Una poesia breve, quella che Maria Luisa Spaziani dedica al padre Ubaldo, ma che sprigiona un amore immenso. Affettuosamente la poetessa torinese lo chiama “papà” e poi definisce il termine. In due sole parole “radice e luce” è contenuto tutto il valore della paternità: farsi culla, origine e approdo e diventare un faro che rischiara il futuro e il sentiero impervio della vita.
Maria Luisa Spaziani associa in particolare la paternità a un gesto specifico, l’atto di portare per mano, quindi di condurre, di farsi guida: in quest’immagine così simbolica è contenuto il significato profondo della poesia che è un prodigio di sinestesie, di allitterazioni, di consonanze musicali e allegorie.
Padre e figlia procedono mano nella mano e tutto intorno a loro è un canto alla libertà: l’ottobre del primo giorno di scuola è pervaso da una luce dorata e le rondini trillano nel cielo, in procinto di partire per il loro nuovo viaggio. In una manciata di pochi versi, Spaziani riassume perfettamente il ruolo di un padre, ciò che un padre davvero dovrebbe fare, ovvero: educare alla libertà. Il padre che tiene la figlia per mano non è il suo padrone né il suo cavaliere, ma colui che le insegna a volare fidandosi delle proprie ali, come le rondini.
Il padre della poetessa era Ubaldo Spaziani, un industriale torinese impegnato nella produzione dolciaria. Come lei stessa ricorda in diverse interviste, che di seguito citeremo, fu sempre pronto a incoraggiarla e a spronarla nel suo essere “poeta”.
La poesia Papà radice e luce è contenuta nella raccolta I fasti dell’ortica, edita da Mondadori nel 1996. Vediamone testo e analisi.
“Papà radice e luce” di Maria Luisa Spaziani: testo
Papà, radice e luce,
portami ancora per mano
nell’ottobre dorato
del primo giorno di scuola.
Le rondini partivano,
strillavano:
fra cinquant’anni
ci ricorderai.
“Papà radice e luce” di Maria Luisa Spaziani: analisi
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Questa poesia di Maria Luisa Spaziani è un fermo immagine dal profondo significato simbolico. Tutto è allegoria come in ogni poesia di Spaziani, la Volpe di Montale, che non a caso viene spesso definita come poetessa ispirata, spiritosa e soprattutto “refrattaria alla disperazione”. L’energia vitale attraversa l’intero componimento come la luce dorata del sole di ottobre citato nel testo. In quella luce diafana degli inizi, padre e figlia si tengono per mano: è un’immagine che sembra fermare il tempo; non a caso la poetessa nel finale fa riferimento all’eternità della memoria “fra cinquant’anni ci ricorderai”, come un appunto, una nota a margine di una fotografia, un memorandum rivolto anche a sé stessa. Forse Spaziani vuole dirci che si rimane figli per sempre, nonostante tutto, e quel gesto antico del “portare per mano” non cessa mai di essere il legame primigenio - insolubile - tra genitori e figli, che perdura persino al di là del tempo.
Maria Luisa Spaziani e il ricordo del padre Ubaldo
In diverse interviste Maria Luisa Spaziani ha ricordato il suo speciale legame con il padre Ubaldo, che era un industriale di macchine per l’industria chimica e dolciaria. La poetessa lo racconta come un uomo “allegro e ottimista” che osservò sempre con curiosità i suoi “esperimenti letterari” e i suoi tentativi di affermarsi nel mondo della letteratura.
Curiosamente fu proprio il padre, un uomo pratico e dalle maniere spicce, ad avviare la giovane Maria Luisa sul sentiero della letteratura e ad aiutarla a trovare un editore:
Per cui un giorno mi ha detto: “Ma guarda che è facilissimo pubblicare le poesie, non hai che da scrivere ad un editore, quello sicuramente si farà pagare, noi lo paghiamo, così ti togli questo capriccio e non se ne parla più”.
L’editore scelto dal padre di Maria Luisa era Tallone, un editore piemontese della grande tipografia di Alpignano. L’editore naturalmente rispose subito alla giovane autrice e le promise che avrebbe pubblicato le sue poesie dietro un compenso di trecento lire. Fu a quel punto che la vera Maria Luisa Spaziani, la “Volpe” come la chiamava Montale, emerse in un grido di ribellione: “Ma perché devo pagare subito e non provare prima con i grandi editori?”
Fu così che decise, di testa sua, di inviare le sue poesie alla collana “Specchio” di Mondadori, in via Corridoni a Milano. Dopodiché la giovane Spaziani partì per Parigi, dove aveva vinto una borsa di studio per studiare il francese, e non pensò più al manoscritto inviato. Fu proprio a Parigi, nella sua nuova casa sul Boulevard Saint Michel, che la raggiunse a sorpresa una lettera da Milano, contenente il contratto di Mondadori per la pubblicazione delle sue poesie.
Lei non ci credette. Pensò che si trattasse di una burla di suo padre, di un tipico scherzo del sempre “allegro” Ubaldo.
A questo punto io ho pensato che fosse uno scherzo di mio padre, perché noi avevamo un giardiniere che era fratello o cognato – non so – di uno spedizioniere di Mondadori e siccome mio padre era molto portato alle burle, ho pensato che si fosse fatto dare un modulo di contratto.
Invece era tutto vero, sei mesi dopo le poesie di Maria Luisa Spaziani sarebbero state pubblicate nella prestigiosa collana “Lo Specchio” di Mondadori, assieme a Giuseppe Ungaretti, Vincenzo Cardarelli, Leonardo Sinisgalli. La poetessa definì quell’occasione come una “strana fortuna”; ma ogni volta che raccontava o rammentava il suo esordio non poté fare a meno di ricordare il padre, Ubaldo, e quella spinta iniziale che l’aveva condotta alla pubblicazione. Era un uomo estraneo alle lettere, un uomo d’affari, eppure aveva intuito il talento della figlia e credeva in lei.
Il contratto di Mondadori non era una burla del padre, ma forse in parte lo è stata sin dal principio. Lui l’aveva sfidata per scherzo, ma in verità era serissimo. Il suo “papà” radice e luce le aveva dato un saggio consiglio: l’aveva spinta a essere sé stessa con tutte le proprie forze.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Papà radice e luce”: la poesia di Maria Luisa Spaziani
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