Natura morta in riva al mare
- Autore: Jean-Luc Bannalec
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2013
“Era una magnifica giornata d’estate, quel 7 luglio”. Il commissario Georges Dupin, in una di quelle grandiose giornate atlantiche che lo mettevano solitamente di buonumore, sedeva all’estremità del bancone dell’Amiral lo storico bar ristorante di Concarneau (in bretone Konk – Kerne il più grande porto di tonno d’Europa) la maestosa “città blu”, com’è chiamata ancora oggi per via delle reti da pesca color azzurro intenso che orlavano le banchine nel secolo scorso. Da quando due anni e sette mesi prima il parigino Dupin era stato trasferito in seguito a certe controversie dalla capitale francese alla remota provincia, il commissario beveva il suo petit café all’Amiral. Un rituale rigido e allo stesso tempo piacevole quello di leggere il quotidiano e fare colazione con due caffè e un croissant nelle sale interne dell’Amiral che possedevano ancora lo stesso incantevole fascino di fine Ottocento. Proprio in questo luogo avevano alloggiato artisti di fama mondiale “e, qualche anno più tardi, un personaggio altrettanto noto, il commissario Maigret”. Qui dove Georges Simenon nel 1931 aveva ambientato il romanzo poliziesco Maigret e il cane giallo (Le chien jaune) (1931), un altro Georges constatava con piacere che l’Amiral così pieno d’atmosfera, autentico e privo di ornamenti folcloristici era senza dubbio il cuore segreto della città. Il blu sembrava regnare dappertutto, l’aria era molto calda già di prima mattina e allo stesso tempo molto nitida “ogni cosa possedeva un’aura chiara e nitida” e il commissario dai metodi poco ortodossi si sentiva un po’ bretone anche lui (“i parigini per i bretoni erano i veri stranieri”) immerso in tutta questa bellezza, perché l’atmosfera più bella di Concarneau è il mare stesso. “Un omicidio. C’è stato un omicidio”. La voce noiosa dell’ispettore Labat usciva dal cellulare a interrompere una giornata che si annunciava perfetta. “A Pont – Aven, commissario. Pierre – Louis Pennec, il proprietario dell’Hotel Central, è stato trovato morto nel suo ristorante”. Un omicidio in alta stagione a Pont – Aven in quel pittoresco villaggio che era divenuto celebre alla fine del XIX Secolo per la sua colonia di artisti, guidati da Paul Gauguin, dalla quale sarebbe nata la scuola di Pont – Aven (Émile Bernard, Charles Filiger, Henry Moret e altri pittori impressionisti) che avrebbe inventato un nuovo, radicale stile pittorico. L’attempato Pierre – Louis Pennec, non un avido uomo d’affari ma un mecenate, era un albergatore leggendario, un’istituzione, un’icona locale proprio come lo erano stati suo padre e, prima di lui sua nonna, la famosa fondatrice del Central, Marie – Jeanne Pennec. Ora il 91enne, magro ed energico e dal portamento fiero, giaceva in una pozza di sangue in una posa molto scomposta, più volte accoltellato. Un omicidio brutale nei confronti di un uomo meraviglioso.
"Chi può aver fatto una cosa tanto crudele? Gli volevano tutti bene, commissario. Tutti. Tutti lo apprezzavano e lo ammiravano. E questo... questo nella nostra bella Pont – Aven. Terribile”.
Un proverbio bretone dice che “un mare calmo non ha mai prodotto un buon marinaio” e Jean – Luc Bannalec, pseudonimo dello scrittore tedesco Jorg Bong, innamorato della Bretagna, ambienta la prima riuscita indagine del commissario Georges (in onore a Simenon) Dupin, grande, grosso, robusto e massiccio, a Concarneau e a Pont – Aven “il più grande atelier sotto il cielo” dove soffia la brezza costante, leggera e quasi impercettibile dell’Atlantico. Qui nel dipartimento del Finistère ai confini del mondo, finis terrae come i romani avevano battezzato la parte più esterna della penisola selvaggiamente frastagliata che si protendeva lontano nel mugghiante Oceano, il poliziotto con rapidità (in quattro giorni) e fine precisione avrebbe risolto un caso apparentemente inspiegabile. Le armi di Dupin sono il ragionamento, l’acume, la sua penna nera Bic che perde spesso e il suo taccuino, un quadernetto Clairefontaine senza righe di un rosso brillante che fa da contrasto al carattere ostinato e cocciuto del popolo bretone.
Il romanzo, che ha venduto in Germania oltre 300mila copie, contiene evocative descrizioni di quella zona, l’antica terra dei Celti, l’Armorica, la terra sul mare come l’avevano battezzata i Galli nella quale gli artisti cercarono il primitivo, il semplice, l’incontaminato e dove trovarono il mondo rurale, contadino, le usanze e le feste. Ma soprattutto “l’inclinazione bretone al soprannaturale e al mistico”. In Bretagna è piacevole incontrare il commissario Georges Dupin che si muove a bordo della sua vecchia Citroen XM blu spigolosa e massiccia in questo luogo magico nel quale mare e terra appaiono due mondi vicini e al tempo stesso lontani, estranei.
“Meno aveva idea di come stessero le cose, più prendeva appunti importanti. Continuava a sembrargli tutto irreale, ma conosceva bene anche quella sensazione. A dire il vero, la provava spesso. Doveva darsi da fare. C’era stato un omicidio. Adesso era affar suo.”
Natura morta in riva al mare
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