Nella storia del teatro italiano e nella biografia di Eduardo De Filippo Napoli milionaria rappresenta un punto di svolta cruciale, in cui la sensibilità e il talento si incrociano con la vita, la sofferenza e la speranza di un’umanità straziata, restituendole voce e dignità smarrite.
Napoli e la Seconda guerra mondiale
La commedia più importante di Eduardo De Filippo è ambientata nel periodo della Seconda guerra mondiale. Di questa peste che fu la guerra, Napoli rappresentò più di ogni altra realtà umana lo specchio fedele e drammatico. La Napoli bella, dei buoni sentimenti, di O sole mio, la città famosa in tutto il mondo che aveva prolungato fino agli anni ’30 quella Belle époque che da altre parti era durata al massimo fino al primo decennio del Novecento, all’improvviso smise di esistere.
Devastati dalla guerra (bombardamenti, arresti, la fame), i napoletani all’inizio avevano tirato fuori tutto il loro coraggio combattendo contro i tedeschi, ribellandosi. Poi nell’ottobre ’43 arrivarono gli americani, i liberatori che misero in fuga i tedeschi, che però si vendicarono con a stragi violenze deportazioni. L’arrivo degli americani fu una festa, erano l’esercito della nazione più ricca e moderna del mondo, erano soldati giovani alti belli eleganti. E portavano ricchezza e merci e prodotti mai visti; sigarette, vestiti, calze di nylon, persino chewing gum e il ddt. Dalla tela dei loro paracadute si potevano ricavare camicie e lenzuola.
Questa ricchezza improvvisa diede alla testa, e molta di quella merce prendeva la strada del mercato nero arricchendo non tutti ma i più furbi e spregiudicati. Quelli che usavano il mercato nero si arricchirono; gli altri andarono in rovina (per un po’ di farina si dovevano spendere cifre spropositate). Furono soprattutto i costumi a degradarsi: aumentò, per esempio, la prostituzione. Molte ragazze in buona fede per avere un po’ di quella ricchezza, anche solo delle calze di nylon, cominciarono a frequentare quei soldati, che gli parlavano di quanto bella e ricca fosse l’America; molte si illusero che, se fossero state gentili i soldati, loro le avrebbero portate in California, o a Nuova York a fare la bella vita. E invece quasi sempre i soldati se ne andavano da un giorno all’altro con un semplice bye bye, lasciando le poverette con il peso e la vergogna di una gravidanza indesiderata.
Molti, in malafede, a Napoli si inventarono il “commercio del negro”. Ce lo ha raccontato Domenico Rea in Spaccanapoli: si accalappiava con sorrisi e moine un bel soldato, lo si portava in giro per i bar facendolo ubriacare e infine in una camera ammobiliata dove lo aspettava a letto una donna, e mentre lui ubriaco si distraeva, altri lo spogliavano di tutto, anche dei vestiti, costringendolo giocoforza a tornarsene al comando in mutande. Questa era Napoli: una città allo sbando dove la guerra aveva prodotto mercato nero e speculazioni, moltiplicando violenza, malaffare e mancanza di scrupoli.
La Napoli dell’epoca in letteratura
Questa è la Napoli che troviamo in molte opere letterarie del periodo, ad esempio La pelle di Curzio Malaparte, il quale descrive la città come un inferno, l’epicentro di una civiltà europea inesorabilmente decadente e decaduta, in cui malvagità, violenza e vigliaccheria regnano sovrane e la guerra non ha fatto altro che portare allo stremo la degradazione di questo continente che un tempo era stato il centro della civiltà.
Eduardo De Filippo, amico di Malaparte, lesse il romanzo ma non lo amò, e non ne condivise la tesi, perché riteneva che Napoli non fosse affatto un inferno, ma un luogo umano dove la gente aveva sofferto al punto da perdere la testa, ma che tutto sommato si poteva ancora sperare di ricondurre alla ragione. Così scrisse Napoli milionaria.
De Filippo e Napoli Milionaria
Eduardo De Filippo a quel tempo era già un personaggio noto. Aveva esordito a teatro giovanissimo con il padre naturale, il grande Scarpetta, e per molti anni insieme ai fratelli aveva fondata una compagnia tutta sua, i De Filippo, con cui aveva riscosso grandi successi negli anni Trenta con un teatro nuovo, moderno, ispirato al sentimento umoristico di Luigi Pirandello. Poi la compagnia si era sciolta; lui aveva litigato con il fratello Peppino ed era tornato da solo a Napoli nel periodo più cupo della guerra.
Quando scrisse Napoli milionaria, De Filippo girava ogni giorno per i vicoli della grande città, nel suo ventre profondo, e come Verga ascoltava i problemi della gente, vedeva e sentiva la povertà e i problemi della città in ginocchio in ogni sfumatura del suo ricco vernacolo.
Link affiliato
Ecco: Napoli milionaria nasce innanzitutto dall’osservazione, nutrita al contempo da una grande, sincera compassione.
Per cui quando l’autore radunò una compagnia di attori per cominciare a provare la commedia, gli attori capirono subito che Eduardo De Filippo non chiedeva a ciascuno di loro soltanto di recitare una parte, ma di impersonare le vite di persone reali, calandosi nei loro panni — le stesse persone da cui gli attori ogni giorno compravano le sigarette di contrabbando o il caffè. Non lo sapevano ancora, ma quegli attori fecero nascere quello che più tardi sarebbe stato chiamato neorealismo. Rappresentare oggettivamente una realtà drammatica, mostrandola e facendola parlare per come era veramente. Eduardo De Filippo fu il primo a trarre ispirazione dalla realtà circostante mentre la guerra era ancora in corso; poi vennero la letteratura e il cinema, dove gli attori non erano professionisti ma gente presa dalla strada che recitava davanti alla cinepresa nient’altro che la propria vita.
Riassunto della commedia
La commedia è suddivisa in tre atti, ambientata in un basso dove vivono il capofamiglia, Gennaro Iovine, la moglie Amalia e i figli della coppia. Gennaro è un uomo serio, modesto lavoratore; Amalia una donna avida, insoddisfatta e dura di cuore. Si capisce subito che Gennaro non è stimato da moglie e figli.
I atto
Napoli. In un basso dei quartieri popolari vive una famiglia del popolo (una come le tante che durante il secondo anno di guerra si arrangiano come possono). La famiglia è costituita da una madre avida e ambiziosa, figli di diverse età, un capofamiglia in apparenza umile e snobbato da tutti. La moglie va avanti con il mercato nero che porta un benessere apparente, ma la famiglia con i suoi valori va a rotoli. I figli crescono sbandati.
II atto
Passa qualche mese. Gennaro è sparito, forse deportato dai tedeschi. La moglie ha fatto i soldi. Il basso è diventato un piccolo appartamento di lusso. Gennaro torna vestito di stracci e nessuno ascolta il racconto della sua prigionia e le atrocità che ha visto. Solo lui sembra vedere che la famiglia, Napoli non c’è più. I figli hanno preso cattive strade, la più piccola (Rituccia) ha la febbre e sta male.
III atto
Rituccia sta morendo. Occorre una medicina introvabile. Gliela offre un ragioniere ridotto alla miseria da Amalia, ma quest’uomo rovinato con il suo gesto di buon cuore dimostra che l’umanità non è morta. Il medico invita i genitori ad aspettare che la medicina faccia effetto. Gennaro intanto con rigore e umanità riesce a portare i figli sulla buona strada, li comprende, accogliendoli nella sua paternità. Si comporta da padre da uomo e affronta la realtà. La battuta conclusiva "Ha da passa a nuttata" è una speranza e una presa di coscienza su un mondo devastato dalla guerra che tuttavia ancora lotta per riscattarsi.
La prima rappresentazione
IL 25 marzo 1945 la commedia fu rappresentata. La guerra era finita da sei mesi, lasciando ferite profonde, dubbi e paure, ma c’era anche un grande bisogno di speranza. Alla chiusura del sipario il pubblico, che aveva seguito in silenzio la rappresentazione, restò muto ancora un minuto poi esplose in un applauso commosso fragoroso partecipe. Perché Eduardo De Filippo aveva saputo intercettare e rappresentare quei sentimenti contrastanti di paura, speranza, umiliazione e desiderio di risorgere, di "passare la nottata".
Quella sera nacque il Neorealismo, ma nacque anche il Teatro di Eduardo: non più il figlio illegittimo del grande Scarpetta, non uno soltanto dei tre fratelli De Filippo, ma Eduardo e basta, autore e attore di un teatro pieno di umanità, di sapienza, capace di osservare con una vista acuta l’anima più profonda di una società e degli individui che la compongono e di darne una rappresentazione realistica, autentica e profondamente umana.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Napoli milionaria: la Napoli della Seconda guerra mondiale nell’opera di De Filippo
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Arte, Teatro e Spettacolo Storia della letteratura Eduardo De Filippo
Lascia il tuo commento