Pantelleria 1938-1943
- Autore: Orazio Ferrara
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
10 giugno 1943: Pantelleria non vuole acqua, chiede munizioni. L’atteggiamento fiero del presidio sull’isola mediterranea sembra degno di un Francesco Ferrucci, di un Pier Capponi, dei difensori impavidi di un castello sotto assedio. Proprio come una fortezza era stato apprestato e armato l’avamposto dell’Italia fascista nel Mar di Sicilia. Appena il giorno successivo, l’ammiraglio in comando, Gino Pavesi, alzava bandiera bianca, a truppe inglesi non ancora sbarcate.
La storiografia ha parlato di mistero della resa e di mistero parla anche Orazio Ferrara, in “Pantelleria 1938-1943. Cronache dalla Piazzaforte”, un volume pubblicato nel marzo 2017 per i tipi delle edizioni IBN di Roma (Istituto Bibliotecario Napoleone, 348 pagine 26 euro), con numerosissime fotografie anche inedite nel testo, su carta patinata.
Già le memorie del papà del prolifico scrittore di origine pantesca avevano cercato di mettere a fuoco vicende e responsabilità di quel giugno 1943. Ma il testo realizzato con tanta dovizia di contenuti iconografici da Orazio Ferrara - ex bibliotecario di Sarno e autore di tantissimi volumi storici - ha il merito di offrirci una prospettiva piuttosto eccentrica rispetto a quella degli storici e delle ricostruzioni di stretto rigore tecnico-militare.
La sua attenzione si rivolge al punto di vista dei singoli, tanto soldati e marinai che isolani, donne comprese, come la mamma Caterina. C’è spazio finanche per la cagna Iole, regalata al papà Giuseppe, 2° Capo di Marina, da un pilota germanico trasferito in Libia, destinazione inadatta all’allora cuccioletta di pastore tedesco. Perfino Iole è entrata nella vicenda di Pantelleria, fuggendo terrorizzata dai bombardamenti e scivolando in un pozzo d’acqua sorgiva, dove i suoi resti finirono per ostruire la pompa di sollevamento dell’impianto idrico, secondo la testimonianza di un geniere britannico.
Quando dall’isola partì il segnale di resa, l’Operazione Corkscrew (Cavatappi) era stata appena avviata, con l’avvicinamento di tre torpediniere. Non quindi le grandi unità coi grossi calibri temuti da Pavesi. Fecero fuoco soltanto posizioni isolate, senza peraltro causare danni agli inglesi, sbarcati intanto in forze e impegnati a rastrellare i nostri 11.400 difensori, con una flemma sorprendente, considerata l’importanza strategica della piazzaforte conquistata.
Eppure, alla vigilia, l’intimazione di resa del generale Spaatz non aveva ottenuto nemmeno un cenno di risposta. Poche ore dopo, gli alleati trovarono invece l’isola disseminata di bandiere e stracci bianchi. Si disse che si era voluto risparmiare ulteriori sacrifici alla popolazione, per una resistenza comunque inutile. Questo è vero, ma non si tentò nemmeno di salvare la faccia e soddisfare l’orgoglio nazionale opponendo un contrasto simbolico, limitato. È un dato però che ogni giorno, per un mese intero, dal 9 maggio 1943, l’isola era stata sottoposta a un pesante martellamento dai bombardieri alleati.
Quanto fosse stato terribile stare sotto le bombe giorno e notte lo chiariscono bene le testimonianze, anche quelle di gente semplice, contadini, popolane, raccolte da Ferrara. Ma è soprattutto lui a mettere in risalto l’inutilità di una resistenza che avrebbe salvato l’onore militare, ma preteso pur sempre qualche vita in cambio. E quel prezzo, a quel punto, poteva considerarsi eccessivo. Su questo non si può dare torto all’amm. Pavesi.
Certo, il nemico trattò i nostri in modo sprezzante, come combattenti pavidi, indegni di rispetto. E ottenne senza fatica una base avanzata dalla quale continuare a seminare lutti nelle località siciliane e della penisola, ora più facilmente raggiungibili dall’aeroporto di Pantelleria.
Orazio Ferrara confessa di aver “pagato” un debito familiare realizzando questo volume, col taglio “dal basso” che gli è caratteristico: attento non tanto alla vicenda bellica in sé, la storia con la “S” maiuscola, ma piuttosto al punto di vista degli ultimi, alle storie minime dei semplici.
Questo libro giunge a compimento di una promessa fatta nell’azzurro dei sogni di un ragazzo. Di episodi della guerra e dei bombardamenti di quella tragica estate del 1943 a Pantelleria sono costellati i ricordi della mia infanzia.
Soffre ancora, scrive, per le lacrime amare versate al momento della resa dal padre, uno degli sfortunati difensori dell’isola. Gli sembra di condividere l’angoscia della madre nelle ore terribili sotto i bombardamenti, mentre proteggeva la figlioletta piangente di nemmeno due anni e temeva per la vita del marito, di presidio in una postazione sotto la quale era scavato un deposito sotterraneo di carburanti per la Regia Marina.
I nonni materni avevano visto andare in polvere in pochi istanti immobili e beni accumulati con pazienza e lavoro dai loro antenati.
Ancora a metà degli anni Sessanta, la guerra a Pantelleria non era passata del tutto. Riviveva nelle bombe inesplose sui fondali sotto costa, nelle macerie abbandonate che nessuno aveva rimosso, nei bunker dismessi, sempre minacciosi con le loro feritoie strette.
Pantelleria 1938-1943. Cronache dalla piazzaforte
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