Nel cuore profondo
- Autore: Henning Mankell
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2021
Risale al 2004 la pubblicazione del romanzo Djup, “profondità”, di Henning Mankell, l’autore svedese famoso in tutto il mondo per la serie di romanzi polizieschi con protagonista il commissario Kurt Wallander della polizia di Ystad.
In Italia è stato riproposto da Marsilio (2021, traduzione di Barbara Fagnoni) col titolo Nel cuore profondo.
Il narratore ci spiega che la storia inizia nell’autunno 1937, quando la cinquantasettenne Kristina Tacker riesce inaspettatamente a fuggire dall’ospedale psichiatrico vicino a Säter in cui è rinchiusa da più di vent’anni:
“Dicevano che nei giorni di bonaccia si potevano sentire le grida dei matti fin dalla sponda opposta del lago. Soprattutto in autunno. Quelle grida appartenevano all’autunno.
È autunno anche quanto inizia questa storia.”
In realtà, questa storia ha radici più lontane nel passato e per capire come mai Kristina Tacker si trova in un ospedale psichiatrico – "inaccessibile", visto che sono passati dodici anni da quando ha pronunciato l’ultima parola – dobbiamo tornare alla metà di ottobre del 1914, ancora in autunno.
La Grande Guerra è iniziata da due mesi e diciannove giorni; la Svezia non è stata ancora coinvolta nel conflitto, ma la flotta si sta preparando a intervenire nel momento in cui le circostanze dovessero cambiare.
L’ufficiale della marina svedese Lars Tobiasson-Svartman viene mandato nel Baltico – teatro di scontri tra la flotta tedesca e quella russa – con un incarico segreto: effettuare le misurazioni batimetriche delle rotte militari alternative che collegano la zona a sud dello stretto di Kalmar con gli accessi a nord, al centro e a sud del porto di Stoccolma:
“Negli ultimi dieci anni un eventuale aggressore avrebbe potuto preparare degli sbarramenti di mine lungo le rotte indicate sulle carte nautiche pubbliche, e quindi accessibili anche alla marina mercantile. Per ovviare a questo rischio, esisteva una rete di vie navigabili alternative e segrete, usate soltanto a scopo militare.”
Il bene più prezioso di Lars Tobiasson-Svartman è un batimetro in ottone che conserva con cura maniacale, il suo sogno, invece, è trovare il fondale più profondo di tutti.
Il giorno della partenza, la moglie Kristina ha preferito non accompagnarlo fino alla nave: si sono scambiati un saluto frettoloso e ora che lui sta attraversando la passerella viene turbato da un senso di insicurezza e, insieme, da una chiara presa di coscienza:
“Era un uomo solo. La sua solitudine era un abisso nel quale temeva ogni giorno di precipitare. Un baratro di non meno quaranta metri, si diceva, per essere certo di morire, se avesse deciso di buttarsi. […] Anche i suoi primi ricordi parlavano di distanze. Fra lui e sua madre, fra sua madre e suo padre, fra il pavimento e il soffitto, fra il dolore e la gioia. Tutta la sua vita si basava su distanze da misurare, accorciare o aumentare. Era un uomo solo, costantemente impegnato a definire e controllare nuove distanze.
Calcolarle era una sorta di rito, il suo strumento personale per tenere a freno i movimenti del tempo e dello spazio. La solitudine era stata da sempre la sua seconda pelle.”
A bordo della cannoniera Blenda, Lars Tobiasson-Svartman segue una rotta che disegna un arco intorno ad alcuni isolotti a sud di Halsskär, l’ultimo lembo di terra dell’arcipelago: il lato occidentale non è mai stato mappato ed è lì che potrebbe trovare un canale abbastanza largo e profondo da permettere il passaggio di una nave.
Halsskär – ha il perimetro di un chilometro – è solcata da burroni profondi e da avvallamenti; il terreno argilloso si è stratificato permettendo a particelle di assenzio di crescere qua e là. Sulle rocce a picco sul mare, modellate in ripidi precipizi e crepacci da cui non si scorge l’acqua, si sono arrampicati l’erica e i licheni.
In questa terra desolata e solitaria, nella parte interna della baia, Lars intravede un pontile sgangherato e una barca ormeggiata; lì vicino, un appezzamento di terra pianeggiante con una casupola, un orto un campo di patate. Dall’uscio esce una donna con un’accetta in mano e i lunghi capelli biondi legati in una treccia infilata sotto il maglione. Per Lars Tobiasson-Svartman questa “apparizione” diventa la sua nuova ossessione.
Farà di tutto per tornare sull’isola e rimanervi bloccato per alcuni giorni, senza insospettire l’equipaggio della Blenda, così da poter avvicinare nuovamente la donna.
Sara Fredrika – questo è il suo nome – non sa nulla della guerra in corso. Vive sola sull’isola dopo che il marito è morto sotto i suoi occhi, trascinato a fondo da quelle stesse reti che stavano cercando di recuperare durante una tempesta.
Vedere l’uomo che si ama morire fra le urla dev’essere come vedere l’inferno.
Dopo il suo racconto, Lars Tobiasson-Svartman non ha dubbi:
“Ebbe la sensazione di aver remato fino a Halsskär per un unico scopo: perché quella donna avesse qualcuno che l’ascoltasse.”
Da questo momento in poi, cercherà, con qualsiasi mezzo, di tornare da lei: un’attrazione capace di generare un crescendo di violenza e, soprattutto, bugie: Lars, abile manipolatore, mente, fin da subito, a Sara, e mentirà, ai suoi superiori e alla moglie, che lo ha aspettato senza mai dubitare di lui, e che, una volta tornato a casa, gli confessa di aspettare un bambino.
Solo il capitano della nave e il suocero riescono a intravedere la sua vera natura.
Il prezzo da pagare, tuttavia, è molto alto:
“Sono stato capace di costruire una menzogna, pensò. Ma non sono riuscito a vivere nel mondo creato dalle menzogne. Il truffatore vive una vita, la frode ne vive un’altra.”
È così che un uomo razionale, la cui più grande aspirazione è avere tutto sotto controllo, poter calcolare con precisione distanze e profondità, si trova a seguire rotte sconosciute, a sondare l’ignoto, non solo in mare, ma anche dentro di sé.
E dopo essere precipitato nell’abisso, è costretto a riconsiderare la tutta la sua vita:
“Si rese conto di aver fondato la propria vita su un’idea insensata. Aveva inseguito la distanza quando avrebbe dovuto cercare la vicinanza. Fu allora, in quei giorni prima di Natale, che incise il suo nome sullo scoglio.
Solo in seguito capì di aver scolpito la propria lapide.”
In un romanzo che si svolge – come spiegato dall’autore nella postfazione – in una terra di confine tra la realtà e la fantasia, l’atmosfera si fa sempre più carica di tensione. Circondati da un paesaggio incontaminato e battuto da tempeste, ostile e desolato, caratterizzato da un clima che diventa esso stesso un vero e proprio personaggio, i protagonisti di questa storia dovranno affrontarsi un’ultima volta e, come forze che si attraggono o si respingono, decidere quale strada intraprendere.
Nato da una lunga riflessione sul perché al mondo ci siano troppi uomini che mentono quando si tratta di sentimenti, Nel cuore profondo mette in luce aspetti forse poco conosciuti della produzione letteraria di Henning Mankell.
Un autore che non è rimasto entro i sentieri certi e sicuri di un genere conosciuto, sperimentato e di successo, ma – proprio come i suoi personaggi – si è inoltrato per altri cammini, a volte più impervi, a volte oscuri, ma sempre sostenuto dalla potenza della sua scrittura.
Nel cuore profondo
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Nel cuore profondo
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