Per amore di una donna
- Autore: Meir Shalev
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Frassinelli
Pubblicato da Frassinelli nel 1999 e riproposto nel 2006 sempre dalla medesima casa editrice, “Per amore di una donna” non è uno di quei romanzi che hanno folgorato i lettori italiani sebbene l’autore, Meir Shalev, sia tutt’ora apprezzato e premiato in Israele, la sua madrepatria.
Per cercare di capire le lacune di questo romanzo occorre, secondo me, risalire alla struttura stessa del testo.
La vicenda narrata ruota attorno a Yehudit, madre di Zayde, e si svolge nella valle di Iezreel, nel periodo a cavallo della seconda guerra mondiale. Yehudit, abbandonata dal marito e privata della sua unica figlia, tenta di ricostruirsi un’identità come aiutante nella fattoria di Moshe, vedovo con due figli, del quale si innamora. Tuttavia, Moshe non sarà l’unico pretendente di Yehudit in quanto altri due uomini del villaggio rimangono ammaliati dalla semplicità e dall’eleganza della misteriosa contadina arrivata d’improvviso nella comunità. Yehudit mette al mondo un altro figlio, Zayde, non sapendo però chi sia il padre naturale. Sebbene il bimbo cresca con l’affetto di tutti e tre i presunti padri, all’età di dieci anni vedrà la sua vita cambiare ineluttabilmente, per volere di un destino traditore.
L’io narrante è proprio Zayde che da adulto si ritrova all’interno della casa lasciatagli in eredità da Moshe, rievocando la sua infanzia, sia per riordinare il mosaico dei suoi ricordi, che per onorare la memoria di sua madre.
“C’è chi sostiene che lo scopo di ogni storia sia quello di mettere ordine nella realtà e c’è chi dice invece che ogni storia nasce solo e soltanto per rispondere a delle domande”.
Tuttavia, nel rammentare la vita passata il narratore menziona troppi personaggi e soprattutto troppi episodi che distolgono l’attenzione del lettore dalla vicenda principale. Numerose sono infatti le credenze popolari citate nel libro e molteplici sono i dettagli della vita contadina e i piccoli episodi della vita del villaggio. L’eccessiva ricchezza di dettagli smorza l’interesse e rallenta il ritmo di chi legge.
Altro punto dolente è l’accadimento di circostanze decisamente surreali alle quali si fatica a credere, come il ritrovamento di una treccia di un bambino nascosta sotto un enorme masso di un fiume che nessuno riesce a sollevare (nessuno tranne un esile evaso italiano comparso improvvisamente a tre quarti del romanzo) oppure l’annegamento di una donna in un uadi prosciugato da chissà quanto tempo.
Originale e curiosa è, invece, la struttura del romanzo: i capitoli vengono ripartiti in quattro cene nelle quali Zayde dialoga con il secondo dei suoi presunti padri, scoprendo nuovi dettagli sulla vita della madre tra cibi prelibati e profumi avvolgenti. L’ordine dei ricordi, tuttavia, non è sempre quello cronologico creando inevitabilmente confusione.
Il tema principale resta comunque quello dell’amore e della ricerca di quell’unica donna che può completare la vita di un uomo e modificare persino il tessuto sociale di una comunità. La donna è vista come una presenza benefica per ogni uomo e per ogni fattoria.
“Il Dio degli Ebrei capisce molto bene la solitudine ma l’amore mica tanto. Un Dio così in cielo, senza bambini, senza amici e nemmeno nemici, e – la cosa peggiore – senza nemmeno una moglie, non può che diventare matto di solitudine”.
Meglio ricordare Meir Shalev per il suo romanzo “Il ragazzo e la colomba” (Frassinelli 2008), vincitore del Brenner Prize, il più importante riconoscimento letterario israeliano, oppure per il più recente e divertente “E’ andata così” (Feltrinelli, 2010).
Per amore di una donna
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