Niccolò Tommaseo (1802-1874) fu uno studioso completo, originale, ricco di sorprese, che occupa un posto tutto suo nell’età del nostro romanticismo.
Le sue poesie furono composte in un ampio periodo di circa quarant’anni e confluite nel corpus Poesie, edito nel 1872. Tra queste ce n’è una praticamente sconosciuta dedicata a Napoleone.
In occasione del 5 maggio, anniversario della morte di Napoleone, vediamone insieme testo, parafrasi e commento.
“Napoleone”: testo della poesia di Niccolò Tommaseo
Sul mesto scoglio, infra ‘l mugghiar de’ venti,di’, non sentivi il gemito incessantedei mille ignoti, in nome tuo morenti?Fra i pensier tetri del notturno orrore,di’, non vedevi l’Italia a te chiamante,siccome creatura che si muore?Delle forti opre e delle ree che oprasti,le più grandi a te stesso erano ignote;e Dio col sangue che, crudel, versasti,scrisse di lingua nuova arcane note.
Metrica: madrigale di endecasillabi dallo schema ABACBCDEDE di stampo petrarchesco. Infatti presenta una struttura identica a "Perch’al viso d’amor portava insegna" (54), uno dei quattro madrigali del Canzoniere, insieme al 52, 106, 121.
“Napoleone” di Niccolò Tommaseo: parafrasi della poesia
Nell’esilio dell’isola di Sant’Elena, battuta dai venti oceanici, dimmi (Napoleone) non sentivi i lamenti continui di quanti sono morti per te, per ciò che hai rappresentato ai loro occhi e non li conoscevi nemmeno?
Nei cupi pensieri notturni, non vedevi l’Italia che ti chiamava in crisi politica?
Di tutto ciò che facesti di glorioso e di crudele, tu non conoscevi nemmeno le imprese più grandi; il sangue per te versato avrebbe riscritto le pagine della storia.
“Napoleone” di Niccolò Tommaseo: commento
Come Tommaseo presenta Napoleone? Quali aspetti mette in luce? Napoleone è visto come uomo, cristiano, militare, politico? Innanzitutto occorre precisare che Tommaseo fu cattolico e patriota. Ma se la sua fede patriottica fu sicura e costante, la sua religiosità oscillò tra momenti di esaltazione e cadute nello sconforto, nel senso di colpa, nella coscienza della propria debolezza. Proprio la sensibilità con cui visse queste convinzioni fanno di lui una figura insolita nel panorama romantico europeo. Questa precisazione ci aiuta a capire l’inserimento nel testo della Provvidenza.
L’attacco brusco sembra inchiodare Napoleone alle sue responsabilità, ponendolo virtualmente sul banco degli accusati. Il tu confidenziale dell’imperativo ordina a Napoleone di formulare una risposta già scritta dalla Storia. Il ‘dimmi’ rivolge domande incalzanti alla coscienza dell’uomo mentre di giorno osserva l’oceano, di notte è tormentato dai ricordi. Così lo immagina Tommaseo, senza mai nominarlo come Manzoni. E chiede: Hai mai avuto contezza di quanti si sono immolati per te? Tanti morti ti hanno mai pesato sulla coscienza durante la solitudine dell’esilio? Hai mai sentito i loro lamenti senza fine di giorno e di notte?
Lapidaria la risposta dell’autore. Napoleone è stato un capo crudele, insensibile, che ha mandato al macello milioni di uomini, ignorando di essere uno strumento nelle mani di Dio. Ignaro anche che il sangue versato avrebbe riscritto le pagine della storia.
“Napoleone” : confronto con Il cinque maggio di Alessandro Manzoni
Un confronto per sommi capi con la poesia di Manzoni mi sembra d’obbligo.
Rispetto a Il cinque maggio, Tommaseo evita di tratteggiare le tappe della parabola napoleonica, concentrando il focus nel perimetro di un madrigale angusto come l’isola di Sant’Elena. Entrambi ridimensionano Napoleone, proiettandolo in uno sfondo provvidenziale, ma con piglio diverso. Il Manzoni - preso atto della livella della morte con un incipit memorabile-, alla fine dell’ode lo immagina nell’inazione dell’esilio, mentre è sopraffatto dai ricordi delle campagne militari. In chiusura adombra il conforto della fede. Non prende posizione rispetto al suo operato, lasciando ai posteri l’ardua sentenza. Invece la posizione di Tommaseo mi sembra più sfumata, forse contraddittoria e veemente come lo scrittore di Sebenico. Affronta ex abrupto l’uomo Napoleone che ai suoi occhi rappresenta morte, sofferenza, distruzione. L’imperiosità del “dimmi” trasforma l’autore in un giudice. Al contempo, però, Tommaseo inserisce tutto il male da lui provocato in un disegno provvidenziale.
Mi sembra plausibile riassumere cosi le loro posizioni. Manzoni si astiene dal giudicare l’operato di Napoleone, parte del misterioso disegno di Dio. Tommaseo lo mette di fronte alla propria coscienza e lo accusa, benché il male da lui provocato rientri in un quadro Provvidenziale. Il primo ne rievoca la parabola eccezionale suggellata dal conforto della fede. Il secondo ne biasima senza mezzi termini gli effetti di morte e distruzione. Quanto al senso del male, Tommaseo si affida alla Provvidenza.
Chi era Niccolò Tommaseo
Niccolò Tommaseo, poligrafo curioso, dal carattere umbratile, solitario e contradditorio, nacque in Dalmazia (allora dell’Impero Asburgico) nel 1802 da un modesto negoziante originario delle isole dalmate e da madre slava, ma nel suo cuore si sentì sempre profondamente italiano. Diventerà un figura di rilievo del romanticismo cattolico. Così lasciò la sua terra per l’Italia dove patì esilio, carcere, persecuzioni, povertà, e non cessò mai di combattere come scrittore e patriota, sia con la parola sia con l’azione. Per quali ideali? Tommaseo fu un repubblicano e un federalista, contrario alla politica cavouriana. Ebbe una vita estremamente travagliata tra studio, politica, scrittura. A Milano fu un grande amico di Manzoni, visse esule a Parigi e in Corsica. A Venezia fu a capo della Repubblica veneta insieme al Manin nel biennio 1848-49. Si batte per la non-annessione al Piemonte e per la resistenza all’Austria. Caduta la Repubblica va in esilio a Corfù. Trascorse a Firenze, afflitto dalla cecità risalente al 1850, gli ultimi anni della sua vita. Per coerenza con la sua fede repubblicana, nel 1867 rifiuta la cittadinanza italiana e a seguire l’onore di un seggio in senato.
Tra le opere più famose ed esemplari di Niccolò Tommaseo, la prima in ordine di importanza è il Dizionario della lingua italiana in quattro volumi, frutto di intensi studi linguistici e lessicali e dell’ausilio di alcuni collaboratori. Fu pubblicato in edizione definitiva tra il 1858 e il 1879. La seconda è il Dizionario dei sinonimi redatto nel 1830 durante il periodo fiorentino.
Fu una fervida e poliedrica personalità la sua, che si espresse nel pentagono di politica, prosa, poesia, studi linguistici e critica letteraria. Per inciso commentò la Divina Commedia: le sue note esegetiche sono tuttora presenti nei manuali. Individuò per primo i debiti danteschi alle Sacre Scritture. Inoltre, cavalcando l’onda dell’interesse romantico per la poesia popolare, tradusse e pubblicò i “Canti popolari corsi, toscani, greci, illirici”. Insomma un tipo tosto, Niccolò Tommaseo, che non smette di coltivare i suoi interessi anche quando gli occhi lo tradiscono.
Riportiamo alcune osservazioni di Mario Puppo:
il Tommaseo è una delle figure più complesse e interessanti e più difficili da definire della letteratura italiana dell’Ottocento, anche perché non ha lasciato in mezzo a una produzione vastissima, nessuna opera organica che rappresenti compiutamente la sua personalità. (…) Una nota fondamentale è la fede religiosa vissuta con un’intensità e una continuità che comunicano a ogni momento e avvenimento interno o esterno un significato eccezionale. Tutto per lui nell’universo si corrisponde e si compenetra in una misteriosa armonia di cui Dio è la fonte e la grazia. (…) Questa visione è molto personale e in certi aspetti assai audace, però è contenuta e inquadrata nello schema delle verità cattoliche che le impediscono di sfociare in una forma di panteismo non ortodosso.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Napoleone” di Niccolò Tommaseo: testo e commento della poesia dedicata a Napoleone
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