Nel nome del Figlio
- Autore: Vittorio Sgarbi
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2015
Vittorio Sgarbi, critico e storico dell’arte, uomo televisivo, impegnato anche in politica, è una persona che non ha bisogno di alcuna presentazione. Ma credo che non tutte le persone che lo conoscono abbiano avuto modo di apprezzare la sua straordinaria capacità comunicativa anche attraverso la scrittura. “Nel nome del Figlio” (Bompiani, 2015) con la lente della storia dell’arte figurativa, guarda al tema della vita di Gesù, Figlio di Dio, capace di farsi uomo e di resuscitare, salvando il mondo. Così, infatti, afferma l’autore:
“È certamente indicativo che la più grande rivoluzione compiuta nella storia dell’uomo sia legata al nome di un Figlio. Rivoluzione che trova fondamento e certezza nella Resurrezione. Le rivoluzioni non le fanno i padri. Le fanno i figli. Dio ha creato il mondo, ma suo Figlio lo ha salvato”
La galleria dei ritratti che Sgarbi ci propone sono quelli più conosciuti, ma anche, e soprattutto, quelli meno noti, che ci invita a scoprire e a guardare con attenzione, cogliendone i particolari, gli aspetti distintivi che li differenziano dagli altri e, nel frattempo, di quelli che sono gli elementi ricorrenti, comuni, condivisi. Il Dio che si è fatto uomo nel Cristo
“non è un uomo animato da Dio, non è uno strumento di Dio: è un uomo che deve conquistare Dio essendone l’incarnazione terrena”
come nel caso della Cappella degli Scrovegni, opera di Giotto a Padova. Se Dio Padre resta lontano, appare solo in forma astratta e, quando si materializza, rimane sempre in alto, irraggiungibile, etereo, il Figlio, invece, appartiene al mondo, si è fatto uomo, è “dentro al mondo”. La pittura dà dimensione, forma, corpo e volto all’umanità di Gesù, il Salvatore. Bellissimo il capitolo dedicato ad Andrea Mantegna: Il Figlio è ogni uomo, nel quale descrive e analizza il Cristo morto della Pinacoteca di Brera a Milano. Il Cristo è messo a confronto con la fotografia di Che Guevara rappresentato morto. Guardando il corpo di Cristo siamo portati a verificare la sofferenza e il dolore che ha patito, ma abbiamo la certezza di cogliere, nell’assoluta “serenità del volto” la certezza che ha portato a termine la sua missione.
“Mantegna, pur senza rappresentarla, già fa intravedere la luce della risurrezione. Benché morto, qui il Cristo ha un’assoluta serenità nel volto da far capire che è comunque vincitore… Fa intravedere la gloria futura, sia pure nel momento della morte, dell’apparente massima sconfitta che si materializza sui volti in lacrime di Giovanni e della Vergine”
Il repertorio iconografico è ricco e molto precisa la resa cromatica, di qualità.
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