Otto mesi a Ghazzah Street
- Autore: Hilary Mantel
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Fazi
- Anno di pubblicazione: 2017
“Quella sera Andrew accompagnò Frances in centro. Il suo senso di irrealtà crebbe per la lentezza del traffico che procedeva in fila indiana, per le strombazzate di clacson nel primo buio; e per il richiamo alla preghiera trasmesso dai megafoni nell’aria afosa e ferma. Le insegne al neon ruotavano lampeggiando contro il tramonto; su Medina Road i grattacieli erano decorati con luci colorate che tremolavano nella notte usurpatrice”.
Frances Shore è una cartografa, una creatrice di mappe, una donna dinamica, ma quando il lavoro del marito, ingegnere, la porta a metà degli anni Ottanta in Arabia Saudita si ritrova prigioniera. Frances è impossibilitata ad avere una vita sociale. Il paese in cui si è trasferita è governato da un regime corrotto e duro dove la maggior parte degli stranieri sono faccendieri che cercano fortuna e i vicini, musulmani, sono estremamente riservati. Le strade non sono frequentate dalle donne che rimangono confinate nei loro appartamenti. Frances, sola - il marito è troppo spesso fuori per lavoro -, si trova confinata e le sue giornate diventano vuote.
Attorno a lei Ghazzah Street riempita di sussurri e strani rumori provenienti dagli appartamenti vicini. In particolar modo, misteriosi rumori provengono dal piano di sopra che dovrebbe essere di fatto disabitato. Francis per superare le sue paure, i suoi giorni senza certezze e pieni di inquietudini, inizia, catarticamente, a scrivere e, spinta dalla curiosità, a indagare sugli abitanti dell’appartamento sopra la sua testa. Le conseguenze delle sue scoperte saranno violente e disastrose.
“Otto mesi a Ghazzah Street” di Hilary Mantel, appena pubblicato dall’editore Fazi, è un romanzo definito incredibilmente scioccante e non possiamo che essere d’accordo. La nota scrittrice inglese racconta la sua esperienza di vita in Arabia Saudita, precisamente a Jeddah, a Ghazzah Street, un’oasi cosmopolita a circa un chilometro e mezzo dal Mar Rosso, un luogo bellissimo, dove però la vita di una donna è estremamente limitata dalle rigide regole islamiche.
Frances non riesce a uscire da casa e le rare volte che lo fa, non sa dove andare e come impiegare il suo tempo. Conosce altri stranieri - americani e inglesi - ma questi hanno creato un circolo chiuso e sono intorpiditi da un luogo
“dove la terra e il mare sono in continuo mutamento, e dove l’afa si attenua solo a Natale”.
Hilary Mantel racconta accuratamente la storia, la sua storia, l’orrore che sostituisce la noia soffocante del luogo dove lei è stata costretta a vivere per circa quattro anni. I brani del diario di Frances/Hilary sono efficacemente inseriti nel testo, facendo salire lentamente, fino alla conclusione, la tensione e trasformando una storia autobiografica in un thriller mozzafiato.
Gran parte di “Otto mesi a Ghazzah Street” parla di come sono trattate le donne in Arabia Saudita, usando una varietà di esempi forti che dimostrano come i diritti umani vengono calpestati e di come molte persone - in particolare gli americani – ignorano o meglio fanno finta di ignorare la situazione. La ragione per cui ciò che accade in l’Arabia Saudita è tollerato dalla comunità internazionale è chiaramente la ricchezza di petrolio di questa nazione. Hilary Mantel dipinge molto bene la realtà saudita che impone la stretta osservanza di prescrizioni sociali e giuridiche ai cittadini del Regno e ai visitatori stranieri. L’obbligo di indossare in pubblico l’abaja (abito lungo, nero e ampio che non aderisca alle forme) e l’hejab (il velo che copre la testa) è esteso a tutte le donne anche non musulmane che entrino in città. La scrittura di cui si serve Hilary Mantel in “Otto mesi a Ghazzah Street” è geniale e ci fa palpare il pericolo di vivere in una società chiusa e rigida come quella saudita.
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