Il volto noir della Bari del dopoguerra nei romanzi di Marcello Introna

Veterinario di professione, ma con un passato recente da sceneggiatore e attore televisivo, Marcello Introna, classe 1977 pubblica il suo primo romanzo Percoco edito da Mondadori nel 2012. Il nome si riferisce all’autore di un efferato omicidio che negli anni Cinquanta scosse l’opinione pubblica barese piuttosto provinciale e sonnolenta.

L’autore introduce il protagonista nella sua prima adolescenza e lo accompagna fino al momento del crudo delitto che lo porta a uccidere con algida e cosciente determinazione i genitori e il fratello minore afflitto dalla sindrome di Down.
Lo stile narrativo di Introna che spesso indulge in particolari raccapriccianti con la compassata distanza di un anatomopatologo quasi rappresenta un filo rosso con quella letteratura tardo ottocentesca a metà tra Verismo e Naturalismo e per certi aspetti descrittivi sembra quasi riprendere in toto le narrazioni di un Zola o di un De Robertis.
Percoco non è né giudicato né condannato. Egli è descritto tout court, va al lettore l’onere di esporsi con l’ardua sentenza di parziale assoluzione o di condanna.

Più cupo e del tutto privo di una luce di speranza è invece Castigo di Dio che copre uno dei periodi più bui della storia italiana e cioè quello che va dalla caduta del regime fascista fino all’occupazione alleata.
Il protagonista della vicenda è un uomo che ha completamente messo da parte la sua umanità per crogiolarsi imperterrito nel male assoluto, ma accanto al protagonista umano della storia vi è un luogo che va da sfondo a tutte le dolenti istorie del libro, la Socia, un orrendo palazzone lasciato per decenni in preda all’incuria più scandalosa.
Non c’è luce, non c’è bontà solo dolore perché dolorosi e cupi sono gli accadimenti descritti.
Un libro meticoloso, franco che racconta senza fronzoli la realtà dei fatti come insegnava Flaubert: lo scrittore deve rappresentare e basta.