Non chiedere cosa sarà il futuro
- Autore: Giuseppe Sgarbi
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Skira
- Anno di pubblicazione: 2015
Non chiedere cosa sarà il futuro di Giuseppe Sgarbi (Skira 2015), padre di Vittorio ed Elisabetta, è il nuovo libro dell’autore, che ha esercitato per quasi mezzo secolo la professione di farmacista nella campagna tra Veneto ed Emilia, nel quale rappresenta una riflessione sulla propria esistenza e il bilancio di una vita, impreziosita dalla Prefazione di Claudio Magris.
“Ogni volta che mi capita di incontrare uno scrittore, non riesco mai a resistere alla tentazione di comparare, dentro di me, il timbro della sua voce e il suo modo di parlare a quelli delle pagine scritte”.
Giuseppe Sgarbi aveva incontrato Giorgio Bassani sulla terra rossa di uno dei campi del Tennis Club Marfisa, il circolo più antico e nobile di Ferrara. Era una primavera di fine anni Settanta, eppure l’autore ancora ricordava il gioco perfetto dell’autore de Il giardino dei Finzi-Contini. Infatti,
“tra il tennis di Giorgio Bassani e il mio c’era più o meno la stessa distanza che passa tra le mie pagine e la sua letteratura: mentre la maggior parte delle mie righe faticano a superare la rete, le sue continuano ad andare felicemente a punto”.
Quella fu la prima e l’ultima volta che i due giocatori s’incontrarono sulla terra rossa, invece nella casa rossa di Ro (Fe), accanto alla farmacia nascosta alla piazza del grande cedro del Libano, Sgarbi e Bassani si videro più volte. Lo scrittore era elegante nel fisico, nei modi e nei pensieri, occhi grandi e uno sguardo che sembrava perdersi in un punto lontano oltre le spalle del suo interlocutore. La voce di Bassani era simile al suo tennis, precisa e rigorosa, “come in una successione incalzante di diritti e rovesci”. Questa è solo una delle tante rimembranze dell’autore novantaquattrenne, dotato di una mente lucida e acuta, il quale ritorna al passato collezionando per il lettore una serie di immagini iconiche legate a sensazioni, istanti vissuti o vagheggiati. A sette o otto anni ascoltare il silenzio muto “profumato, avvolgente, rassicurante” di una giornata particolare, di un dopo pranzo prima di cominciare a fare i compiti. Un silenzio che aspettava il piccolo Giuseppe detto “Nino”, oltre il fosso che delimitava il piccolo podere dietro casa, là dove la campagna si apriva tanto da sembrare mare. Ascoltare il silenzio ondeggiante, luminoso e morbido proveniente da quel mare d’erba e provare “profondissima quiete”. A Nino in quell’istante il silenzio aveva parlato in un orecchio sussurrandogli di chiudere gli occhi.
“Non mi turbai, anzi. La sua era la voce di un amico. Invisibile ma presente”.
Passeggiare con zio Settimio e scoprire il senso della vita e la passione per le belle lettere nella casa di Camerino degli zii. Cittadina altera e distante, nobildonna di rango, algida ed elegante, una sorta di Recanati per il giovane Nino che amava affacciarsi al balcone di Palazzo Ducale per lanciare il suo sguardo il più a nord possibile, nella speranza di vedere se, al di là dell’ultimo orizzonte,
“mi riuscisse di scorgere la punta arrotondata del campanile di Santo Stefano e, poco più sotto, il profilo rassicurante del nostro mulino”.
Dopo lo splendido romanzo d’esordio Lungo l’argine del tempo. Memorie di un farmacista (Skira 2014), vincitore del Bancarella Opera Prima e del Premio Internazionale Martoglio, scritto nella casa-museo Cavallini Sgarbi a Ro cenacolo di scrittori, artisti e personalità della cultura, Sgarbi, in queste pagine, con “fugaci istantanee” non si domanda cosa sarà il futuro. Semplicemente, un vecchio signore ricorda, racconta, riflette, togliendosi il cappello di fronte alla vita.
“Forse il pregio più grande della vecchiaia è quella di essere l’unica stagione della vita nella quale si vive davvero il presente”.
Non chiedere cosa sarà il futuro
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