Non conosco il tuo nome
- Autore: Joshua Ferris
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2010
"Non conosco il tuo nome" è un romanzo perturbante, angoscioso, deprimente ma bellissimo. Non esito a paragonare alcune pagine di questo lungo, lacerante libro ad altre di "La strada", fortunato best seller di Cormac McCarty: in entrambi i romanzi sembra mancare la speranza, sembra che la natura abbia avuto il sopravvento sugli uomini, sembra che il corpo umano debba soccombere alla violenza degli agenti atmosferici. Questa visione apocalittica avvicina i due romanzi americani del nostro tempo alle intuizioni del grande Leopardi, che nella famosa Operetta morale “Diologo della natura e di un islandese” anticipava i temi filosofici del ruolo dell’individuo preda di una natura irrazionale e nemica dell’uomo, solo e disarmato di fronte al capriccioso gioco di un principio vitale privo di senso.
Tim è un uomo giovane, bello, sano, felice: ha sposato Jane che ama profondamente, ha una figlia, Rebecca, Becka, in normale crisi adolescenziale, ed è socio di un noto studio legale di Manhattan. Ha guadagnato molto, si può permettere una vita ricca e comoda nella sua villa fuori città. Ma improvvisamente arriva nella casa di questa famiglia realizzata un nemico invisibile, una malattia unica e misteriosa, un incubo che non abbandonerà più Tim. Egli è improvvisamente costretto ad abbandonare tutto e tutti e a mettersi in cammino, a piedi, portato dai suoi stessi passi verso mete sempre più lontane e sconosciute, per poi cadere esausto e addormentarsi dovunque si trovi, costringendo Jane ad andarlo a riprendere, spesso di notte, spesso in luoghi malsani e inospitali, sempre più lontani da casa. La sua vita cambia direzione: consulta medici, luminari, scienziati non solo americani i quali elargiscono consigli, analisi, terapie del tutto inefficaci. Le ricadute delle camminate si susseguono sempre più vicine. Jane prova di tutto per trattenere il marito: viene ammanettato al letto, viene legato per mesi e sedato, gli viene confezionato un casco da ciclista che contiene raffinati sensori capaci di analizzare il percorso delle sue cellule cerebrali: niente. La medicina non è in grado di fermare i suoi passi forsennati, che vedono Tim costretto, dopo un gravissimo insuccesso professionale che costa la condanna ad un innocente, ad abbandonare lo studio legale, la famiglia, una vita normale. Ormai egli sarà una specie di pellegrino errante, senza meta, incapace di fermarsi, lacero, malato, preda del freddo del nord, del caldo del deserto, della sporcizia delle discariche dove trova rifugio, di luoghi infami che ci mostrano il lato più povero e malato degli Stati Uniti, una specie di backstage del paese più ricco del pianeta, che rivela i suoi aspetti più miserabili. Tim solo talvolta riesce a chiamare casa: nel corso degli anni sua figlia Becka avrà un figlio, sua moglie Jane si ammalerà di cancro, mentre lui non può che continuare il suo vagabondare da uno Stato all’altro dell’immenso continente americano, talvolta ricoverato in fin di vita in ospedali sconosciuti che poi lo dimettono senza conoscerne vita e destino.
Perché Tim deve camminare fino a morire di fatica e di stenti? Cosa ha voluto dirci il giovane Joshua Ferris in questo struggente romanzo sulla impossibilità di accogliere la felicità? L’uomo occidentale, ricco e tecnologico, pieno di certezze, deve soccombere all’irrazionalità del destino capriccioso? Perché si deve soffrire fino a morire di stenti nel paese che ha costruito la più grande ricchezza? Di fronte a questi angosciosi interrogativi non sembrano valere né la fede in Dio, né le armi della razionalità, né l’amore che pure appare l’unica vera risposta che l’autore voglia fornire agli inquietanti interrogativi esistenziali posti dal romanzo. Alla vigilia del suo ultimo viaggio, Tim mostra al suo unico amico, la guardia del corpo Frank che sedeva nell’atrio del suo studio legale e che gli era stato complice quando ancora tentava di nascondere la sua stravagante infermità, una fotografia della sua famiglia: Becka, suo marito, il piccolo Jack e alle loro spalle l’amatissima Jane, Banana nel loro intimo lessico familiare. Forse l’amore per una donna, per la famiglia come istituzione, sono l’unica risposta positiva in questo deserto sentimentale che Ferris ci ha raccontato nel suo davvero straordinario romanzo.
Non conosco il tuo nome
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