Non m’importa se Dio muore
- Autore: George Orwell
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2023
Conosciamo il genio di George Orwell dal suo romanzo famosissimo 1984 (1949), un libro profetico, dove il Grande Fratello è eufemismo dello spionaggio, della dittatura più spinta e atroce, basata sul controllo mediatico minuzioso, allora fermo allo schermo televisivo.
Forse non conosciamo Orwell poeta che, come tanti romanzieri, compreso Joyce, hanno scritto versi accanto alla prosa. Egli dichiara di aver ideato la sua prima poesia a cinque anni, dettandola a sua madre, ispirandosi a William Blake, alla splendida “The tiger”, La tigre.
Fresco di stampa è il volumetto di Orwell Non m’importa se Dio muore (De Piante editore, pp.170, 2023) con testi finora inediti, tradotti a cura di Marco Settimini, a cui segue il saggio La poesia nonsense, già pubblicato.
Sono testi epici, poesie legate al suo tempo ma sono anche simboli atemporali, che nell’elemento guerresco magnificano il coraggio e il valore dell’uomo non corrotto e non sottomesso.
Il titolo è spiazzante, ci si domanda come mai l’artista non confidi più in Dio, almeno in apparenza. Ma quale Dio? Può morire solo una rappresentazione divina obsoleta, inadeguata, illusoria.
Quest’uomo estremamente sensibile è stato stroncato psicologicamente dalla brutalità della Seconda guerra mondiale (aveva partecipato alla resistenza spagnola contro il fascismo, sperimentando su di sé i metodi polizieschi e vessatori dello stalinismo). Anche T.S. Eliot era stato sconvolto dalla Prima Guerra, dopo la quale scrisse La terra desolata nel 1922, terra in attesa di una pioggia riparatrice. Orwell amava questo poemetto tragico, mentre non apprezzava i successivi "Quattro quartetti" di Eliot.
Le liriche, rimate, specie le prime, sono quartine piene di forza, combattività per sostenere i soldati inglesi contro i tedeschi nel 1914. Il poeta crede ancora (illusoriamente) in una parte sana e democratica dell’umanità, cosa di cui si ricrederà in futuro. Invoca le forze della natura perché il bene trionfi.
Vediamo il suo pensiero mutare nel tempo.
A noi interessa, a prescindere da considerazioni politiche, il suo scendere in campo, essere parte del “polemos”, della battaglia, senza paura, senza viltà o ignavia, come farebbe un leone, con la saggezza attribuita alla volpe:
"Oh! Dammi la forza del leone, / La saggezza di Renart la volpe, / E scaglierò truppe ai tedeschi, / E darò loro il più duro colpo. / Oh! Pensate al pugno corazzato / Che sta colpendo oggi l’Inghilterra, / E alle vite gettate dai nostri / Soldati senza paura in guerra. / Sveglia, giovani uomini inglesi! / Ché se il vostro Paese ha bisogno / E voi non vi arruolate a migliaia, / Di codardia sarà un chiaro segno."
La lirica è del 1914. Nel 1916 Orwell scrive l’epigramma dedicato a un milite ignoto, del cui nome non abbiamo bisogno, basta il simbolo ad onorare tutti i caduti:
Del lutto nazionale non c’è pietra o segno, / Né tomba al suo nobile petto rende onore; / Nemmeno il tributo di una croce di legno / Può indicare le spoglie di questo eroe.
Nel 1935 il suo tono è completamente mutato. Comprende lucidamente che il potere finanziario fagocita ogni tipo di società, è il signore indiscusso in tutto il globo:
Signore di tutto, il dio-denaro, / Che ci governa sangue e mano e mente.
E continua:
Che spia con gelosa,vigile cura, / I nostri pensieri, i modi, i sogni.
Come salvarsi? La poesia può essere il mezzo adatto?
Sì, perché si affida alla natura, che nessuno può ingabbiare; la poesia esorta ad imitarla nella gioia dell’attimo e dell’azione creativa.
Il grande messaggio morale di Orwell poeta è tornare alle forze primordiali vitalistiche, in armonia con le leggi eterne, non stabilite dell’uomo. Non è l’uomo il padrone, né il denaro, né la politica, né la forza delle armi.
Poiché la natura è divina, ecco come egli contraddice l’affermazione drastica e falsamente cinica che titola il libro:
E l’ignaro uccello benedice l’eterna estate, lavora / Gioioso, forte, orgoglioso, allegramente piumato, / Ignaro del falco e della neve e delle notti gelate, / E della morte a cui è destinato.
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