Friedrich Nietzsche (1844-1900) è uno degli autori che maggiormente affascinano studenti e lettori di ogni tipo per la radicalità delle sue tesi, per l’effetto immediato dell’aforisma (la forma filosofica da lui privilegiata) e per l’apparente semplicità del suo pensiero: appare, quindi, utile evidenziare 5 cose da sapere che consentono un primo approccio a questa filosofia.
Vediamo insieme 5 concetti chiave che consentono di entrare nella sua filosofia, non solo per il lettore affascinato da questo filosofo ma, soprattutto, per gli studenti che spesso scelgono questo autore come argomento della tesina necessaria per affrontare gli esami di maturità.
Nietzsche: la Grecia classica e la critica della cultura
Arrivato giovanissimo sulla cattedra di Filologia classica dell’Università di Basilea, Friedrich Nietzsche, di formazione letteraria e non filosofica, inizia la sua produzione con una serie di opere dedicate ai classici greci, che trovano il loro punto d’arrivo più convincente nella Nascita della Tragedia (1871). Soprattutto in questo testo, Nietzsche individua in Eraclito la radice del suo stesso pensiero, ovvero il primato del divenire sull’essere, il flusso del tempo come dimensione veritiera della realtà, l’unità degli opposti che anticipa la conflittuale unità di apollineo e dionisiaco.
Sempre nella Nascita della Tragedia, sulla scorta di Gorgia e Protagora, il linguaggio viene inteso come convenzione la cui essenza non è quella di rappresentare la realtà: si tratta di un’affermazione che, in nuce, contiene il decisivo tema del prospettivismo e del relativismo, ovvero l’idea in base alla quale non esistono né verità né falsità ma solo ma solo prospettive differenti sulla realtà:
“non ci sono fatti, bensì solo interpretazioni”
Sono i valori che decidono ciò che va considerato vero e ciò che va tenuto per falso, per questo per Nietzsche è possibile mettere radicalmente in discussione i tradizionali concetti di soggetto e di coscienza. Il soggetto è semplicemente una posizione prospettica tra le altre, un “effetto di superficie”, senza alcuno di quei caratteri di unità che la filosofia precedente (da Cartesio a Kant) aveva tematizzato. Ogni rappresentazione del soggetto (come già avevano affermato Spinoza e Liebniz) deriva, invece, da un impulso, da un desiderio (conatus o appetitus) del soggetto stesso nei confronti di un oggetto, ciò implica che la rappresentazione non è necessariamente accompagnata dalla coscienza che, piuttosto, diventa un suo accidens.
Il soggetto, dunque, non è un io autocosciente e trasparente, come vuole la tradizione razionalistica e idealistica, ma un complesso conflittuale di “centri di forza” senzienti e attivi, secondo una loro propria istintualità, come già aveva affermato Schopenhauer, quindi l’io autocosciente è solo una piccola ragione, di fronte alla grande ragione del corpo.
Poste queste premesse, nelle Considerazioni Inattuali (1873-76) Nietzsche affronta la critica della cultura occidentale, ricercando in essa le forze sane che consentano di attuare una rinascita della cultura tragica. Mentre nella prima inattuale attacca David Strauss e la cultura del Reich giudicata “senza senso, senza sostanza, senza scopo”, nella seconda inattuale Nietzsche si scaglia contro le illusioni storicistiche, proprie del sistema hegeliano, che idolatrano il fatto e tolgono senso all’individuo. La terza e la quarta inattuale sono dedicate rispettivamente a Schopenhauer e Wagner: il primo considerato come il maestro di vita, che indica all’umanità il modo di non essere conformista, libera e liberata; il secondo come il “redentore”, capace di indicare all’uomo la via della rinascita dalle ceneri della catastrofe.
La fase illuministica
Con Umano troppo umano (1878) si consuma la rottura dai maestri: Nietzsche si sveglia dal sogno romantico e dalla metafisica schopenhaueriana e dalla divinizzazione wagneriana dell’arte; cambia lo stile con il saggio che lascia il posto alla scrittura franta degli aforismi e cade la convinzione che la cultura possa essere rinnovata attraverso un riscatto estetico dell’esistenza.
Mentre si intensificano gli studi di morale e di psicologia l’arte, in questo periodo definito da alcuni illuministico, lascia il posto alla scienza intesa non in senso positivistico quanto, piuttosto, come analisi critica, esercizio del dubbio e diffidenza metodica che fa di Nietzsche, consapevole dell’ineliminabilità degli errori dalla stessa scienza, un lucido anticipatore della tematica epistemologica novecentesca.
Il filologo, in questa fase, lascia il posto al filosofo che lavora con il metodo critico e storico, non ci sono più né verità eterne né verità assolute, solo il recupero di autori come Voltaire che, animato dal disincanto, riduce le forme di vita alle loro basi sensistiche e, soprattutto, al piacere, come avviene anche in Leopardi, tra i poeti preferiti da Nietzsche stesso.
Questa svolta metodologica mette definitivamente da parte, attraverso l’antropologia e la biologia, il sovraumano e la trascendenza, producendo una critica corrosiva della cultura dell’età moderna e dei modelli culturali dell’Ottocento di cui Nietzsche annuncia lo stato di malattia.
I grandi sentimenti dell’umanità, che avevano animato i precedenti sistemi morali, sono smascherati come illusioni che trovano la loro radice non nella trascendenza ma in una dimensione tutta umana, bassa, perfino spregevole: l’altruismo maschera l’egoismo, la verità l’impulso alla falsificazione, la santità la bramosia di vendetta.
Il modello umano cui Nietzsche dà forma in questa fase non è più il genio ma lo spirito libero (Freigeist) che costruisce un mondo basato sul principio della “gaia scienza”, libero dall’ignoranza e dalla paura; la sua etica è quella del coraggio e della responsabilità, proprie dei grandi uomini.
In definitiva, la critica illuministica di questa seconda fase si snoda attraverso i seguenti nodi nevralgici:
- critica di ogni metafisica (compresa quella del sapere scientifico, tipica del positivismo);
- critica delle concezioni antropocentriche e antropomorfiche del mondo (l’universo non è né bello, né brutto, né a misura dell’uomo);
- critica del mito del fatto, che non esiste mai senza un’interpretazione;
- impostazione sociologica e psicoanalitica della scienza: la scienza non è mai un’impresa pura e libera da condizionamenti sociali o dal desiderio (personale o collettivo che sia) di sfuggire alle paure per trovare sicurezze;
- processo radicale alla morale;
- attacco alla religione e a Dio.
La filosofia del mattino e il grande meriggio dello Zarathustra
In questo terzo periodo si distinguono una “filosofia del mattino”, quella messa a tema in Aurora (1881) e nella Gaia Scienza (1882), dove lo spirito libero, privo della serietà solenne del concetto, da uomo libero qual è si abbandona all’ebbrezza, alla danza dionisiaca, al gioco. In queste due opere, conosciute anche come gli scritti del “vomere” Nietzsche getta i semi che germoglieranno compiutamente nello Zarathustra, mettendo a tema i pensieri fondamentali della sua filosofia: la morte di Dio, l’Oltreuomo, l’eterno ritorno dell’eguale, la volontà di potenza e l’amor fati.
Con Così parlo Zarathustra (1885), si arriva al grande meriggio, alla formulazione compiuta e più originale dei nuclei principali del pensiero nietzscheano. Cambia la forma della scrittura: l’aforisma lascia il posto a un poema in prosa (che ricorda opere romantiche di poco anteriori, come l’Iperione di Hölderlin e il Prometeo e Epimeteo di Spitteler) dove parabole, dialoghi, profezie, canzoni e racconti sono tenuti insieme da una debole favola.
Il protagonista dell’opera, Zarathustra, figura che rimanda all’antico profeta iranico, giunto all’età di trent’anni, si ritira per dieci anni sulla montagna in solitudine e, una volta giunto in prossimità della comprensione dell’essenza delle cose ridiscende tra gli uomini; non essendo questi ultimi ancora pronti per accogliere il suo messaggio, Zarathustra decide di risalire sulla montagna per aspettare che il suo seme germogli. Quando torna di nuovo, spiega parte del suo pensiero ma non il nucleo più profondo che sarà insegnato solo in un momento successivo. L’ultima parte dell’opera, quella meno riuscita illustra la vita degli uomini superiori, ovvero dei tipi umani che rappresentano il frutto più maturo della degenerazione propria dalla cultura e dei valori del tempo.
Non è possibile, in questa sede, dar conto delle innumerevoli letture di questa complessa opera, si può, però, senz’altro affermare che si tratta di un cammino iniziatico che vuole produrre nell’uomo un mutamento radicale e una rigenerazione, di segno uguale e contrario a quella proposta dal Vangelo. Lo si evince, ad esempio, dalle tre metamorfosi dello spirito: cammello (tu devi); leone (io voglio); fanciullo (io sono) e dalla crescente complessità dei nuclei tematici messi a tema: l’Oltreuomo, di cui Zarathustra parla a tutti; la morte di Dio e la volontà di potenza, di cui parla solo a pochi e l’eterno ritorno, di cui, in realtà, parla solo a sé stesso.
La volontà di potenza
La volontà di potenza, lungi dal poter esser considerata come la semplice volontà di dominio sull’altro o come la giustificazione metafisica di un’ideologia di potenza (come avrebbe voluto la vulgata nazista), deve essere piuttosto intesa come la volontà dell’individuo di affermarsi come volontà, ossia come padrone del proprio destino, di fronte al nulla dei valori, all’assurdità del mondo, alla realtà della sofferenza.
Se si declina questo concetto in ambito morale il soggetto di volontà di potenza è colui che ha la forza di affermare la propria prospettiva del mondo, in questo caso, infatti il concetto trova la propria radice in quello greco di competizione, inteso come principio di organizzazione della vita.
La volontà di potenza instilla la tendenza a “oltrepassare se stessi” pur senza poter essere ridotta a semplice tendenza vitalistica né al “voler-vivere” schopenhaueriano che secondo Nietzsche è una pseudo-volontà dal momento che Schopenhauer aveva rinnegato il principio di piacere.
Il protagonista della volontà di potenza trova forma nella figura dell’artista creatore che costruisce e dà forma alla materia: anche se, qui, si assiste al recupero del tema giovanile (Nascita della Tragedia) della “giustificazione estetica” dell’esistenza, l’arte sana, modello della volontà di potenza, non è più l’arte come catarsi, capace solo di placare le passioni, né l’arte romantica che crea solo per scontentezza e si dissolve nel sentimentalismo esasperato, nello sfogo momentaneo , quanto, piuttosto, l’arte tragica, l’unica capace di assecondare i valori di chi accetta di vivere nella prospettiva dell’eterno ritorno.
La filosofia del martello e la distruzione della tradizione occidentale
L’ultima fase della produzione di Nietzsche, che segna una lenta e amara discesa verso la follia dopo il culmine raggiunto nello Zarathustra, è quella che produce l’attacco più virulento contro le menzogne millenarie prodotte dalla cultura, contro la morale e contro le religioni.
In Al di là del bene e del male (1886) e nella Genealogia della morale (1887) va segnalato una ricerca minuziosa e approfondita dell’origine della vera morale attraverso il ricorso a due metodi differenti:
- il metodo genealogico che consente di risalire all’origine, spesso nascosta, dei comportamenti etici e dei valori, mostrando che la loro vera natura è quella di uno strumento di dominio, un sistema di valori creato dai forti con il solo scopo di assoggettare i deboli o, viceversa, come nel caso dell’asceta, creato dai deboli per assoggettare i forti;
- il metodo psico-sociologico che consente a Nietzsche di interpretare la morale come una legittimazione, a livello “spirituale”, dei rapporti instauratisi a livello pratico tra le diverse classi sociali tra le quali Nietzsche distingue il gregge (o schiavi) e i signori. I primi sono contraddistinti da una morale utilitaristica: sul piano individuale predica l’umiltà e il rispetto delle forme, su quello sociale la democrazia e socialismo; tipico del gregge è il risentimento che è sempre reazione e mai iniziativa, tentativo di appiattire tutto nella mediocrità e mai creazione di valori propri. I signori, di contro, privilegiano i valori dell’individualismo, del disinteresse, dell’orgoglio, della fierezza, della volontà di potenza e della generosità.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Nietzsche: 5 cose da sapere per conoscere la sua filosofia
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