Non lo faccio più
- Autore: Cristina Obber
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2012
Cristina Obber la conosciamo già, non solo per l’arguta e succosa chick-lit di “Amiche e ortiche”, ma anche, e soprattutto, per libri nati da accurate ricerche sul campo, nei quali si affrontano tematiche importanti come l’omosessualità femminile, la condizione delle ragazze musulmane importate in Italia e via dicendo.
Nel caso di “Non lo faccio più”, si potrebbe dire che il tema è drammaticamente attuale, se non si trattasse di una piaga spaventosamente radicata nella storia del genere umano: la violenza degli uomini verso le donne, si tratti di loro compagne o conoscenze occasionali.
In effetti, colpisce come, malgrado siano passati cinque anni dalla prima edizione di questo libro, le prospettive non siano assolutamente cambiate. Anzi, rispetto al tema trattato da “Non lo faccio più”, che è essenzialmente quello dello stupro, la cronaca attuale ci racconta una storia ancora più raccapricciante, portata alle sue estreme conseguenze: quella, cioè, del femminicidio. Ma non si commetta l’errore di considerare la violenza sessuale un che di minore rispetto all’assassinio: la violenza è violenza, a partire da quella psicologica, passando per la violenza carnale e arrivando fino all’omicidio. Se, nella maggior parte dei casi, non si giunge a questo estremo, ciò non vuol dire che le altre forme di violenza siano meno gravi o più tollerabili.
Lucidità e sofferenza, questo ha comportato la lunga e dura ricerca che Cristina Obber ha affrontato per scrivere questo saggio asciutto, scarno, senza neppure un fronzolo in più del necessario, eppure così denso di emozioni e partecipazione. L’autrice si è messa, come al solito, in marcia, parlando con vittime e carnefici, senza pregiudizi ma cercando di sviluppare quanta più empatia le fosse possibile con ciascuno di loro. Da questi colloqui, è uscita a volte in lacrime, a volte profondamente urtata. Si è chiesta se sia possibile, per un uomo, non arrivare a capire il dolore che ha causato alla sua vittima: perché, in effetti, malgrado il titolo, molti degli uomini intervistati mostrano un pentimento a metà. Alcuni proprio non riescono a capire che cosa abbia avuto di grave il loro comportamento, altri pensano comunque che la pena sia sproporzionata, altri ancora sono consapevoli di essere sempre in pericolo di ricascarci.
Sembra proprio che l’unico modo di contrastare la violenza di genere sia l’educazione dei figli, sin da piccoli: ma è un percorso lungo e molto faticoso. Nel frattempo, purtroppo, la vigilanza da parte della stessa donna resta l’unico modo di proteggersi. Nel capitolo opportunamente intitolato L’ingenuità, la psicanalista intervistata evidenzia come, malgrado non vi sia assolutamente nessuna colpa da parte della donna che viene infastidita o, peggio, fatta oggetto di violenza di vario tipo, ancora oggi l’essere attente e diffidenti verso i segnali evidenti che gli uomini lanciano sia l’unico modo di sopravvivere. Prudenza è limitazione della libertà? Forse, ma, come afferma la frase conclusiva del capitolo,
“ancora oggi la parità di genere e la libertà sessuale non sono alla portata di tutti”.
Da una parte, quindi, difendere se stesse nell’immediato, dall’altra creare una nuova coscienza attraverso l’ascolto e il dialogo. In questo senso, un libro come “Non lo faccio più” aiuta moltissimo: il doloroso riaprirsi di ferite acquista un suo perché quando rappresenta un passo, anche piccolo, verso una nuova consapevolezza degli uomini.
Non lo faccio più. La violenza di genere raccontata da chi la subisce e da chi la infligge
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