Non luogo a procedere
- Autore: Claudio Magris
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Garzanti
- Anno di pubblicazione: 2015
Possente, impegnativo, dolorosamente amaro è l’ultimo romanzo di Claudio Magris dal titolo “Non luogo a procedere” (Garzanti, 2015). In esso ritornano tanti degli orrori dell’ultimo conflitto mondiale, molti di essi nascosti, celati per un tempo il più lungo possibile quasi a trovare una via d’uscita, uno sconto a ciò cui si potrebbe andare incontro se alcuni gravissimi crimini venissero alla luce.
Magris parte da una vicenda realmente accaduta e la rende poi romanzo: è la storia di un uomo realmente esistito, un professore che, per anni, ha raccolto reperti di guerra per farne un Museo che mostri ancora una volta la tragicità di quegli eventi.
“Sottomarini usati – compro e vendo”
così ha inizio, nella Trieste tanto amata da Magris così che lui la riporta nei suoi libri nel bene e nel male, la storia di quel professore che comprava e vendeva armi da guerra e raccoglieva documenti, anche il più semplice foglietto, per testimoniare l’esistenza di un passato ancor troppo vicino attraverso la creazione di quel Museo che avrebbe dovuto esser monito perché tante crudeltà non avessero più luogo.
Ma su cosa si era fermato l’interesse del professore nonché dello scrittore? C’è una risposta ben precisa che in molti non avrebbero voluto né fosse ricordata e neppure nominata: si tratta della terribile vicenda della “Risiera di San Sabba”, l’unico forno crematorio italiano, non così diverso da quelli costruiti in terra straniera dove furono crudelmente uccisi migliaia di partigiani o ebrei , “gasati” o massacrati a colpi di fucile o di spranga. Non riuscirà il protagonista a portar a termine il doloroso compito per lui d’importanza estrema: morirà arso nella bara in cui ogni notte dormiva, in un rogo che distrugge i documenti e le testimonianze ancora rimaste tra cui alcuni preziosi taccuini. Sembra che quella sia l’ultima fra le tante cremazioni che parevano indispensabili al tempo di Hitler, evocato più volte soprattutto verso la fine del libro.
Le principali voci narranti, cui coralmente se ne uniscono altre, sono quella del ricercatore e di Luisa, la giovane incaricata di ricreare quel Museo con ciò che dopo l’incendio è rimasto. Molti sono i capitoli a lei dedicati che narrano della sua famiglia, di sua madre ebrea, del padre militare afroamericano che le aveva donato una pelle ambrata ma che se ne era andato troppo presto a causa di un incidente di volo e, infine, della nonna, cremata proprio a San Sabba. Sono le vicende familiari a scuotere Luisa e a farle portare avanti quel progetto così dolorosamente complicato e , nella ricerca, destabilizzante. La ricostruzione di eventi e crimini bellici era stata altrettanto sovvertente anche per il professore che per anni era andato alla ricerca di testimonianze, di cimeli e si era imbattuto, così, in vicende diverse ma oltremodo cruente come le guerre tribali dei Chamacoco e dei Caribi, la toccante vicenda del soldato Schimek, giustiziato dalla Wehrmacht per essersi rifiutato di sparare sulla popolazione polacca, la crudele conquista del Messico ad opera degli Asburgo e tanti altri orrori dei secoli passati. Un viaggio nell’odio, nel disprezzo, nel Male, nelle infamie celate per esser cancellate ma che coinvolgono così tanto il protagonista da fargli sentire indispensabile portare a termine il suo compito ora che sa di quante e quali vergogne si sia macchiato il genere umano. Ma la sorte pare beffarda e ancora una volta il fuoco e uno strato di calce sui muri tutto cancellano di quelle testimonianze che s’erano fatte ossessione.
Perché il titolo “Non luogo a procedere”? Questo è il modo di esprimersi giudiziario nel caso in cui, durante un processo, si evidenzi che il fatto non sia previsto dalla legge come reato o addirittura non sussista ed è ciò che avviene nella vicenda narrata perché tanti nomi di personaggi di spicco che non volevano apparire coinvolti spariscono con la distruzione delle carte e, allora, non si può procedere a ricreare il Museo così come lo avrebbe voluto il professore.
A questo ha pensato, però, Claudio Magris che, nel lungo e impegnativo romanzo, ha dato voce a tanti che non ci sono più, sprofondati nell’abisso degli orrori che di umano nulla hanno; l’autore affronta il tema della Storia e la definisce
“tutta una crosta di sangue, grattarla via è impossibile”
e anche
“più che un Libro Tavolare, una Banca del DNA, una valle di Giosafat che attende la resurrezione di tutti i miliardi di esseri viventi ovvero vivi, giacché nessun atomo di vita si estingue”
“una discarica di rifiuti, un elettroshock”
e
“un raschiamento di coscienza e soprattutto della coscienza di ciò che sparisce”
Com’è ancora pesante, per l’autore e per molti altri, il ricordo. Magris, pur amando infinitamente la sua Trieste, ha dovuto e voluto scriverne definendo “anticamera dell’Inferno” la Risiera divenuta ormai “un buco nero nella memoria”. Tra le più crudeli efferatezze, s’intuisce lo scopo dell’autore che è anche quello del protagonista. Come il Museo doveva chiamarsi “Ares per Irene”, il dio della Guerra che si fa apostolo di Pace, Magris racconta, perché è solo attraverso il ricordo doloroso, la denuncia coraggiosa che si effettua la catarsi che nulla del passato può cambiare ma scuote l’animo dei tanti che avranno il coraggio di leggere e portare a termine questo libro.
Non luogo a procedere: 1
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