I padri lontani (Tascabili Bompiani 2021, a cura di Marta Barone pp. 192) di Marina Jarre, nata Marina Gersoni (Riga, 21 agosto 1925 – Torino, 3 luglio 2016), pubblicato per la prima volta da Einaudi nel 1987 e riedito da Bollati Boringhieri nel 1995, torna ora in libreria per Bompiani in formato tascabile.
Chi è Marina Jarre
Emblematica l’esistenza di Marina Jarre, scrittrice, drammaturga e insegnante, detta “Miki”, nata a Riga, in Lettonia, da padre ebreo lettone, Samuel Gersoni, e da Clara Coisson, valdese italiana, che insegnava in una scuola italiana; importante traduttrice per Frassinelli ed Einaudi di molti classici tedeschi e soprattutto russi, da Cechov a Tolstoj, da Dostoevskij a Pasternak, da Turgenev a Bulgakov.
La piccola Marina trascorse l’infanzia a Riga fino al 1935, quando, dopo la separazione dei genitori, si trasferì con la sorella Annalisa a Torre Pellice, in Piemonte, dove viveva la nonna materna. Essendo di lingua madre tedesca, da quel momento Marina Gersoni avrebbe appreso la lingua italiana.
Qui, in un mondo che contiene in sé una tragica storia di persecuzioni e lotte di padri lontani e avi orgogliosi di aver combattuto fino a poco meno di un secolo prima per mantenere la propria indipendenza, la bambina Marina continuava a osservare l’universo variegato che la circondava, come aveva già fatto nella Riga multiculturale, miscuglio di tante nazionalità.
Marina è lettone e cristiana, parla tedesco, i suoi nonni paterni, lui lettone e lei russa, sono ebrei. I nonni materni, italiani ma anche un po’ francesi: sono valdesi.
A diciotto anni Marina giunse a Torino, per frequentare l’Università, dove nel 1948 si laureò in Lettere con una tesi in Letteratura Cristiana Antica. Marina Gersoni, che nel 1949 aveva sposato l’ingegnere Giovanni Jarre, dal quale avrebbe avuto quattro figli, per oltre venticinque anni si dedicò all’insegnamento del francese nelle scuole pubbliche torinesi.
I padri lontani
Nel 2004 l’autrice vinse il Premio Grinzane Cavour con il romanzo Ritorno in Lettonia (Einaudi 2003), una sorta di completamento de I padri lontani, dove avrebbe affrontato la tragica morte del padre, ucciso nel 1941 insieme a una bambina avuta da un’infermiera tedesca e a tutti i suoi familiari nello sterminio degli ebrei che appartenevano al ghetto della città di Riga.
“Mia sorella ed io siamo nate a Riga. Una mia foto a cinque anni: i capelli raccolti in due codini folti ai lati del viso minuto, vestita nel bell’abitino di velluto a righe, scelto come gli altri da mia madre, con sopra il grembiule di casa, sto in piedi accanto alla casa delle bambole e tengo fermo con una mano sul tetto piatto il mio bambolotto Willi, vicino alla gabbia del canarino Pippo. Accenno un sorriso mite e cocciuto e guardo lontano, di lato”.
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In questo romanzo autobiografico, il capolavoro di Marina Jarre, la voce narrante dell’autrice, con una prosa chiara, limpida e mai nostalgica, racconta la Lettonia degli Anni Venti e Trenta del XX secolo, le valli Valdesi dei “Padri lontani” e poi Torino, la vita da adulta, dove Jarre avrebbe trovato l’Italia, per sua stessa ammissione.
Una scrittrice da riscoprire, che ha saputo indagare come pochi autori le frontiere geografiche e dei sentimenti, nata da un padre tanto sfuggente quanto bellissimo e da una madre severa e coltissima, fiera della propria multiculturalità, che è sempre un valore aggiunto.
“L’inno della Lettonia è lento e solenne e difficile da cantare da soli”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “I padri lontani” di Marina Jarre torna in libreria per Bompiani
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