi finirono per non rappresentare una sorta di parallelo argentino al ritorno nella Terra dei Padri perché il richiamo verso Eretz Yisrael fu troppo forte. Denso di emozioni sia il contatto col nuovo mondo di Meni, sia l’incontro tra Padre e Figlio, di cui, in qualche modo, è parte anche Inbar, dopo i primi momenti di imbarazzo. La donna tenta, con tutte le sue forze, attraverso questa esperienza che mai avrebbe immaginato, di superare il trauma per la morte dell’amato fratello. Meni ha dato vita ad una comunità (circa una trentina di persone), Neuland, organizzata secondo una formula che ricorda il tradizionale kibbutz; un centro di “attività valoriale per gli israeliani che viaggiano in Sudamerica, ma aperto a persone di tutte le nazionalità a condizione che condividano in nostri valori fondamentali”. Tanto si legge nell’ “Opuscolo informativo per gli Ospiti.” Neuland, è precisato, non intende sostituire Altneuland (così viene chiamato Israele), ma rappresentare una sorta di luogo di cura per “feriti”, nell’anima, da traumi di “prima o “seconda generazione”. Insomma, uno Stato-ombra in miniatura, “un’esperienza purificante per chi arriva da Israele o da altre aree traumatiche del mondo, che rammenti allo Stato di Israele che cosa avrebbe potuto essere. E che cosa potrebbe essere”. Tematica suggestiva, ancorché..scivolosa e, per la verità, strumentalizzabile, se non la si interpreta in modo corretto. Tra Padre e Figlio, a proposito del confronto Neuland / “Altneuland”, si crea una Frattura, ben espressa nel confronto serrato tra i due. Quello del Padre, infatti, è un Cammino verso la Libertà o una Fuga dalla Responsabilità? E, per la verità, il Meni Peleg negli anni lontani della Guerra del 1973 e nel periodo di malattia della moglie, con il suo dolore e tormento, così come ricordato e descritto dai familiari, è assai più reale e convincente della figura mitica e un poco stereotipata che entra in scena in Sudamerica.
Il ritorno duro, repentino alla realtà è dato da una telefonata proveniente da Israele: è Guerra, la seconda guerra del Libano dell’estate 2006, con i missili lanciati da Hetzbollah sul nord del Paese. Il ritorno in Patria ci introduce in un miscuglio perverso di ordinaria quotidianità di Vita e straordinaria Mostruosità di guerra.
“Neuland” è un romanzo complesso: una ragnatela di esistenze, con vari Temi e Percorsi; Intrecci di storie, talora imprevedibili, nel presente e nel passato. L’Autore sa giocare con la “variabile tempo” facendoci correre sulle montagne russe dei suoi flash back; vi è maggiore maturità stilistica e capacità introspettiva rispetto al precedente “La simmetria dei desideri”.
C’è il tema del Viaggio, del Camminare: per trovare l’Altro e Se stessi. Il viaggio è occasione per rivedere la propria esistenza, per mettere alla prova le proprie certezze; una fuga ed una ricerca al tempo stesso. E’ la tematica, pur essendo il contesto molto diverso, che incontriamo nelle opere di David Grossman, specie nelle ultime, come “Caduto fuori dal tempo”.
Nella ricerca del padre di Dori, scomparso in modo misterioso, Inbar cerca, in qualche modo, suo fratello Yoavi, sempre lì, accanto a lei. La ragione di morte del giovane è rimasta un mistero; forse i familiari non avevano adeguatamente considerato il dolore e la depressione che si erano impadroniti di lui allorché la sua ragazza lo aveva lasciato.
Ricca di fascino è la prospettiva di guardare Israele “da lontano”. Cariche di ironia le pagine dedicate all’incontro di Dori con alcuni concittadini, tra i quali l’immancabile ex allieva, e le riflessioni di costoro (che avevano conosciuto Meni Peleg) sul perché questi fosse giunto fin lì, a seguito della crisi che lo aveva colto dopo la morte della moglie. Il desiderio di ricominciare, di cogliere il dolore come un’opportunità, l’entusiasmo che egli era riuscito a trasmettere ai giovani incontrati:
“…sapete qual è il Vs. problema?” aveva domandato loro Meni “Non approfittate del viaggio per raccontare una nuova storia della vostra vita”.
Il linguaggio è spesso svelto, attinto direttamente dalla vita quotidiana, ironico, a volte con martellanti ripetizioni di frasi, tipiche di quando sei sovrappensiero.
Fa trattenere il fiato la lettura di una sorta di…Diario di Meni -scoperto e letto da suo figlio- scritto all’impronta in stile “Ulisse” di Joyce, senza punteggiatura (….”e il dolore israeliano è troppo pesante per me ora ti prego Dio mio piazzami accanto gli australiani emanano una benedetta innocenza una gioia incontaminata…gli americani non sono veri ma è comunque meglio di questo dolore israeliano prima e seconda intifada operazione Scudo Difensivo…).
Da rapido il ritmo narrativo si fa di colpo lento; devi perciò adattarti alla sua musica.
In alcune parti maggiore asciuttezza espressiva avrebbe giovato al testo. Ma, al di là di questi particolari, non ti annoi mai; lo affermo con decisione, contrariamente a chi, magari scoraggiato da alcuni passaggi ardui e senza aver letto il testo con la dovuta attenzione e la mente scevra da pregiudizi, si è lasciato andare ad una stroncatura davvero ingenerosa.
Una Storia intimamente…israeliana. Chi non conosce, almeno in parte, il Paese non è in grado di apprezzare quest’opera. Certo i sentimenti ivi espressi sono universali, ma il contesto, le interpretazioni, il respiro sono israeliani. Un “giardino di simboli”, per dirla con un illustre Autore; di valori vissuti e condivisi nel profondo. Ad esempio, Lili paragona i figli (in questo caso, la figlia) alla patria: “Mia figlia è la mia patria” rammenta un giorno a chi le propone una romantica fuga “..mi fa diventare matta, è vero. Ma questo non significa che non sia la mia patria. Insomma, l’ho portata nel ventre”. E dunque la Patria non la si abbandona, per nulla al mondo.
La conclusione della vicenda la si può immaginare; ma, da parte mia, non la riterrei così scontata come appare. L’amore sbocciato tra Dori e Inbar potrebbe sempre riservare sorprese.
Alla fine spunta una domanda, nella sottoscritta che legge; una piccola / grande domanda, che spero non suoni moralistica, bensì come richiamo alla responsabilità personale: tra questi adulti così impegnati nella ricerca della propria personale felicità, o almeno a trovare un certo equilibrio, ci sarà un posto adeguato per il piccolo Neta?
Neuland
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