Un momento cruciale della propria esistenza messo nero su bianco fra le pagine di Ora che eravamo libere (Fazi editore, 2020, traduzione di Arianna Pelagalli), il memoir della giornalista francese Henriette Roosenburg che racconta la storia della liberazione di quattro prigionieri politici olandesi alla fine della Seconda Guerra Mondiale dalla prigione di Waldheim, un piccolo villaggio nella Germania sud-orientale.
Ora che eravamo libere: trama
Con l’espressione "Nacht und Nebel" (NN) (lett. Notte e nebbia) erano definiti i prigionieri politici nella Germania nazista, condannati a morte e utilizzati come forza lavoro in attesa della propria esecuzione.
Ora che eravamo libere prende le mosse dal termine della Seconda Guerra Mondiale e, una volta abbandonate le sbarre, i protagonisti di questo romanzo — appartenenti proprio al gruppo degli NN, il gradino più basso nella scala gerarchica dei prigionieri — intraprendono un viaggio lungo e intenso di ritorno verso casa in una Germania sprofondata nel caos di fine conflitto.
Zip, voce narrante della storia e studentessa di letteratura olandese e francese dell’Università di Leida, lavorava nella stampa clandestina per divenire in seguito staffetta in Belgio, Francia e Svizzera per un gruppo di partigiani che dava al governo olandese a Londra informazioni sugli spostamenti delle truppe tedesche; Joke, ventenne e fresca di diploma, collaborava con un gruppo di partigiani che si occupavano di raccogliere i piloti alleati abbattuti nei dintorni del villaggio in cui abitava; Dries, l’unico uomo del gruppo, marinaio mercantile di ventisei anni e catturato dopo essere stato scoperto insieme a tre amici dalle navi militari tedesche nel tentativo di attraversare il canale della Manica partendo da una spiaggia olandese; e Nell, una funzionaria del movimento scout olandese, arrestata dopo aver coordinato una rete di nascondigli per i piloti abbattuti in Olanda.
Tre donne e un uomo, tutti giovanissimi, scampati alla prigione e alle condanne a morte che pesavano sui loro corpi gracili e rinsecchiti. Quattro protagonisti forti, che si aggrappano alla vita anche e soprattutto nelle circostanze più terribili e atroci.
“Le mie compagne di cella avevano tirato su i materassi e li avevano appoggiati alla parete; eravamo in piedi nel buio, ciascuna con una coperta, una fetta di pane e il ricamo stretti al petto. Il rumore della prigione si era trasformato in un poderoso boato che s’ingrossava, un’onda dopo l’altra, intorno a noi, vicino a noi, ma non abbastanza vicino. Eravamo ancora chiuse dentro. Si erano dimenticati di noi? In preda alla frustrazione, ci avventammo sulle porte, percuotendole, cercando di sfondarle; e poi finalmente ecco il veloce scalpiccio dei sandali di legno sulla scala di ferro, delle voci francesi che gridavano: “Les condamnés à mort, les condamnés à mort!”. Le prigioniere politiche francesi non si erano dimenticate di noi; stavano venendo a liberarci”.
Un percorso fatto di giorni e notti a dormire sul pavimento, perché il letto è troppo morbido e loro non ci sono più abituati, di strade di campagna o asfaltate in cui tirare il carretto viene più semplice. Un viaggio in cui la libertà è una tensione, una ricerca lenta e progressiva, fatta di baratti, di soldati alleati e di tedeschi ostili. Il lettore scorre su frasi e parole che rendono perfettamente le scene vissute dai protagonisti, illudendolo di trovarsi con loro e insieme cercare di riprendersi la vita.
“E fu allora che ci sentimmo travolgere da un poderoso senso di libertà. Waldheim era una cittadina di piccole dimensioni al centro di una vallata; finché eravamo rimasti rinchiusi lì, con la prigione che incombeva minacciosa nelle nostre menti, eravamo stati liberi solo a metà. Adesso invece, al cospetto della vastità di quel panorama luminoso e quieto, l’immensità della libertà ci investì come un’onda sulla spiaggia, inghiottendoci, togliendoci il respiro, facendoci barcollare sulle gambe stanche. Avevamo tutti una gran voglia di cantare, piangere, urlare e ridere, tutto in una volta, ma restammo a lungo immobili e in silenzio”.
Ora che eravamo libere
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Ora che eravamo libere è un libro forte e commovente, una storia di coraggio, vita e passione che ci mette di fronte a un passato in cui riconoscersi uomini è veramente difficile. Un romanzo che, dopo la prima uscita americana negli anni Cinquanta, è oggi una preziosa e necessaria riscoperta internazionale.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Nacht und Nebel: la testimonianza di Henriette Roosenburg, bestseller negli anni ’50, torna in libreria
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